Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8246 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. VI, 22/03/2019, (ud. 29/01/2019, dep. 22/03/2019), n.8246

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24830-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso

la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

EDIL CERAMICHE s.r.l, in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 242/01/2017 della Commissione tributaria

regionale della BASILICATA, depositata il 25/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2019 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

Che:

– con la sentenza in epigrafe indicata la CTR della Basilicata, accogliendo il ricorso principale della Edil Ceramiche s.r.l. e rigettando quello incidentale dell’ufficio finanziario, annullava l’avviso di accertamento ai fini IVA, IRAP ed IRES emesso dall’Agenzia delle entrate nei confronti della società contribuente con riferimento all’anno di imposta 2008, sul rilievo che l’atto impositivo non era stato preceduto dalla redazione del processo verbale di constatazione con conseguente violazione da parte dell’amministrazione finanziaria dell’obbligo di preventiva instaurazione del contraddittorio con la contribuente;

– avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui non replica l’intimata;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 52, comma 1, e della L. 212 del 2000, art. 12, sostenendosi che aveva errato la CTR ad estendere l’obbligo di emissione di un p.v.c. e del conseguente contraddittorio endoprecedimetale, espressamente previsto per i soli casi di accessi, ispezioni o verifiche fiscali effettuati nei locali destinati all’esercizio dell’attività d’impresa, anche nelle ipotesi, come quella di specie, di accertamenti condotti a tavolino.

2. Il motivo è fondato e va accolto.

3. Questa Corte insegna che “la redazione di un processo verbale di constatazione non è necessaria per rendere legittimo un successivo avviso di accertamento, perchè è in esso che si esterna ciò che si è constatato” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 31120 del 29/12/2017, Rv. 646575, in motivazione). Ciò che ovviamente accade nelle ipotesi di accertamento condotto a tavolino, che è quella di specie (emergendo la circostanza anche dal contenuto dell’avviso di accertamento in parte qua riprodotto nel ricorso), essendo la redazione del verbale prevista dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 4, soltanto nella diversa ipotesi di accessi, ispezioni o verifiche fiscali effettuate nei locali destinati all’esercizio dell’attività commerciale. Ne consegue che la diversa tesi sostenuta dalla CTR si pone in palese ed ingiustificato contrasto con il predetto principio.

4. Quanto, poi, alla violazione del contraddittorio endoprocedimetale, che i giudici di appello hanno fatto discendere dall’omessa redazione del p.v.c. conclusivo della verifica fiscale, osserva il Collegio che nella fattispecie, in cui è incontestato che l’amministrazione finanziaria abbia espletato un accertamento c.d. “a tavolino”, difetta il presupposto applicativo della citata L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (cfr. ex multis, Cass. n. 3408 del 2017, n. 3142 del 2014, n. 13588 del 2014 la quale, peraltro, richiama sul punto il tenore testuale della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 18184 del 2013, p. 3.1). In senso analogo si è recentemente espresso il Supremo consesso di questa Corte (v. Cass., Sez. U., n. 24823 del 2015, p. IV-1) che ha altresì affermato il principio, che pare opportuno qui ribadire, secondo cui “Differentemente dal diritto dell’Unione Europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”. Accertamento, quest’ultimo, che andrà compiuto dal giudice di merito in sede di giudizio di rinvio, atteso che l’applicazione al caso di specie dei suindicati principi comporta l’accoglimento del motivo in esame e quindi la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla competente CTR anche per l’esame delle questioni rimaste assorbite, tra cui quelle poste dall’Agenzia delle entrate con appello incidentale, oltre che per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Basilicata, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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