Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8250 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/04/2011, (ud. 16/02/2011, dep. 11/04/2011), n.8250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 32222-2007 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.A., domiciliato in ROMA, VIA CAMOZZI N. 1, presso lo

studio dell’avvocato CUCCI MASSIMO, che lo rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 830/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 03/07/2007, r.g.n. 954/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/02/2011 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato CRISTINA GERARDIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.A. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Lucca del 24 dicembre 2004, che aveva respinto la sua domanda nei confronti del Ministero della Giustizia diretta a far accertare che le funzioni svolte dal 1 luglio 1998 corrispondevano, fino all’entrata in vigore del sistema di classificazione del personale introdotto dalla contrattazione collettiva, a quelle di cui alla 8^ qualifica funzionale prevista dalla L. n. 312 del 1980 e, successivamente all’entrata in vigore dei nuovi accordi collettivi, a quelle di cui alla posizione economica C3, nonchè a sentir condannare l’Amministrazione convenuta al pagamento delle differenze retributive conseguenti, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. Deduceva il P. di avere svolto, presso l’Ufficio Notifiche del Tribunale di Livorno, le funzioni di ufficiale giudiziario dirigente, ricoprendo un incarico riconducibile, a suo dire, nell’ottavo livello, posizione economica C3 nel nuovo regime contrattuale, venendo tuttavia retribuito in base al trattamento economico spettante al settimo livello. Costituitosi in giudizio, il Ministero convenuto si opponeva all’accoglimento della domanda.

La causa, istruita con sola produzione documentale, è stata decisa dal Tribunale di Livorno che, previa ricognizione della normativa intervenuta in materia e previo esame comparativo delle attribuzioni riconducibili ai due diversi profili di funzionario profilo 292 relativo alla 8^ qualifica funzionale e di collaboratore profilo 293 inerente alla 7^ qualifica funzionale, rigettava la domanda sul rilievo che il P. non avesse effettivamente svolto le mansioni superiori da lui dedotte.

L’appellante contestava sia la ricostruzione normativa che la valutazione delle mansioni operate dal primo giudice.

L’Amministrazione della Giustizia contestava la fondatezza dell’impugnazione avversaria.

In particolare il Ministero evidenziava che la struttura organica cui era preposto l’appellato non era tale da richiedere un funzionario di 8^ livello. D’altro canto sottolineava che il collaboratore UNEP 7^ livello svolge gli stessi compiti del funzionario UNEP 8^ livello, ma in uffici di minore importanza. Sarebbe stato, pertanto, onere del P. provare che l’ufficio di Livorno era, secondo la pianta organica, assoggettato alla direzione di un funzionario ovvero che era, comunque, di rilevanza tale da rendere necessaria la presenza formale di tale figura professionale.

E tale situazione non sarebbe mutata, secondo l’appellata, col passaggio alla contrattualizzazione del rapporto di lavoro ed all’inquadramento del personale in aree funzionali.

La Corte di appello di Firenze, con sentenza del 3 luglio 2007, pur ritenendo che l’attribuzione della posizione economica C3 al dirigente di Ufficio UNEP non potesse ritenersi automatica, bensì da valutare caso per caso, riteneva nella specie che il c.c.n.l.

integrativo del Ministero della Giustizia 5 aprile 2000 aveva previsto l’attribuzione della posizione economica C3 ai lavoratori preposti alla direzione dell’Ufficio N.E.P. all’interno delle “strutture giudiziarie di notevoli complessità e rilevanza”. Che l’Ufficio N.E.P. presso il Tribunale di Livorno era stato qualificato dalla stessa Amministrazione appellata (D.M. 6 aprile 2001) tale da richiedervi la preposizione di un ufficiale giudiziario con posizione economica C3. Accertava che il P. avesse svolto tali mansioni, sicchè riconosceva il suo diritto al relativo trattamento economico.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia affidato a due motivi.

Resiste il P. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con primo motivo il Ministero ricorrente denuncia la sentenza impugnata per omessa e/o insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5).

Lamentava in particolare che la Corte territoriale aveva omesso di considerare: a) la sussistenza di tutte le condizioni di validità contemplate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3; b) se in sede di contrattazione integrativa (c.c.n.l. integrativo del 5 aprile 2000) sia stato convenuto di riservare la dirigenza di un ufficio NEP di particolare complessità e rilevanza esclusivamente a dipendenti inquadrati nella posizione economica C3; c) se in attesa del completamento delle procedure di selezione interna previste dal citato c.c.n.l. integrativo, il personale UNEP inquadrato nella posizione economica C1 potesse comunque svolgere le mansioni di ufficiale giudiziario dirigente, anche di uffici di notevole complessità e rilevanza; d) se infine l’Ufficio NEP del Tribunale di Livorno possa effettivamente considerarsi ufficio di notevole complessità e rilevanza, ed in base a quali elementi.

