Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8253 del 26/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8253 Anno 2016
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: RIVERSO ROBERTO

SENTENZA

sul ricorso 10926-2012 proposto da:
COZZA LUIGI C.F. CZZLGU51R28L429U, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato
e difeso dall’Avvocato VINCENZO RICCARDI, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2016
contro

853

MINISTERO

ISTRUZIONE

UNIVERSITA’

RICERCA

C.F.

80185250588, in persona del Ministro pro tempore,
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

Data pubblicazione: 26/04/2016

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta
e difende ape legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 2579/2011 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/05/2011 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/03/2016 dal Consigliere Dott. ROBERTO
RIVERSO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

4142/2008;

Svolgimento del processo
Con sentenza n.2579/2011, pubblicata il 13.5.2011, la Corte d’Appello di
Napoli, rigettava l’appello proposto da Cozza Luigi, dipendente del
Ministero dell’Istruzione, contro la sentenza resa in primo grado dal
giudice del lavoro del tribunale di Napoli che aveva respinto la sua
domanda intesa ad ottenere, stante il tardivo rinnovo del contratto
collettivo, l’indennità di vacanza contrattuale in relazione al periodo
1,4.2002-24.7.2003.
La Corte osservava a fondamento della propria pronuncia che l’indennità
di vacanza contrattuale era definita come elemento provvisorio della
retribuzione e che la volontà delle parti collettive era stata, sin dal 1999,
quella di garantire una saldatura ed una sostanziale continuità giuridica
nella successione degli accordi, risultando così giustificata anche la
retroattività delle disposizioni contenute nella parte economica del nuovo
CCNL. Il CCNL di rinnovo per la parte relativa al periodo 2002-2003 era
stato stipulato successivamente alla scadenza prefissata, ma aveva
previsto un meccanismo di liquidazione degli arretrati in modo da
saldare per la parte economica il contratto scaduto con quello nuovo.
Avendo il primo contratto previsto che le proprie disposizioni restano in
vigore fino a quando non siano sostituite dal successivo contratto
collettivo, la nuova fonte collettiva ( CCNL 24.7.2003) per il quadriennio
2002/2005 ed il biennio economico 2002-2003 ha effetto da111.1.2002
per la parte economica , così che i miglioramenti economici sono stati
riconosciuti ai dipendenti del compatto con effetto retroattivo da tale
ultima data. Non era perciò ipotizzabile un periodo di vacanza
contrattuale.
Per la cassazione di questa sentenza, ricorre il lavoratore con un motivo.
Il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1.- Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione e/o falsa
applicazione del CCNL compatto scuola, quadriennio normativo
1998/2001 del 3 maggio 1999, 1, punti 4 e 5 del CCNL comparto scuola,
quadriennio normativo 2002/2005 e biennio economico 2002/2003 del
24.07.2003, art. 1 punto 2 , in relazione all’art.360 n. 3 c.p.c. posto
che, essendo pacifico che il contratto collettivo fosse stato stipulato in
ritardo rispetto alla prevista data di rinnovo, la spettanza dell’indennità
di vacanza contrattuale derivava direttamente dall’applicazione del
punto 5 del CCNL comparto scuola 1998/2001.
2.- Il motivo è infondato. Come chiarito dalla giurisprudenza di questa
Corte (v. Cass.187/2016, 188/2016, 24179/2014, 14150/2014,
8803/2014), le disposizioni che regolano la materia sono il punto 2.5.
dell’Accordo sul costo del lavoro del 23.7.1993 (recante il titoletto
“Indennità di vacanza contrattuale”) e l’art. 1 punto 5 del CCNL 19982001 che richiama la prima.
3.- L’art. 1, punto 5, del CCNL del comparto scuola recita : “dopo un
periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza
della parte economica del presente contratto, ai dipendenti del comparto

R.G.10926/2012

sarà corrisposta la relativa indennità seconde le scadenze previste
dall’Accordo sul costo del lavoro del 23.7.1993. Per l’erogazione di detta
indennità si applica la procedura del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 52
commi 1 e 2″. Nella norma dell’Accordo del 23.7.1993 si legge :”Dopo
un periodo di vacanza contrattuale pari a tre mesi dalla data di scadenza
del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto
medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese
successivo ovvero dalla data di presentazione della piattaforme ove
successiva, un elemento provvisorio delle retribuzione. L’importo di tale
elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato,
applicato ai minimi retributivi vigenti, esclusa la ex indennità di
contingenza. Dopo sei mesi di vacanza contrattuale detto importo sarà
al 50% dell’inflazione programmata. Dgeh decorrenza dell’accordo di
rinnovo del contratto l’indennità di vacanza contrattuale cessa di essere
erogata. Tale meccanismo sarà uguale per tutti i lavoratori”.
4.- La Corte di appello ha pertanto correttamente interpretato la
disciplina contrattuale che regola la fattispecie; rilevando come l’istituto
di cui trattasi era stata introdotto dall’Accordo interconfederale del 23
luglio 1993, con il dichiarato scopo di incanalare la dinamica salariale nei
parametri dell’inflazione programmata e di cadenzare i periodici rinnovi
della fonti collettive prevedendo un periodo di vacanza contrattuale di
tre mesi dalla data di scadenza del CCNL e la corresponsione di un
“elemento provvisorio della retribuzione” commisurato ad una
percentuale del tasso di inflazione programmata.
5.- La qualificazione dell’indennità nei termini di cui al Protocollo del
1993 consente di identificare la natura dell’istituto. Come affermato da
questa Corte, la norma dell’Accordo sul costo del lavoro del 23 luglio
1993 costituisce la fonte di orientamento sul punto per i contratti di
settore trattandosi di un Accordo interconfederale (Cass. n. 8803 del 15
aprile 2014, n. 9066 del 18 aprile 2014, n. 9188 e n. 9189 del 23 aprile
2014, n. 9581 del 5 maggio 2014, n. 11236 del 21 maggio 2014 e n.
14356 del 25 giugno 2014). Emerge testualmente da quest’ultima
disposizione che l’indennità di parola è stata espressamente definita
“elemento provvisorio della retribuzione”, la cui finalità è quella di
tutelare i lavoratori nei confronti delle dinamiche inflazionistiche nelle
more del rinnovo del contratto. Ma è proprio la natura provvisoria – a
titolo di acconto – di questa attribuzione patrimoniale che esclude che
essa si consolidi nella forma di un diritto quesito e resista alla
regolamentazione che la rinnovata contrattazione collettiva faccia in un
quadro più ampio di nuova disciplina del trattamento economico (cfr.
Cass. n. 14356 del 2014, cit.).
6.- L’indennità di vacanza costituisce un rimedio di natura eccezionale
per consentire alla parte più debole di non rimanere vittima
dell’incremento del costo della vita nelle more dei rinnovi contrattuali,
ma solo in via provvisoria come anticipazione dei futuri miglioramenti (in
tal senso, Cass. sent. n. 8803/14). Se si tratta di un'”anticipazione”, non
è possibile neppure porre una comparazione con la successiva disciplina
del trattamento economico prevista dal rinnovato contratto collettivo
perché questa è l’unica che si salda a quella del precedente contratto
collettivo schermando la regolamentazione provvisoria dell’indennità di
n.
14356/14).
Cass.
sent.
contrattuale
(così,
vacanza

