Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8254 del 26/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8254 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA
sul ricorso 4720-2012 proposto da:
BARRETTA

CARMINE

C.E.

BRRCMN57R07F839V,

BROCCA

SALVATORE MARCO C.F. BRCSVT58A03B354Q, CAMBEDDA MARCO
C.E.

CMBMRC69R06E425K,

CMTGERS6S14E425,

ccoDNTA8AGC7.425P,
2016
865

COMITI

CUCCADU

GIANFRANCO

C.E.

DANIELA

C.F.

DT MEGLIO FRANCTSCA

C.E.

DMGFNC59B60E4250, DIANA MARIO C.F. DNIMRA60T17E425E,
DONADU GIOVANNI BATTISTA

C.F. DNDGNN58P21E425Q,

FANCELLO DANILO C.E. FNCDNL64C15E4258, IANNONE EDUARDO
C.F. NNNDRD58R19E425Q,LAMBERTI PAOLO C.F.
LMBPLA653S05E425, MADAU MARIO C.F. MDAMRA63F12E425Z,

Data pubblicazione: 26/04/2016

MANNONI MARINA PAOLA C.F. MNNMNP60H69E425D, MELLUSO
LUCIANO C.F. MLLLCN56T12F839T, MICELI SALVATORE C.E.
MCLSVT52B24F893H,POGGI GIULIA C.F.PGGGLI58P47E425L
SALTALAMACCHIA UMBERTO PANCRAZIO C.F.
SLTMRT62L15L042C, SIRENA IRMA C.F. SRNRMI67R58E425S,

ANNA C.F. TDDSLL60A47G224M, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA PUBLIO VALERIO 9, presso lo studio
dell’avvocato RICCARDO ROMANO, che li rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro
MINISTERO DIFESA C.F. 80425650589, in persona del
Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

controricorrente-

avverso la sentenza n. 637/2011 della CORTE D’APPELLO
DI CAGLIARI – SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il
2/11/2011 R.G.N. 35/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/03/2016 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito l’Avvocato ROMANO RICCARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso

SULAS LAVINIO C.F. SLSLVN61B24E425U, TEDDE ISABELLA

//,
/
/

per il rigetto del ricorso.

