Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8246 del 30/03/2017


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Cassazione civile, sez. un., 30/03/2017, (ud. 07/03/2017, dep.30/03/2017),  n. 8246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24928/2015 proposto da:

SOCIETA’ PONTIA NOVA A R.L. (già Società Immobiliare Città a

r.l.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COSTABELLA 23, presso lo

studio degli avvocati GIUSEPPE LAVITOLA e IRENE GIUSEPPA BELLAVIA,

che la rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PONZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA 57, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO DE PERSIS, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIACOMO MIGNANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE del Lazio

– Sezione Distaccata di LATINA, depositata in data 9/01/2006.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2017 dal Consigliere Dott. DOMENICO CHINDEMI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l’affermarsi la

giurisdizione del giudice amministrativo;

uditi gli Avvocati Giuseppe Lavitola e Irene Giuseppa Bellavia.

Fatto

La società Pontia Nova a r.l. (già Società Immobiliare Città a r.l.) adiva il Tar del Lazio – sezione staccata di Latina – chiedendo, previo accertamento della sua proprietà in relazione ad alcuni appezzamenti di terreno, siti nel Comune di Ponza, arbitrariamente occupati da detta Amministrazione in via di mero fatto, (avendo provveduto alla trasformazione di detta aria attraverso la realizzazione di strade e spazi di sosta, un edificio scolastico con immobili di sua pertinenza, un impianto sportivo con le relative pertinenze le strade di accesso, per un totale di 11.142 m.q.), la condanna del Comune alla restituzione di tale area e alla riduzione in ripristino delle opere realizzate in assenza di un legittimo titolo abilitante.

Il Tar dichiarava il difetto di giurisdizione essendo riconducibile la controversia ad un comportamento dell’Amministrazione in materia di urbanistica ed edilizia del tutto svincolato da un procedimento ablatorio e quindi appartenente alla giurisdizione del giudice ordinario.

Il Tribunale ordinario di Latina, sezione distaccata di Gaeta, successivamente adito dalla società, dichiarava il difetto di giurisdizione per essere competente il tribunale amministrativo, rilevando come “per ciascuno intervento sussistano uno o più provvedimenti amministrativi da cui traspare la dichiarazione di pubblica utilità, solo in alcuni casi implicita, delle opere da realizzare e in più casi l’avvio del procedimento di esproprio che esautora il G.O. della giurisdizione.

La società Pontia Nova a r.l. ha proposto ricorso ex art. 362 c.p.c., comma 2, per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione.

Il Comune di Ponza si è costituito con controricorso.

La società ha presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Eccepisce, preliminarmente, il Comune l’inammissibilità dei gravame essendo entrambe le statuizioni (del Tar e del Tribunale ordinario) da tempo inoppugnabili. Tale rilievo è infondato.

Va, infatti, rilevata l’ammissibilità del ricorso per conflitto negativo di giurisdizione nell’ipotesi in cui il giudice ordinario ed il giudice amministrativo abbiano entrambi negato con sentenza la propria giurisdizione sulla medesima controversia, pur senza sollevare essi stessi d’ufficio il conflitto, essendosi in presenza non di un conflitto virtuale di giurisdizione (risolvibile con istanza di regolamento preventivo, ex art. 41 c.p.c.), ma di un conflitto reale negativo di giurisdizione, denunciabile alle sezioni unite della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1, in ogni tempo e, quindi, indipendentemente dalla circostanza che una o entrambe le pronunce in contrasto non siano più impugnabili (cfr., Cass. Sez. U., Sentenza n. 150 del 07/01/2013) e, dunque, anche in caso di passaggio in giudicato delle pronunce in contrasto (cfr., Cass. Sez. U. n. 13576/2016; Cass. Sez. U., Sentenza n. 27401 del 13/12/2005).

L’esistenza di due pronunce contrastanti sulla giurisdizione a conoscere la medesima controversia, declinata da entrambe, radica di per sè nelle parti un interesse alla risoluzione del conflitto in considerazione della situazione di stallo processuale.

2. La società ricorrente ha prospettato, con la propria domanda, l’esistenza di una acquisizione del proprio terreno da parte del Comune effettuata in carenza di potere e chiesto la restituzione del bene ed il risarcimento dei danni.

La dichiarazione di pubblica utilità costituisce il necessario presupposto per l’espropriazione e la relativa dichiarazione, o comunque il provvedimento che ai sensi di legge le è equiparato, deve contenere i due termini per l’inizio dei lavori e della procedura espropriativa e i due termini per il relativo compimento, la scadenza di questi ultimi ne comporta l’inefficacia, conseguendone che l’attività espropriativa susseguente è esplicata in carenza di potere, a nulla rilevando che non sia ancora scaduto il periodo di occupazione (cfr. Corte Cost., 16 febbraio 2006, n. 64 e Cass. S.U., n. 10024/07).