2. -Il motivo è inammissibile.

L’Amministrazione ricorrente non specifica le ragioni della denunciata violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3;

in ogni caso censurando violazione o falsa applicazione di norme di diritto, non ha formulato alcuno specifico quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

Parimenti inammissibili sono le doglianze sub b) e c), non allegando e neppure riportando in ricorso, in contrasto col principio dell’auto sufficienza, le norme collettive invocate (Cass. Sez. un. 23 settembre 2010 n. 20075, Cass. n. 15495 del 2009).

E’ vero che tale sanzione non riguarda i contratti collettivi del pubblico impiego, Cass. sez. un. 12 ottobre 2009 n. 21568; Cass. 4 novembre 2009 n. 23329. Deve tuttavia evidenziarsi che ciò vale solo per i contratti ed accordi collettivi nazionali, con esclusione dei contratti integrativi, in relazione ai quali il controllo di legittimità è finalizzato esclusivamente alla verifica del rispetto dei canoni legali di interpretazione e dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione sufficiente e non contraddittoria. Ne consegue che, in riferimento ai contratti integrativi, il ricorrente ha l’onere di riportare il testo della clausola contrattuale controversa, al fine di consentire il controllo nei limiti individuati, risultando altrimenti violata la regola dell’autosufficienza del ricorsa (Cass. n. 28859 del 2008.

Per il resto il ricorrente si limita a censurare accertamenti compiuti dal giudice di merito, congruamente motivati (sulla scorta del contratto integrativo invocato e del D.M. 6 aprile 2001 che prevedeva presso l’UNEP di Livorno un dirigente C3), limitandosi a ritenerli erronei.

3. – Con secondo motivo il Ministero ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 deducendo che tale norma si limiterebbe a prevedere la retribuibilità di mansioni superiori, prevalentemente svolte, e solo se limitata alla posizione immediatamente successiva. Formulava il seguente quesito di diritto: “dica la S.C. se possa riconoscersi al P. lo svolgimento di mansioni superiori, ed in caso affermativo se la retribuzione delle mansioni superiori di fatto svolte sia da effettuarsi con riferimento alla posizione economica C2 e non C3”.

Il motivo è in parte inammissibile e per il resto infondato.

Evidentemente inammissibile laddove chiede tout court a questa Corte un nuovo accertamento in fatto. Deve peraltro rilevarsi che, come risulta incontestatamente dalla sentenza impugnata, l’Amministrazione non censurò in appello che il P. svolgesse pienamente, più che prevalentemente, le mansioni di dirigente dell’UNEP di Livorno, limitandosi a contestare in diritto la spettanza o meno della qualifica C3 al dirigente di tale UNEP. Per tale ragione, unitamente alla altrettanto decisiva assenza della relativa questione nel quesito di diritto formulato (Cass. sez. un. 9 marzo 2009 n. 5624), risulta inammissibile la doglianza inerente il mancato esame della prevalenza delle superiori mansioni svolte dal P.. Il motivo risulta poi infondato laddove ritiene che non possa essere retribuito lo svolgimento di fatto di mansioni superiori se non per la posizione economica immediatamente successiva.

Questa Corte ha già chiarito (sentt. n. 4367 del 2009, n. 20692 del 2004, n. 14944 del 2004) che il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52, comma 5, (norme generali dell’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) – il quale prevede per i dipendenti pubblici l’ipotesi di assegnazione “a mansioni proprie di una qualifica superiore” e, in relazione ad essa, stabilisce, da un lato la nullità dell’assegnazione, e dall’altro riconosce al lavoratore il diritto alla differenza di trattamento economico rispetto alla qualifica superiore – non può essere inteso nel senso che detta espressione, quanto al riferimento alla “qualifica superiore”, abbia contenuto equivalente a quella di “qualifica immediatamente superiore” che il legislatore usa nel comma 2, per individuare i casi nei quali è legittima l’assegnazione alle mansioni immediatamente superiori. La medesima pronuncia ha aggiunto che una diversa interpretazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 52 (nel quale è stato trasfuso il testo del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56 come modificato dal D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 25 e, quanto al D.Lgs. n. 387 del 1998, art. 15, comma 6), oltre a non essere giustificata dalla lettera del comma 5, sarebbe anche contraria alla sua “ratio”, che è quella di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 Cost..

Il ricorso va pertanto respinto.

Le alterne vicende del giudizio giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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