R.G. n. 4720 del 2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La
Corte
d’Appello
di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con la
1.
sentenza n. 637 del 2011, ha rigettato l’impugnazione proposta da Barrette
Carmine e altri, nei confronti del Ministero della difesa, avverso la sentenza
emessa tra le parti dal Tribunale di Tempio Pausania il 6 ottobre 2010, n.
179/10, che non aveva riconosciuto ai ricorrenti, personale civile dipendente
del suddetto Ministero, il diritto a percepire l’indennità di impiego operativo per
reparti di campagna (cosiddetta indennità di campagna), di cui all’art. 3 della
legge n. 78 del 1983, indennità attribuita al personale militare.
2. La Corte d’Appello ha rigettato l’impugnazione, ponendo a fondamento
della decisione la seguente motivazione.
Precisa la Corte d’Appello che oggetto del contendere è la spettanza. o
meno della indennità di campagna, originariamente disciplinata dall’articolo 3
della legge n. 78 del 1983, che prevede che ad ufficiali, sottufficiali (nonché
graduati e militari di truppa), in servizio presso individuati luoghi, definiti unità
di campagna, è concessa un’indennità denominata di impiego operativo per
reparti di campagna.
La norma indicata ha chiaro ed esclusivo riferimento ai soli militari.
Il d.P.R. n. 395 del 1995 ha poi sostituito la previgente tabella di detta
indennità, per i vari gradi dei militari presenti nelle forze armate, e al n. 9
dell’art. 5 ha previsto che “l’indennità di cui all’articolo 3 della legge n. 78 del
2003, compete anche personale che, nella posizione di forza amministrata, è
impiegato, in maniera continuativa nelle stesse condizioni ambientali,
addestrative ed operative dei soggetti che sono in forza effettiva organica presso
gli Enti e i Reparti indicati nell’art. 3”.
Da tale previsione gli appellanti facevano derivare il proprio diritto, in
quanto dipendenti civili, a percepire la indicata indennità. La relativa domanda
era stata rigettata dal Tribunale di Tempio Pausania rilevando che l’art. 1 del
d.P.R. disciplina esclusivamente il personale militare, sostanzialmente, perciò,
non vi sarebbe stata alcuna apertura al personale civile che presta servizio in
quegli stessi luoghi riportati nella legge n. 78 del 1983.
2.1. Tanto precisato, la Corte d’Appello ha ritenuto che la premessa dalla
quale muove il Tribunale di Tempio non è superabile, difetti l’art. 1 del d.P.R. n.
394 del 1995 che reca “Recepimento del provvedimento di concertazione del 20
luglio 1995 riguardante il personale delle Forze armate (Esercito, Marina e
Aeronautica)” trova applicazione esclusivamente per il personale militare
dell’Esercito, Marina ed Aeronautica.
L’estensione prevista dall’art. 5, comma 9, del d.P.R. n. 394 opera in
favore di quei soggetti che, ai sensi dell’art. 1 appartengono alla carriera
militare, sono in posizione di forza amministrata, ovvero forza effettiva,
aggregata e potenziale, nella sua diversificata composizione ex d.P.R. n. 167 del
2006, e operano con le stesse modalità dei soggetti in forza effettiva organica.
Dunque, si tratta di personale, sempre militare, ma che non è in forza effettiva
organica.
Se pure è vero che i civili operano in connessione con i militari, che
dipendono dal medesimo Comandante o devono osservare le sue direttive, ciò
non è rilevante dal punto di vista del diritto all’indennità di campagna, che
introdotta dalla legge n. 78 del 1983 per il personale militare in organico e in
servizio in determinati luoghi, è stata estesa nel 1995 al personale militare non
inserito nei ruoli organici, e ciò non può portare a censure di violazione dei
principi di uguaglianza e parità di trattamento, rilevato che lo status del
personale militare e di quello civile è differente.
Il d.P.R. n. 394 del 1995 ha recepito il provvedimento con il quale si è
definito il trattamento economico del personale militare con le rappresentanze,
appunto, del personale militare.
Tale provvedimento non avrebbe potuto riguardare il personale civile, i
cui trattamenti economici, principali ed accessori, a differenza di quelli personale
militare, sono regolati esclusivamente mediante contratti collettivi, che
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R.G. n. 4720 del 2012

