Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8247 del 28/04/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/04/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 28/04/2020), n.8247

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALDAFFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13785-2018 proposto da:

E.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

FRANCESCO BONATESTA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) COMMISSIONE TERRITORIALI PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI BOLOGNA SEZIONE DI

L’ORLI’ CESENA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2702/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 15/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DI MARZIO

MAURO.

Fatto

RILEVATO

CHE

1. E.P., cittadino nigeriano, ricorre per un mezzo, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 15 novembre 2017 con cui la Corte d’appello di Bologna ha respinto l’appello avverso ordinanza del locale Tribunale di rigetto del suo ricorso spiegato nei riguardi del provvedimento della competente Commissione territoriale di rigetto della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. Resiste con controricorso l’amministrazione intimata.

3. – La proposta del relatore non è stata contrastata da memoria di parte ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – L’unico motivo di ricorso denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata per aver negato la protezione umanitaria con una motivazione meramente apparente incentrata sulla non credibilità dei fatti posti a sostegno della domanda di protezione internazionale.

RITENUTO CHE:

4. – Il Collegio ha disposto la redazione del provvedimento in forma semplificata.

5. – Il ricorso è inammissibile.

Dalla sua lettura, infatti, non riesce in alcun modo ad intendersi quali sarebbero le specifiche ed individualizzate situazioni di vulnerabilità del richiedente, che egli avrebbe sottoposto al giudice di merito e che questi avrebbe omesso di valutare, limitandosi il ricorso ad affermare che la Corte d’appello non avrebbe valutato “le allega5zioni relative alla situazione di violenza grave dei diritti umani oggettivamente desumibile dalla narrazione delle vicende umane del richiedente”.

Va da sè che il ricorso è totalmente carente del requisito dell’autosufficienza di cui al numero 6 dell’art. 366 c.p.c., oltre all’esposizione sommaria dei fatti di causa di cui al precedente numero 3.

Il che esime dall’aggiungere che le generiche condizioni del paese di provenienza non sono di per sè neppure rilevanti, giacchè, come questa Corte ha in più occasioni ripetuto, la valutazione della condizione di vulnerabilità che giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria deve essere ancorata ad una valutazione individuale, caso per caso, della vita privata e familiare del richiedente in Italia, comparata alla situazione personale che egli ha vissuto prima della partenza ed alla quale egli si troverebbe esposto in conseguenza del rimpatrio, poichè, in caso contrario, si prenderebbe in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese di origine, in termini del tutto generali ed astratti, in contrasto con il parametro normativo di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, Cass. 3 aprile 2019, n. 9304).

6. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al rimborso, in favore dell’amministrazione controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2100,00, oltre alle spese prenotate a debito, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, cui dovuto;

Depositato in cancelleria il 28 aprile 2020

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