Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8253 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/03/2021, (ud. 15/07/2020, dep. 24/03/2021), n.8253

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza avverso la sentenza n.

861/2019 del TRIBUNALE di CASSINO, depositata il 25/06/2019,

iscritto al n. 24207-2019 R.G. proposto da:

PI.MAR. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARZO RICCARDO;

– ricorrente –

contro

PHP RUBNER OBJEKTBAU SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSUE’ BORSI 4,

presso lo studio dell’avvocato SCAFARELLI FRANCESCA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati BAUR CHRISTOPH, WALZL

MICHAEL;

– resistente –

contro

ASSOCIAZIONE CASA SERENA DEL BAMBINO GESU’ ONLUS;

– intimata –

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 15/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. BESSO

MARCHEIS CHIARA;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI CARMELO, che chiede che

la Corte di Cassazione rigetti il ricorso per regolamento indicato

in premessa, con le conseguenze di legge.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. La società Pi.mar s.r.l. ricorre per regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di Cassino 25 giugno 2019, n. 861.

2. Il ricorso per regolamento di competenza trae origine dalla seguente vicenda:

-L’associazione Casa Serena del Bambino Gesù ha incaricato la società Ru. Ob. s.r.l. della realizzazione di un edificio polifunzionale, Ru. a sua volta ha subappaltato alla società Pi.mar s.r.l. la fornitura e la posa del rivestimento esterno dell’edificio in pietra leccese, insieme all’esecuzione in variante di alcuni bassorilievi. Al termine dei lavori Ru. ha introdotto un giudizio arbitrale – sulla base della clausola compromissoria di cui all’art. 16 del contratto di subappalto – volto all’accertamento e alla condanna al pagamento della penale prevista per il ritardo di Pi.mar, Pi.mar che in via riconvenzionale ha chiesto la condanna di Ru. al pagamento del proprio corrispettivo; nel giudizio arbitrale è stato reso un lodo parziale che è stato impugnato da Pi.mar davanti al giudice ordinario.

-Nel frattempo Pi.mar ha citato Ru. e Casa Serena innanzi al Tribunale di Cassino, chiedendo di accertare che “ebbe a consegnare le opere a suo carico nei tempi stabiliti” e “che nessuna incidenza ha avuto sui tempi di realizzazione dell’opera in oggetto alcun comportamento della Pi.mar” (cfr. p. 23 del ricorso); si sono costituite in giudizio Ru. e Casa Serena, anzitutto eccependo l’incompetenza del giudice adito per la pendenza del procedimento arbitrale.

-Il Tribunale ha accolto l’eccezione sollevata da Ru. in virtù della clausola compromissoria pattuita all’art. 16 del contratto di subappalto e ha dichiarato la propria incompetenza “in favore del collegio arbitrale in relazione alle domande di accertamento proposte da parte attrice Pi.mar nei confronti della società Ru. Ob. s.r.l.”; ha poi dichiarato l’inammissibilità delle domande di accertamento proposte da Pi.mar nei confronti di Casa Serena per difetto di interesse.

3. La società Ru. ha depositato memoria difensiva; memoria è stata depositata anche dalla ricorrente ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

I. L’istanza di regolamento è articolata in quattro motivi.

1. Il primo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 281-sexies c.p.c., nullità della sentenza”: non emergerebbe che “la sentenza sia stata immediatamente depositata in cancelleria”, in quanto risultano il numero di repertorio e la relativa data del 27 giugno 2019, “irritualità” che farebbe presumere il non immediato deposito in cancelleria, che doveva “avvenire subito dopo la lettura del dispositivo”.

Il motivo non può essere accolto. Il fatto che nella intestazione della sentenza figuri una data di pubblicazione (25 giugno 2019) coincidente con la data posta in calce alla pronuncia e che l’annotazione, sulla medesima, di una annotazione di “repertorio” riporti invece la data di due giorni dopo (27 giugno 2019), non offre ragione per concludere che il provvedimento non sia stato “immediatamente depositato in cancelleria”, così come prescrive l’art. 281-sexies c.p.c., comma 2 (sull’interpretazione della prescrizione dell’immediato deposito si veda d’altro canto, da ultimo, Cass. 22519/2018).

2. Il secondo motivo contesta “violazione e falsa applicazione dell’art. 281-sexies c.p.c. in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c., nullità della sentenza”: risulta dal verbale di udienza che il difensore della ricorrente aveva chiesto di allegare al verbale le conclusioni in atto separato e che l’autorizzazione è stata negata, così che sarebbe “stata inibita a Pi.mar la precisazioni delle sue conclusioni secondo il suo interesse e l’esigenza della difesa”.