prevedono anche un fondo unico amministrazione per compensare eventuali
prestazioni in situazioni disagiate, né si poteva affermare una completa
equiparazione tra personale militare e personale civile del Ministero della difesa.
Il primo continua ad essere militare, anche in periodo di pace, è
assoggettato alla giurisdizione del giudice amministrativo, i trattamenti
economici e normativi sono determinati per legge, è soggetto ad una particolare
differenziata disciplina, alle attività di vigilanza e di addestramento che non
coinvolge il personale civile. Il secondo vede, ai sensi del d.P.R. n. 165 del 2001,
i trattamenti definiti per contrattazione collettiva.
La Corte d’Appello ha evidenziato, altresì. che la indennità di cui si
discute è parametrata per gradi militari, ulteriore riprova del fatto che i
destinatari sono soli militari e delle impossibilità di riferire detta parametrazione
al personale civile.
3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorrono i
lavoratori, prospettando tre motivi di ricorso.
4. Resiste con controricorso il Ministero della difesa.
5. 1 ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 della legge n. 78 del 1983 e del d.P.R. n. 394 del 1995; degli artt. 1 e
5, comma 9, in collegamento con l’art. 65 del d.P.R. n. 1076 del 1976 e con l’art.
18 del d.P.R. n. 167 del 2006, che contiene la definizione normativa di forza
amministrata, laddove spiega che “il personale militare e civile amministrato
dagli enti costituisce forza amministrata”.
Assumono i ricorrenti che il riconoscimento
nei loro confronti
dell’indennità di campagna in questione trova fondamento nell’estensione della
medesima, sancita dall’art. 5, comma 9, del d.P.R 354 del 1995, alla forza
amministrata che ricomprende sia il personale militare che quello civile, come si
evince dall’art. 65 del d.P.R. n. 1076 del 1976.
Il diritto a un trattamento paritario nel lavoro di impiego pubblico trova,
peraltro, riscontro nella giurisprudenza di legittimità e in quella costituzionale,
nonché nella giurisprudenza di merito, in ragione del principio di parità di
trattamento che informa il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni, che va coniugato con il canone di buon andamento
dell’amministrazione.
La sentenza di Appello, operava una mera interpretazione letterale, senza
considerare la situazione di fatto esistente, e che erano gli Enti/Reparti (tra cui
quello cui appartengono i ricorrenti i cui colleghi militari, che svolgono anche
mansioni amministrative, percepiscono l’indennità di campagna) ad esser
considerati ab origine dal Ministero della difesa aventi diritto all’indennità di
campagna/supercampagna, con proprio provvedimento. Da ciò discende che tale
indennità compete a tutta la forza amministrata impiegata in detti Enti/Reparti.
La disciplina in esame deve essere oggetto di interpretazione evolutiva,
diversamente incorrendosi in contraddizione, atteso che il legislatore fa uso di
un concetto ampio ed elastico quale quello di forza amministrata, senza ulteriori
specificazioni, non escludendo il personale civile.
Né una interpretazione estensiva sarebbe impedita dall’art.’, comma 1,
del dPR n. 394 del 1995, in quanto lo stesso perimetra solo l’ambito militare
d’applicazione della normativa al solo fine d’escludere al suo interno alcune
categorie (quali i Carabinieri).
1.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato.
Occorre precisare, in via preliminare, che i ricorrenti (personale civile
operante alle dipendenze del Ministero della difesa presso l’Ente Marina Militare
de La Maddalena) hanno chiesto l’ applicazione in loro favore dell’art. 5, comma
9, del d.P.R. 394 del 1995 (Recepimento del provvedimento di concertazione del
20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze armate – Esercito, Marina e
Aeronautica), che ha previsto l’erogazione della indennità di campagna di cui
all’art. 3, comma 1, della legge n. 78 del 1983, anche al personale che nella
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posizione di forza amministrata è impiegato in maniera continuativa nelle
