Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8251 del 04/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8251 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 12253-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, GIUSEPPINA GIANNICO,
giusta procura speciale in calce ricorso;
– ricorrente contro
DRAGO CAROLINA;
– intimata –

Data pubblicazione: 04/04/2013

avverso la sentenza n. 682/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
15.4.2010, depositata il 25/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale M persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che si

riporta alla relazione scritta.

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FATTO E DIRITTO
È stata depositata relazione ai sensi dell’ art. 380 bis c.p.c.
«Il consigliere relatore osserva quanto segue.
La parte intimata Drago Carolina si rivolse al giudice del lavoro per ottenere la
trasformazione della pensione di invalidità – in godimento in base al R.D.L. 14 aprile
1939, n. 636 (e quindi antecedente alla legge 12 giugno 1984, n. 222) – in pensione di
vecchiaia, ai sensi della detta legge n. 222, art. 1, comma 10.
Contro la sentenza del Tribunale di Patti con cui la domanda era stata accolta
con decorrenza dalla data della domanda, l’Inps proponeva appello.
La Corte di appello di Messina rigettava l’impugnazione, ritenendo sussistente il
diritto al mutamento della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, concorrendo i
prescritti requisiti anagrafici e contributivi, in assenza nell’ordinamento previdenziale di
un principio ostativo in tal senso.
Precisava anche che i periodi di godimento dell’assegno nei quali non sia stata
prestata attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto (non della misura) della
pensione.
Riteneva poi sussistente l’interesse al riconoscimento di una prestazione, come
la pensione di vecchiaia, che, per la sua definitività, irrevocabilità e non rivedibilità,
possa essere ritenuta dalla parte più favorevole rispetto alla pensione di invalidità.
Riteneva anche che era garantito un importo della pensione di vecchiaia non inferiore a
quello della pensione di invalidità in godimento.
2. L’INPS propone ricorso per cassazione.
3. La parte intimata non si è costituita.
4. Il ricorso appare manifestamente fondato.
4.1. Con il primo motivo l’Inps, denunciando violazione del R.D.L. n. 636 del
1939, art. 10, convertito nella legge n. 1272 del 1939, della L. n. 222 del 1984, art. 1,
commi 6 e 10, della legge n. 638 del 1983, art. 8, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60,
del R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, della legge n. 218 del 1952, art. 2 e del D.Lgs. n. 503
del 1992, artt. 1, 2, 5, 6, censura la sentenza per avere ritenuto i periodi di godimento
della pensione di invalidità utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia.
Il motivo appare manifestamente fondato, poiché questa Corte ha già ripetutamente
affermato che “La trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al
compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i
requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di
incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione di
invalidità” (Cass. n. 18580/2008, n. 21292/2009).
4.2. Il secondo motivo, denunciando violazione delle stesse norme, censura la
parte della motivazione in cui si è osservato che, in sede di trasformazione del titolo
della pensione, rimane salvo il trattamento previdenziale più favorevole in godimento.
Anche tale motivo appare manifestamente fondato. Infatti deve ritenersi errata
l’affermazione del giudice di merito che, in caso di trasformazione, l’importo della
pensione di vecchiaia non possa essere minore di quello della pensione di invalidità, tale
previsione essendo valida solo nel regime della trasformazione della prestazione da
assegno ordinario di invalidità concesso legge n. 222, ex art. 1, comma 1 e segg. in
pensione di vecchiaia (Cass. 17492/2010)».
5. Osserva il Collegio, che le censure dell’ente riguardano principalmente
l’utilizzazione dei periodi di godimento della pensione di invalidità, dal momento che
tale utilizzazione sarebbe ritenuta per legge possibile quando si tratti di assegno di
invalidità, ma esclusa nel caso della pensione di invalidità; l’ente ha, altresì, censurato
l’affermazione della Corte territoriale secondo cui il pensionato avrebbe diritto nel caso
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delle indicata trasformazione a mantenere l’importo eventualmente maggiore del
precedente trattamento.
Il ricorso, è manifestamente fondato nel primo motivo (assorbito il secondo) e,
come concluso nella relazione, deve essere accolto.
Questa Corte (Cass. S.U. 4 maggio 2004 n. 8433, Cass., ord. n. 29015 del 2011),
dopo avere affermato, in sede di risoluzione di un contrasto interno alla sezione lavoro,
l’applicazione anche alla pensione di invalidità della regola (di cui all’art. 1, comma
10 0 della legge n. 222 del 1984) relativa alla possibile trasformazione della stessa in
pensione di vecchiaia, ha recentemente precisato, con un orientamento divenuto ormai
uniforme (Cass. 7 luglio 2008 n. 18580, seguito poi da numerose altre pronunce, tra cui
Cass. nn. 3855/11, 9175/10 e 5646/09) che “la trasformazione della pensione di
invalidità in pensione di vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile ove
di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non
potendo essere utilizzato, affini di incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di
godimento della pensione di invalidità. Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare
alla pensione di invalidità la diversa regola prevista dall’art. 1, comma 10, della legge n.
222 del 1984 in riferimento all’assegno di invalidità – secondo cui i periodi di
godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa si
considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacché ostano a siffatta
operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla pensione
di invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento
dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento
previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di
attività lavorativa e di versamento di contributi, nonché le differenze esistenti tra la
disciplina sulla pensione di invalidità e quella sull’assegno di invalidità, là dove
quest’ultimo, segnatamente, è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto
rispetto al trattamento dei superstiti”.
6. Pertanto il ricorso proposto dall’INPS avverso la sentenza n. 682 del 2010
della Corte d’Appello di Messina, deve essere accolto. Cassa la sentenza impugnata e
decidendo nel merito rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla spese per
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La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito
rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla spese per l’intero giudizio.
Roma, 21 febbraio 2013

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