Nel caso di specie per l’impianto sportivo scoperto (campo sportivo e atletica con annessi spogliatoi e parcheggi) e per il parcheggio attrezzato e sovrastante piazza attrezzata, risulta approvato il progetto dell’opera pubblica e fissati i termini di inizio e fine lavori per la prima opera, mentre mancano tutti i termini di inizio e fine lavori e delle espropriazioni per la seconda; per le altre opere (edificio scolastico e relative aree di pertinenza e impianto sportivo scoperto) pur essendo esistente la dichiarazione di pubblica utilità è divenuta priva di efficacia avendo il Comune realizzato le opere quando erano ormai decorsi i termini fissati per il compimento dei lavori e delle espropriazioni. Solamente per l’impianto sportivo coperto il CTU non ha rinvenuto atti amministrativi relativi alla realizzazione dello stesso, senza tuttavia escludere l’esistenza del provvedimento di occupazione di urgenza. La sentenza della Corte Costituzionale 5 luglio 2004 n. 204, analogamente a quella 11 maggio 2006 n. 191 ha chiarito il significato della parola “comportamenti” rilevante ai fini della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come sostituito dalla L. n. 205 del 2000, vigente alla data di proposizione della domanda di cui al processo principale, affermando che possono essere idonee a estendere la cognizione dei giudici amministrativi ad ogni tutela di qualsiasi situazione soggettiva nei confronti della P.A., in base 13 all’art. 103 Cost., soltanto le condotte materiali dell’amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, indipendentemente dalla natura di diritto soggettivo o interesse legittimo della posizione per cui è domandata tutela.

In particolare nella sentenza n. 191/2006 la Corte costituzionale, riaffermando i principi già enunciati con la sentenza n. 204/2004, ha precisato che “deve ritenersi conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti” (di impossessamento del bene altrui) collegati all’esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere, laddove deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di “comportamenti” posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto”.

Ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 53, comma 1, come sostituito dal D.Lgs. n. 104 del 2010, in materia di espropriazioni per pubblica utilità “la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo”, il cui art. 133, comma 1, lett. g), stabilisce che “sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo” “le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”.

In tema di occupazione di un fondo di proprietà privata sulla base di una dichiarazione di pubblica utilità divenuta inefficace per l’inutile decorso dei termini previsti per l’esecuzione dell’opera pubblica e per l’emissione del decreto di esproprio, ipotesi ricorrente in alcune delle fattispecie, questa Corte in passato ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario per le domande risarcitorie e restitutorie fondate sulla predetta occupazione (Cass. s.u. 16 luglio 2008, n. 19501; Cass. s.u. 23 dicembre 2008, n. 30254).

Successivamente Le Sezioni Unite della Corte hanno rivisto tale orientamento in considerazione della espressa estensione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alle controversie, in materia di espropriazioni per pubblica utilità, relative a comportamenti “mediatamente” riconducibili all’esercizio di un pubblico potere, affermando il principio, a cui questa Corte intende dare continuità, secondo cui “rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto da luogo ad una controversia riconducibile in parte direttamente ed in parte mediatamente ad un provvedimento amministrativo, la domanda di risarcimento per i danni che si pretendono conseguiti ad una occupazione iniziata, dopo la dichiarazione di pubblica utilità, in virtù di un decreto di occupazione d’urgenza e proseguita anche dopo la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità” (Cass. Sez. U., Ordinanza n. 10879 del 27/05/2015; cfr anche Cass. Sez. U., Sentenza n. 15284 del 25/07/2016; Cass. Sez. U., Ordinanza n. 1092 del 18/01/2017).

La riconducibilità all’esercizio di un pubblico potere sussiste, in particolare, pur se poi l’ingerenza nella proprietà privata e la sua utilizzazione siano avvenute senza alcun titolo che le consentiva (Cass. S.U., Ordinanza n. 10879 del 27/05/2015; cfr., anche Cass. S.U. ord. 29 marzo 2013, n. 7938; Cass. S.U., ord. 16 dicembre 2013, n. 27994), travolto in alcuni casi, dalla sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità e in altri a seguito della sola approvazione del progetto dell’opera pubblica, sicchè anche il successivo comportamento della pubblica amministrazione che omette di restituire il bene, pur dopo l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, si deve connettere, ancorchè mediatamente, a quei provvedimenti, senza i quali non vi sarebbe stata apprensione e, quindi, neppure la mancata restituzione.

Nè si può immaginare, in aderenza ai principi del giusto processo (cfr., Cass. s.u. 18 febbraio 2014, n. 3773; Cass. s.u. 26 gennaio 2011, n. 1764), ad una giurisdizione differenziata quanto al danno da apprensione e quanto al danno da mancata restituzione.

La giurisdizione del giudice amministrativo va affermata allorchè si è in presenza di un concreto riconoscibile atto di esercizio del potere, pur se poi lo stesso si è rivelato illegittimo e per effetto dell’annullamento ha cessato retroattivamente di esplicare i suoi effetti.

Va, conseguentemente, affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.

Ricorrono giusti motivi, in considerazione del consolidarsi dell’affermato principio nelle mero del processo, per compensare le spese del regolamento.

PQM

dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo; rimette le parti innanzi al T.A.R. competente; compensa le spese del regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2017

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