stesse condizioni ambientali, addestrative ed operative dei soggetti che sono in
forza effettiva organica presso gli Enti ed i Reparti elencati nei medesimo art. 3.
Pertanto, il thema decidendum verte sul riconoscimento dell’indennità di
campagna, restando estranea al presente giudizio ogni questione relativa alla
distinta indennità di supercampagna, istituto incidentalmente richiamato nel
primo motivo di ricorso.
1.2. L’art.l della citata legge n. 78 del 1983, che disciplina le indennità
operative del personale militare (l’evoluzione del quadro normativo deve tener
conto anche della legge 6 marzo 1958, n. 192 e del la legge 5 maggio 1976 n.
187, oggi abrogate), prevede che a quest’ultimo – personale militare
dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica – compete un particolare
trattamento economico in relazione alla peculiarità dei doveri che distinguono la
condizione militare nelle sue varie articolazioni, determinando uno speciale stato
giuridico, di carriera e di impiego contrassegnato da particolari requisiti di
idoneità psico-fisica, dalla assoluta e permanente disponibilità al servizio ed alla
mobilità di lavoro e di sede, dalla specialità della disciplina, dalla selettività
dell’avanzamento e dalla configurazione dei limiti di età.
In particolare, quale compenso per il rischio, per i disagi e per le
responsabilità connessi alle diverse situazioni di impiego derivanti dal servizio
sono istituite le indennità di impiego operativo di cui alla medesima legge, tra le
quali l’indennità di impiego operativo per i reparti campagna, per cui è causa.
Può, in proposito, ricordarsi la ratio delle indennità, nelle quali rientra
l’indennità di campagna, della cui estensione si discute, come chiarita dalla
Corte costituzionale con la sentenza n. 278 del 1995, che ha affermato: «le
indennità di impiego operativo disciplinate dalla legge 23 marzo 1983 n. 78
(radicalmente modificativa del previgente regime) si atteggiano, secondo la
stessa definizione legislativa, come un peculiare trattamento economico da porsi
in relazione col particolare “status” dei militari, quale compenso per il rischio, per
i disagi e per le responsabilità connesse alle diverse situazioni di impiego. Queste
ultime sono valutate, in una molteplicità di previsioni normative, con riguardo
alle specializzazioni ed alle attività dei militari, e comportano l’erogazione di
svariati incrementi percentuali dell’indennità operativa di base nonché
l’eventuale attribuzione di alcune indennità supplementari, nonché una serie di
maggiorazioni percentuali in connessione con l’espletamento di specifiche e più
gravose mansioni».
1.3. Dunque, l’indennità in questione
è attribuita in relazione alla
peculiarità dei doveri che distinguono la condizione militare nelle sue varie
articolazioni, determinando uno speciale stato giuridico contrassegnato da
particolari requisiti.
Ritiene il Collegio che l’attribuzione della indennità di campagna ex art.
5, comma 9, d.P.R. 394 del 1995, ha come presupposto lo status di militare del
dipendente (Esercito, Marina, Aeronautica), e proprio perché in presenza di tale
medesimo status giuridico, il legislatore ha inteso parificare il trattamento
retributivo di coloro che operano nelle stesse condizioni ambientali,
addestrative e operative, come specificato nella disposizione da ultimo
richiamata.
L’art. 5, comma 9, del d.P.R. n. 394 del 1995, opera pur sempre con
riguardo al personale militare e, dunque, non attribuisce ai ricorrenti, personale
civile, il diritto a percepire l’indennità in esame, né detta norma sollecita dubbi
di costituzionalità, né si presta ad una interpretazione estensiva o evolutiva.
1.4. Va rilevato che il d.P,R. n. 394 del 1995, che recepisce il
provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995, riguardante il personale
delle Forze armate, si applica, come espressamente previsto dall’art. 1, al
personale militare dell’Esercito (esclusa l’Arma dei Carabinieri), della Marina e
dell’Aeronautica, con esclusione dei dirigenti e del personale di leva.

