Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8255 del 30/03/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 30/03/2017, (ud. 14/12/2016, dep.30/03/2017),  n. 8255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23724/2013 proposto da:

INTESA SANPAOLO S.P.A. (già SANPAOLO IMI S.P.A.) C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio

dell’avvocato FURIO TARTAGLIA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAOLO TOSI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

U.G., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA LIVORNO 42, presso lo studio degli avvocati PEPPINO LONETTI e

ROSSELLA LONETTI, che lo rappresentano e difendono, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8029/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/10/2012 r.g.n. 3013/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO MANNA;

udito l’Avvocato MARIO ANTONINI, per delega verbale Avv. TARTAGLIA

FURIO;

udito l’Avvocato ROSSELLA LONETTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata 25.10.12 la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame di Intesa Sanpaolo S.p.A. (già San Paolo Imi S.p.A.) contro la sentenza n. 14144/09 con cui il Tribunale capitolino l’aveva condannata a pagare la somma di Euro 1.767,83 in favore di U.G., ex dipendente di Crediop, incorporata dalla suddetta banca, a titolo risarcitorio per il mancato pagamento del premio d’una polizza sanitaria, sulla premessa dell’accertamento dell’obbligo di San Paolo Imi S.p.A. di tener ferma tale copertura sanitaria alle condizioni previste dal giudicato costituito dalla sentenza n. 4261/98 dell’allora Pretore di Torino.

Per la cassazione della sentenza ricorre Intesa Sanpaolo S.p.A. affidandosi a quattro motivi.

U.G. resiste con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in riferimento agli artt. 2909 e 1381 c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato l’ammissibilità della prova testimoniale chiesta dalla società in ordine al rifiuto di Assitalia di rinnovare la polizza ex Crediop, ritenendola ormai preclusa dal giudicato costituito dalla citata sentenza n. 4261/98 dell’allora Pretore di Torino: obietta la ricorrente che tale giudicato era solo sull’an dell’obbligo di mantenere tale polizza, senza altra pronuncia sulle pretese risarcitorie e non precludeva la prova del comportamento del terzo.

Il secondo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 278 c.p.c., per avere i giudici di merito ritenuto che l’accertato inadempimento della banca configuri di per sè un danno risarcibile in favore dell’odierno controricorrente: si obietta, invece, che una sentenza sull’an debeatur, così come una di condanna generica, non esime il giudice successivamente adito dall’accertare l’effettiva esistenza d’un danno e il suo concreto ammontare, previa verifica del nesso causale tra inadempimento e danno.

Il terzo motivo deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1381 c.c., in relazione all’art. 1218 c.c., per non avere la sentenza impugnata distinto tra indennizzo (corrisposto ai sensi dell’art. 1381 c.c., a tutti gli ex dipendenti Crediop e al quale è tenuto chi promette il fatto del terzo, che si sia attivato con diligenza) e risarcimento del danno, invece spettante qualora il promittente non si sia attivato con diligenza.

Il quarto motivo prospetta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2113 c.c., comma 2, in relazione all’art. 2909 c.c., per non avere la Corte territoriale considerato che, con l’adesione alla Cassa di assistenza Sanpaolo e l’accettazione senza riserve dell’indennizzo contestualmente erogato, il controricorrente aveva espresso la propria volontà di sostituire il precedente trattamento assicurativo con quello applicato in base al nuovo regime.

2 – Osserva la Corte che il ricorso è infondato, dovendosi dare continuità all’indirizzo già espresso in analoghe controversie da Cass. n. 10093/16, Cass. n. 829/15, Cass. n. 25876/14, Cass. n. 22411/13, Cass. n. 14474/13 e Cass. n. 1414/12.

Nell’esaminare i singoli mezzi fatti valere dalla ricorrente, deve osservarsi che il primo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, perchè non trascrive le istanze istruttorie disattese dalla Corte territoriale.

Il secondo motivo è infondato: accertato con sentenza passata in giudicato l’obbligo della banca di mantenere, in favore dell’intimato, l’assistenza sanitaria e pacifico essendo il suo inadempimento all’obbligo, senza dimostrazione della sua dipendenza dal fatto del terzo, la condanna risarcitoria segue naturalmente in dipendenza della causale degli esborsi, esattamente determinata (v. Cass. n. 14474/13).

Il terzo motivo è inammissibile per ininfluenza della distinzione posta, avendo la Corte territoriale escluso la spettanza d’un indennizzo, sulla base del citato giudicato del Pretore di Torino, che copre il dedotto e il deducibile, non essendo stata in quel giudizio eccepita l’impossibilità di adempiere per il fatto del terzo (v. Cass. n. 22411/13).

Anche il quarto motivo va disatteso. La questione dedottavi è coperta dal giudicato di accertamento dell’obbligo della banca di tener ferma la copertura sanitaria alle condizioni previste alla data del giudicato medesimo, costituito dalla sentenza n. 4261/98 dell’allora Pretore di Torino (v. Cass. n. 25876/14; Cass. n. 14474/13; Cass. n. 1414/12).

3 – In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore dei difensori del controricorrente, antistatari.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge, spese da distrarsi in favore degli avv.ti Peppino e Rossella Lonetti, antistatari.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2017

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