Il motivo non può essere accolto. La ricorrente non lamenta infatti di non avere potuto precisare le conclusioni – la precisazione è infatti stata posta in essere dal proprio difensore (v. il verbale dell’udienza del 25 giugno 2019) – ma di non essere stata autorizzata a depositare l’atto scritto contenente le medesime, deposito che nessuna disposizione prevede, senza peraltro indicare quale incidenza tale diniego abbia avuto sul suo diritto di difesa, limitandosi la ricorrente a parlare (cfr. la memoria a p. 3) di pregiudizio in re ipsa.

3. Il terzo motivo fa valere “violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, artt. 100,102 e 112 c.p.c. con riferimento alla pronuncia di inammissibilità delle domande di accertamento proposte da Pi.mar nei confronti di Casa Serena e di Ru.; nullità della sentenza; omesso esame circa il fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti, attinente alla circostanza della insussistenza di alcun ritardo rispetto alle determinazioni della committente e dell’appaltatrice, nonchè della disposta sospensione dei lavori per disposizioni di entrambe”: la motivazione della sentenza impugnata sarebbe contraddittoria e illogica laddove ha escluso l’interesse concreto e attuale della ricorrente “all’accertamento, con valore di giudicato, dei fatti addebitabili ad entrambe le convenute, non accertabili con tale efficacia nella sede arbitrale”.

Il motivo è inammissibile perchè – come ha evidenziato il Pubblico Ministero nelle sue conclusioni scritte – non propone una questione di “competenza”. La doglianza riguarda infatti la statuizione del Tribunale che ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dalla ricorrente nei confronti di Casa Serena, mancando “un interesse attuale e concreto della società attrice ad ottenere un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice”. Si tratta di un capo autonomo della decisione che contiene una statuizione “di merito”, sulla proponibilità della domanda, resa in un processo soggettivamente cumulativo, che non interferisce con la previa instaurazione del giudizio arbitrale e che non può essere considerata neppure incidentalmente sulla competenza, v. al riguardo Cass. 16752/2006 e Cass. 12905/2004 (e non può certo valere a trasformare la pronuncia il “sospetto” della ricorrente per cui tale pronuncia sarebbe stata “strumentale alla dichiarazione d’incompetenza”).

4. Il quarto motivo denuncia “violazione degli artt. 19,20,102,806 e 819 c.p.c., e ss. riguardo alla dichiarata incompetenza del Tribunale di Cassino e alla dichiarata competenza del collegio arbitrale di Bolzano; omesso esame circa i fatti decisivi del giudizio attinenti alla determinazione della direzione lavori riguardo alla sospensione di essi, alla consistenza del progetto originario riguardante il portale, alla introduzione dei bassorilievi nel progetto del portale, alla scelta di essi da parte di Casa Serena e quanto altro oggetto della domanda”: tali accertamenti di merito, pregiudiziali alle questioni oggetto di arbitrato, non potevano essere trattati dal collegio arbitrale perchè i fatti riguardano un terzo, Casa Serena, “che non è e non può essere parte del processo arbitrale” e solo il Tribunale di Cassino “avrebbe potuto accertarli con valore di giudicato”.

Il motivo non può essere accolto. Secondo la ricorrente la decisione del Tribunale, di incompetenza in favore del giudice arbitrale, sarebbe illegittima in quanto apparterrebbe alla cognizione del giudice statale l’accertamento di talune circostanze di fatto che riguarderebbero anzitutto la associazione Casa Serena e solo secondariamente la sub-committente Ru., accertamento finalizzato a fornire nel giudizio arbitrale – giudizio arbitrale che, va rilevato, nel frattempo è stato definito con lodo impugnato innanzi al giudice ordinario – la prova di circostanze di fatto che si dicono rilevanti nel quadro delle domande azionate dinnanzi al giudice arbitrale. La ricorrente non considera da un lato che l’accertamento di fatti, sia pure riferibili a un soggetto formalmente terzo come Casa Serena, non è impedita agli arbitri, trattandosi di materia appunto di esclusivo carattere probatorio, e dall’altro lato che non è configurabile la formazione del giudicato su meri dati fattuali, non potendo il processo avere come unico oggetto l’accertamento di fatti storici.

II. Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e dichiara la competenza del collegio arbitrale; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della Ru. Ob. s.r.l., che liquida in Euro 5.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta/2 sezione civile, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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