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R.G. n. 4720 del 2012

La presenza nelle Forze armate di personale civile e di personale militare
non esclude la distinta disciplina dei rapporti di impiego e del trattamento
economico.
Il significato che, nell’alt. 5, comma 9, del d.P.R. 394 del 1995, assume
il riferimento alla forza amministrata non può essere determinato solo con
riguardo alla nozione generale della stessa, che si rinveniva già nell’alt. 18 del
d.P.R. n. 167 del 2006 e, ora, nell’art. 455 del d.P.R. n. 90 del 2010, come
richiamata dai ricorrenti: “La forza amministrata è composta dal personale
militare e civile amministrato dagli organismi”, ma tenendo presente la nozione
di forza effettiva organica nell’ambito della forza amministrata.
stata estesa al personale militare nella
L’indennità di campagna è
posizione di forza amministrata impiegato in maniera continuativa nelle stesse
condizioni ambientali, addestrative ed operative del personale militare della forza
amministrata in forza effettiva organica presso gli Enti ed i Reparti elencati nel
medesimo art. 3 della legge n. 78 del 1983.
Quindi il rilievo del citato art. 5, comma 9, ai fini del riconoscimento del
diritto all’indennità di campagna,
è nell’equiparazione, in presenza di
determinate condizioni,
del personale militare della FOAM – forza
amministrativa,
al personale militare della FOAM che costituisce FEO – forza
effettiva organica, e non all’equiparazione tra personale civile e personale
militare della FOAM.
Il giudice amministrativo ha così letto l’art. 5, comma 9, del d.P.R. 394
del 1995, nel senso che lo stesso ha esteso il beneficio anche al personale
militare in servizio presso le strutture di supporto necessarie al funzionamento
di quelle menzionate nell’art. 3 della legge n. 78 (cfr. CdS, decisione n. 2046 del
2011; TAR Piemonte, sentenza n. 1218 del 2012; TAR Campania, sentenza n.
7735 del 2009).
1.5. In ragione del tenore e della ratio della norma, non può procedersi
all’interpretazione evolutiva chiesta dai ricorrenti o ad una interpretazione
estensiva.
Ciò, considerato che l’ interpretazione estensiva tende a comprendere
nella portata concreta della norma tutti i casi da essa anche implicitamente
considerati, quali risultanti non solo dalla lettera ma anche dalla ratio della
disposizione (v. Cass., S.U., n. 11930 del 2010), e l’ interpretazione evolutiva,
tende ad adeguare la formula legislativa ai mutamenti economico-sociali o tecnici
intervenuti nel tempo. Nella sostanza l’estensione in questione, non ha mutato
la ratto per cui l’indennità di campagna veniva riconosciuta al personale militare.
1.6. Né l’art. 5, comma 9, si presta a dubbi di costituzionalità sia pure
sotto il profilo della non manifesta infondatezza, con riguardo ai principi di
uguaglianza e parità di trattamento.
Occorre considerare che la Corte costituzionale ha, infatti, affermato che
«il parametro della eguaglianza non esprime la concettualizzazione di una
categoria astratta, staticamente elaborata in funzione di un valore immanente
dal quale l’ordinamento non può prescindere, ma definisce l’essenza di un
giudizio di relazione che, come tale, assume un risalto necessariamente
dinamico» (sentenza n. 89 del 1996). Pertanto, poiché «il principio di
eguaglianza esprime un giudizio di relazione in virtù del quale a situazioni eguali
deve corrispondere l’identica disciplina e, all’inverso, discipline differenziate
andranno coniugate a situazioni differenti, ciò equivale a postulare che la
disamina della conformità di una norma a quel principio deve svilupparsi secondo
un modello dinamico, incentrandosi sul “perché” una determinata disciplina
operi, all’interno del tessuto egualitario dell’ordinamento, quella specifica
distinzione, e quindi trarne le debite conclusioni in punto di corretto uso del
potere normativo» (sentenza n. 241 del 2014).
La giurisprudenza costituzionale ha, altresì, affermato (Corte cost. n. 155
del 2014) che la violazione del principio di uguaglianza sussiste qualora
sostanzialmente
identiche
disciplinate
in
modo
siano
situazioni
ingiustificatarnente diverso e non quando alla diversità di disciplina
6

