Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8250 del 04/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8250 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: TRICOMI IRENE

ORDINANZA
sul ricorso 12251-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,
CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, GIUSEPPINA GIANNICO,
giusta procura speciale in calce ricorso;
– ricorrente contro
IAPICHINO CONCETTA;

Data pubblicazione: 04/04/2013

- intimata avverso la sentenza n. 868/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA del
13.5.2010, depositata il 25/05/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE che si
riporta alla relazione scritta.

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udito per il ricorrente l’Avvocato Mauro Ricci che si riporta agli scritti.

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FATTO E DIRITTO
È stata depositata relazione ai sensi del!’ art. 380 bis c.p.c.
«Il consigliere relatore osserva quanto segue.
La parte intimata Iapichino Concetta si rivolse al giudice del lavoro per ottenere la
trasformazione della pensione di invalidità – in godimento in base al R.D.L. 14 aprile 1939, n.
636 (e quindi antecedente alla legge 12 giugno 1984, n. 222) – in pensione di vecchiaia, ai
sensi della detta legge n. 222, art. 1, comma 10.
Contro la sentenza del tribunale di Patti con cui la domanda era stata accolta con
decorrenza dalla data della domanda, l’Inps proponeva appello.
La Corte di appello di Messina rigettava l’impugnazione, ritenendo sussistente il
diritto al mutamento della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia, concorrendo i
prescritti requisiti anagrafici e contributivi, in assenza nell’ordinamento previdenziale di un
principio ostativo in tal senso.
Precisava anche che i periodi di godimento dell’assegno nei quali non sia stata prestata
attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto (non della misura) della pensione.
Riteneva poi sussistente l’interesse al riconoscimento di una prestazione, come la
pensione di vecchiaia, che, per la sua definitività, irrevocabilità e non rivedibilità, possa essere
ritenuta dalla parte più favorevole rispetto alla pensione di invalidità. Riteneva anche che era
garantito un importo della pensione di vecchiaia non inferiore a quello della pensione di
invalidità in godimento.
2. L’INPS propone ricorso per cassazione.
3. La parte intimata non si è costituita.
4. Il ricorso appare manifestamente fondato.
4.1. Con il primo motivo l’Inps, denunciando violazione del R.D.L. n. 636 del 1939,
art. 10, convertito nella legge n. 1272 del 1939, della L. n. 222 del 1984, art. 1, commi 6 e 10,
della legge n. 638 del 1983, art. 8, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 60, del R.D.L. n. 636 del
1939, art. 9, della legge n. 218 del 1952, art. 2 e del D.Lgs. n. 503 del 1992, artt. 1, 2, 5, 6,
censura la sentenza per avere ritenuto i periodi di godimento della pensione di invalidità utili
ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia.
Il motivo appare manifestamente fondato, poiché questa Corte ha già ripetutamente affermato
che “la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia al compimento
dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione sussistano i requisiti propri
anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, ai fini di incrementare l’anzianità
contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidità” (Cass. n. 18580/2008, n.
21292/2009).
4.2. Il secondo motivo, denunciando violazione delle stesse norme, censura la parte
della motivazione in cui si è osservato che, in sede di trasformazione del titolo della pensione,
rimane salvo il trattamento previdenziale più favorevole in godimento.
Anche tale motivo appare manifestamente fondato. Infatti deve ritenersi errata
l’affermazione del giudice di merito che, in caso di trasformazione, l’importo della pensione
di vecchiaia non possa essere minore di quello della pensione di invalidità, tale previsione
essendo valida solo nel regime della trasformazione della prestazione da assegno ordinario di
invalidità concesso legge n. 222, ex art. 1, comma 1 e segg. in pensione di vecchiaia (Cass.
17492/2010)».
5. Osserva il Collegio, che le censure dell’ente riguardano principalmente
l’utilizzazione dei periodi di godimento della pensione di invalidità, dal momento che tale
utilizzazione sarebbe ritenuta per legge possibile quando si tratti di assegno di invalidità, ma
esclusa nel caso della pensione di invalidità; l’ente ha, altresì, censurato l’affermazione della

Corte territoriale secondo cui il pensionato avrebbe diritto nel caso delle indicata
trasformazione a mantenere l’importo eventualmente maggiore del precedente trattamento.
Il ricorso, è manifestamente fondato nel primo motivo (assorbito il secondo) e, come
concluso nella relazione, deve essere accolto.
Questa Corte (Cass. S.U. 4 maggio 2004 n. 8433, Cass., ord. n. 29015 del 2011), dopo
avere affermato, in sede di risoluzione di un contrasto interno alla sezione lavoro,
l’applicazione anche alla pensione di invalidità della regola (di cui all’art. 1, comma 10 0 della
legge n. 222 del 1984) relativa alla possibile trasformazione della stessa in pensione di
vecchiaia, ha recentemente precisato, con un orientamento divenuto ormai uniforme (Cass. 7
luglio 2008 n. 18580, seguito poi da numerose altre pronunce, tra cui Cass. nn. 3855/11,
9175/10 e 5646/09) che “la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di
vecchiaia al compimento dell’età pensionabile è possibile ove di tale ultima pensione
sussistano i requisiti propri anagrafico e contributivo, non potendo essere utilizzato, affini di
incrementare l’anzianità contributiva, il periodo di godimento della pensione di invalidità.
Infatti, deve escludersi la possibilità di applicare alla pensione di invalidità la diversa regola
prevista dall’art. 1, comma 10, della legge n. 222 del 1984 in riferimento all’assegno di
invalidità – secondo cui i periodi di godimento di detto assegno nei quali non sia stata prestata
attività lavorativa si considerano utili ai fini del diritto alla pensione di vecchiaia – giacché
ostano a siffatta operazione ermeneutica la mancanza di ogni previsione, nella normativa sulla
pensione di invalidità, della utilizzazione del periodo di godimento ai fini dell’incremento
dell’anzianità contributiva, il carattere eccezionale delle previsioni che nell’ordinamento
previdenziale attribuiscono il medesimo incremento in mancanza di prestazione di attività
lavorativa e di versamento di contributi, nonché le differenze esistenti tra la disciplina sulla
pensione di invalidità e quella sull’assegno di invalidità, là dove quest’ultimo, segnatamente,
è sottoposto a condizioni più rigorose, anche e soprattutto rispetto al trattamento dei
superstiti”.
6. Pertanto il ricorso proposto dall’INPS avverso la sentenza n. 868 del 2010 della
Corte d’Appello di Messina, deve essere accolto. Cassa la sentenza impugnata e decidendo
nel merito rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla spese per l’intero giudizio bk 0,4/
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La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito
rigetta la domanda di cui al ricorso introduttivo. Nulla spese per l’intero giudizio.
Roma, 21 febbraio 2013

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