Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8255 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/03/2019, (ud. 06/12/2018, dep. 22/03/2019), n.8255

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12807/2017 R.G. proposto da:

M.T., rappresentato e difeso, per procura speciale in calce

al ricorso, dagli avv.ti BONOMI Paolo e BOCCIA Franco Raimondo, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio legale del predetto

ultimo difensore, sito in Roma, alla via L. G. Faravelli, n. 22;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3327/09/2016 della Commissione tributaria

regionale dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 24/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

Che:

– in controversia relativa ad impugnazione di una cartella di pagamento emessa sulla scorta di un avviso di accertamento di maggiori imposte ai fini IVA, IRAP ed IRPEF dovute per l’anno 2010, con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, rilevando la regolarità della notifica della predetta cartella;

– avverso tale statuizione il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica l’intimata con controricorso;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce un vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando l’omessa pronuncia dei giudici di appello sul motivo con cui aveva dedotto il mancato rispetto delle modalità di notifica dell’avviso di accertamento prodromico alla cartella di pagamento impugnata, previste dalla L. n. 890 del 1982, art. 8, comma 2. Sostiene che la CTR non aveva rilevato la nullità della notifica per la mancata indicazione, sull’avviso di ricevimento) della raccomandata postale, dell’annotazione dell’indirizzo del destinatario dell’atto, che determinava incertezza circa il luogo in cui si era recato l’agente postale per effettuare la consegna del plico e la cassetta postale ove lo stesso aveva attestato di aver immesso l’avviso in assenza temporanea del destinatario.

2. Diversi sono i profili di inammissibilità del mezzo in esame. Il primo da ravvisarsi nell’erronea sussunzione del vizio dedotto (cfr., ex multis, Cass. n. 21165 del 2013 e n. 1615 del 2015) facendo riferimento, nella rubrica (pag. 3 del ricorso), all’omesso esame di un fatto decisivo (costituente vizio motivazionale nella formulazione vigente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), individuato nella violazione delle disposizioni concernenti le modalità di notifica della cartella di pagamento su cui “la CTR di Bologna non si è per nulla pronunciata” (ricorso pag. 7), che è ipotesi riconducibile alla violazione dell’art. 112 c.p.c., denunciatile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

2.1. A tale primo rilievo deve aggiungersi che, anche ove si volesse ritenere correttamente denunciato un vizio motivazionale, lo stesso sarebbe inammissibile per l’applicabilità alla sentenza impugnata, pubblicata nel 2018, della regola della pronuncia c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter c.p.c.; disposizione introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012, applicabile alle sentenze pubblicate – come nel caso di specie – dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della L. di conversione del decreto (id est, alle sentenze pubblicate dal giorno 11/09/2012). In particolare, il motivo è inammissibile in quanto contravviene al principio, condiviso dal Collegio, secondo cui nell’ipotesi, come quella che ci occupa, di “doppia conforme” prevista dall’art. 348-ter c.p.c., comma 5, applicabile anche nel giudizio di legittimità in materia tributaria, ovvero al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (cfr. Cass., Sez. U., n. 8053 del 2014), “il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse” (Cass. 5528 del 2014; conf. n. 26674 del 2016); adempimento che il ricorrente nel caso di specie non ha svolto, emergendo comunque dal contenuto del ricorso (v. pag. 2) che identica è la quaestio facti esaminata dalle due commissioni tributarie e risolte nel medesimo senso.

2.2. Sotto tale ultimo profilo, rileva il Collegio che il motivo è inammissibile anche per novità della questione posta nel mezzo in esame con riferimento al contenuto dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale utilizzata per la notifica dell’avviso di accertamento, là dove si eccepisce che sulla stessa “manca addirittura l’intero indirizzo del destinatario” (ricorso, pag. 6), non risultando nè dal contenuto della sentenza impugnata nè dal ricorso stesso (sul punto privo di autosufficienza) che la questione sia stata regolarmente e tempestivamente posta nei gradi di merito (Cass. n. 1435 del 2013, n. 23675 del 2013, n. 27568 del 2017).

2.3. Ove, invece, più correttamente, alla stregua di Cass., Sez. 6 – 5, n. 26310 del 07/11/2017 (Rv. 646419), si volesse ritenere che quello che il ricorrente intende dedurre nel mezzo in esame è l’omessa pronuncia in merito al motivo di impugnazione incentrato sulla irregolarità della notifica dell’avviso di accertamento, prodromico alla cartella impugnata, il motivo oltre ad essere manifestamente infondato, avendo la CIR adottato espressa statuizione in ordine “ai vizi di notificazione dell’atto”, è anche palesemente inammissibile in quanto “il mancato esame da parte del giudice di una questione puramente processuale (qual è, nella specie, quella relativa alle modalità di notificazione della cartella di pagamento) non è suscettibile di dar luogo al vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte” (cfr., ex multis, Cass. n. 321 del 2016; in senso analogo già Cass. 13649 del 2005 e n. 7406 del 2014, nonchè Cass. n. 958 del 2018, p. 6, e Cass. n. 6174 del 2018).

3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta che con la statuizione impugnata la C1R ha violato e falsamente applicato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, u.c., là dove “parrebbe aver dichiarato che il vizio di nullità dell’atto impositivo, non fatto valere tempestivamente con l’impugnazione dello stesso, non può essere fatto valere con l’impugnazione dell’atto consequenziale”.

4. Anche questo motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decindendi, avendo la CTR correttamente affermato che la mancata impugnazione dell’avviso di accertamento “legittimamente notificato” – come accertato nel caso di specie – autorizzava l’amministrazione finanziaria a procedere ad iscrizione a ruolo con conseguente emissione e notifica della cartella di pagamento, impugnabile solo per vizi propri, nella specie non dedotti.

5. Conclusivamente, quindi, il ricorso va dichiarato inammissibile ed il ricorrente, rimasto soccombente, condannato al pagamento in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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