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7.- Una corretta interpretazione dei dati testuali forniti dal richiamato
accordo del 1993, che definisce l’indennità come “elemento provvisorio
della retribuzione”, nonché dalla specifica previsione secondo cui la
stessa cessa di essere erogata dalla decorrenza dell’accordo di rinnovo,
in correlazione con la decorrenza del nuovo contratto, con effetti
retroattivi per la parte economica (che comporta l’applicazione degli
incrementi ivi previsti fin dalla data stabilita), conduce ad escludere la
cumulabilità di detti aumenti con l’indennità di vacanza contrattuale,
perché al compenso deve essere riconosciuta la funzione di un
immediato anticipo sui presumibili e prossimi miglioramenti retributivi
conseguibili in sede di rinnovo (in tal senso, Cass. n. 9188/14).
8.- Deve quindi concludersi che, una volta che il lavoratore abbia
percepito gli incrementi retributivi destinati, secondo il negoziato tra le
stesse parti, a coprire anche l’effettivo aumento del costo della vita, non
possa più riconoscersi per lo stesso periodo l’indennità di vacanza
contrattuale, posto che il rinnovo del contratto, avvenuto nel caso in
esame il 24 luglio 2003, ma con adeguamento retroattivo delle
retribuzioni tabellari e conseguente corresponsione degli arretrati con
decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di scadenza
del precedente contratto (e quindi con effetto retroattivo dal 1 gennaio
2002 per il biennio economico 2002/2003) aveva già coperto, attraverso
l’erogazione dei miglioramenti salariali, gli effetti delle dinamiche
inflazionistiche nelle more intervenuti.
9.- Quanto alla tesi, secondo cui con l’istituzione dell’indennità di
vacanza contrattuale si sarebbe introdotta una forma sanzionatoria o
anche di risarcimento presunto in relazione all’ipotesi di tempi troppo
lunghi nei rinnovi contrattuali, questa Corte ha osservato che trattasi di
tesi che non trova alcun riscontro testuale o sistematico nella disciplina
considerata (Cass. sent. nn 8803, 9066, 9188, 9189, 9581, 11236 e
14356 del 2014). è stato pure osservato che, accedendo alla tesi
contraria, vi sarebbe un’attribuzione patrimoniale doppia ai lavoratori in
relazione al medesimo evento (aumento del costo della vita) ed inoltre si
porrebbe (necessariamente) solo a carico di una parte lungaggini
negoziali che invece possono dipendere da entrambe. Il fatto che il
sindacato abbia per tempo presentato la propria piattaforma non è
elemento idoneo a far ricadere sulla sola controparte la responsabilità
per la mancata sollecita firma del nuovo contratto, posto che la
piattaforma può essere anche del tutto irragionevole e che comunque il
processo negoziale è lasciato alla libera valutazione delle parti ed ai loro
rapporti di forza.
10.- In conclusione, la norma del CCNL deriva, dall’Accordo del 1993, la
regola della provvisorietà della erogazione e dell’effetto retroattivo
dell’accordo di rinnovo, dalla cui decorrenza cessa l’erogazione
dell’indennità. Da tale regola discende che se la decorrenza dell’accordo
di rinnovo coincide con il primo giorno successivo alla scadenza del
contratto precedente, non vi sono soluzioni di continuità riguardanti la
disciplina del trattamento economico e l’indennità già erogata resta
riassorbita negli arretrati contrattuali riconosciuti. Certamente sarebbe
spettata la chiesta indennità ove il successivo contratto avesse avuto
una decorrenza retroattiva in modo da lasciare periodi scoperti dalla

R.G.10926/2012

tutela contro l’incremento del costo della vita; tale situazione tuttavia
non ricorre nel caso in esame.
11.- Si deve conclusivamente osservare che non sussistono le
denunciate violazioni normative e contrattuali. Si deve quindi rigettare il
proposto ricorso.
12.- Le spese del giudizio vanno compensate tra le parti, poiché
l’indirizzo giurisprudenziale, il cui orientamento è stato qui recepito e
confermato, si è formato in epoca successiva alla proposizione del
ricorso per cassazione esaminato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio .
Così deciso ‘n oma, I’l marzo 2016.

R.G.10926/2012

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