R.G. n. 4720 del 2012

corrispondano situazioni non assimilabili (ex plurimis: sentenza n. 108 del 2006,
n. 340 e n. 136 del 2004).
Particolarmente significativa, nell’applicare tali principi con riguardo al
lavoro pubblico contrattualizzato e non (come nella specie) è la sentenza n. 178
del 2015, che nell’escludere una disparità di trattamento afferma: «Il lavoro
pubblico e il lavoro privato non possono essere in tutto e per tutto assimilati
(sentenze n. 120 del 2012 e n. 146 del 2008) e le differenze, pur attenuate,
permangono anche in seguito all’estensione della contrattazione collettiva a una
vasta area del lavoro prestato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
La medesima eterogeneità dei termini posti a raffronto connota l’area del
lavoro pubblico contrattualizzato e l’area del lavoro pubblico estraneo alla
regolamentazione contrattuale. Tale eterogeneità preclude ogni plausibile
valutazione comparativa sul versante dell’art. 3, primo comma, Cost. e risalta
ancor più netta in ragione dell’irriducibile specificità di taluni settori (forze
armate, personale della magistratura), non governati dalla logica del contratto».
La Corte costituzionale ha, altresì, escluso «la possibilità di istituire un
utile raffronto, a causa della mancanza di omogeneità, tra le categorie degli
appartenenti a Corpi diversi, anche se caratterizzati dalla comune appartenenza
all’ordinamento militare» (ordinanza n. 83 del 2009), e che «non è configurabile
una violazione dell’art. 3 della Costituzione in relazione al principio di
uguaglianza invocato dal giudice rimettente in quanto, in ragione della specialità
degli ordinamenti posti a confronto in relazione alle funzioni assolte dalle singole
Armi, le posizioni poste in comparazione non sono tra loro omogenee, così che la
scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata non può considerarsi
arbitraria».
Nella specie, quindi, il diverso status del personale militare e di quello
civile, che determina l’attribuzione dell’indennità in questione solo al primo, in
ragione della ratio della medesima, esclude che il differente trattamento dia
luogo a dubbi di legittimità costituzionale.
1,7. La decisione della Corte d’Appello è dunque corretta e
adeguatamente motivata, tenuto conto, in particolare, che il giudice di secondo
grado nell’escludere l’attribuzione della indennità di campagna ha affermato che
non può operarsi una completa equiparazione tra personale militare e civile del
Ministero della difesa, in ragione del differente status giuridico.
2. Con il secondo motivo di ricorso viene prospettata la violazione e falsa
applicazione del contratto – accordo collettivo nazionale del comparto ministeri
1998/2001, art. 28 lettere f-h.
La contrattazione del Comparto ministeri, all’art. 28, rubricato “struttura
della retribuzione”, indica quali componenti oltre allo stipendio tabellare (lettera
a), anche altre indennità previste da specifiche disposizioni di legge (lettera h),
con fonte e predeterminazione legale (tra le quali può rientrare, ad avviso dei
ricorrenti, l’indennità di campagna). Pertanto, è proprio l’art. 28, lettera h), che
prevede che nella struttura della retribuzione possa essere inserita l’indennità
operativa di campagna di cui si controverte.
Non è dunque corretta l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui il
civile sarebbe
trattamento principale ed accessorio del personale
pertinente il
esclusivamente disciplinato dalla contrattazione collettiva. Né è
richiamo al Fondo unico amministrazione per compenso eventuali prestazioni in
situazione disagiate, dato che detto Fondo è percepito anche dai militari e
quindi ha una ratio diversa dall’indennità di campagna.
Ad avviso dei ricorrenti, quindi, la suddetta indennità deve essere
riconosciuta e deve essere parametrata in ragione della tabella di
corrispondenza dei ruoli, delle qualifiche, ed oggi, ai profili del personale civile
ex CCNL del 14 settembre 2007.
2.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato. Ed infatti, in
ragione del rigetto del primo motivo di ricorso, manca il presupposto – indennità
prevista da specifiche disposizioni di legge – posto dai ricorrenti a fondamento
dell’operatività della disposizione convenzionale richiamata, e il riferimento al
7

Fondo unico esula dalla ratio decidendi della sentenza di appello, come precisata
nell’esaminare il primo motivo di ricorso, ed integra un mero obiter dictum.
3. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta omessa, contraddittoria ed
illogica, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo della
controversia ex art. 360, n. 5, cpc. (si applica il nuovo art. 360, n. 5, cpc).
Assumono i ricorrenti che si è in presenza di motivazione apparente e
che la Corte d’Appello non ha vagliato i sei motivi di appello e i precedenti
richiamati (tra cui Corte d’Appello di Lecce, passata in giudicato), e non ha
operato una interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni in
esame.
3.1. Il motivo in parte è non fondato, e in parte è inammissibile, e deve
essere rigettato.
Non è ravvisabile il dedotto vizio quanto al contenuto, peraltro riportato in
modo sintetico ai limiti dell’autosufficienza del ricorso, dei motivi di appello 1-5,
come indicati dai ricorrenti, atteso che la Corte d’Appello, investita con gli stessi
della interpretazione della disciplina regolatrice della fattispecie in esame,
procedeva con articolata motivazione alla ricognizione e definizione del
contenuto normativo della stessa, prendendo in esame, altresì, i parametri
costituzionali di uguaglianza e parità di trattamento.
Il motivo si presenta inammissibile con riguardo alla dedotta mancata
motivazione sulla richiesta di ammissione di mezzi istruttori, atteso che
quest’ultimi non sono precisati, anche al fine del vaglio di decisività degli stessi
da parte di questa Corte.
4. 11 ricorso deve essere rigettato.
e sono liquidate come in
5. Le spese seguono la soccombenza
dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento di
euro trernilacinquecento per compensi professionali oltre spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 marzo 2016

Il Pr idente

R.G. n. 4720 del 2012

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