Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8244 del 26/04/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. L Num. 8244 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 2759-2013 proposto da:
TOD’S

S.P.A.

C.F.

01113570442,

in

persona

del

Presidente e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87,
presso lo studio dell’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
2016

MAURIZIO BOSCARATO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

643
contro

ROSSI GUERRIERO C.F. RSSGRR72H22A462C, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo

Data pubblicazione: 26/04/2016

tudio

rappresenta

e

SABINA

difende

CICCOTTI,

unitamente

che

lo

all’avvocato

CHRISTIAN LUCIDI, giusta delega in atti;

controricorrente-

avverso la sentenza n. 314/2012 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 15/03/2012 R.G.N. 412/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato ANTONUCCI ARTURO;
udito l’Avvocato LUCIDI CHRISTIAN;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

ti>
121ti

dell’avvocato

/:R. n. 2759/13

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 15.3.12 la Corte d’appello di Ancona rigettava il
gravame di Tod’s S.p.A. contro la sentenza con cui il Tribunale di Ascoli Piceno
aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato il 13.3.09 in via disciplinare
per giustificato motivo soggettivo dalla predetta società a Guerriero Rossi, per

Della Valle) che ne criticava la gestione con toni che l’azienda aveva ritenuto
irriguardosi, minacciosi, dispregiativi e offensivi.
Per la cassazione della sentenza ricorre Tod’s S.p.A. affidandosi ad un solo
motivo.
Guerriero Rossi resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con l’unico mezzo si denuncia omessa o quanto meno insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio nella parte in
cui la Corte territoriale ha ritenuto che il contenuto della lettera aperta
indirizzata al legale rappresentante della società fosse da considerare alla
stregua di un mero artificio retorico attraverso il quale esercitare il diritto di
critica, apoditticamente negando l’idoneità dei toni – usati da Guerriero Rossi ad arrecare un qualche pregiudizio alla società o a ledere in modo irreparabile il
vincolo fiduciario proprio del rapporto di lavoro o a mettere in forse la
correttezza del futuro adempimento della prestazione lavorativa da parte del
dipendente; lamenta la società ricorrente che la sentenza ha omesso di valutare
la portata oggettivamente minacciosa, offensiva, sprezzante e derisoria delle
espressioni adoperate, tali da evocare – da un punto di vista grammaticale e
sostanziale – il linguaggio di molti movimenti violenti dei c.d. anni di piombo
vissuti dal Paese, il tutto con toni offensivi rivolti contro il destinatario della
lettera aperta (definito come arrogante e ipocrita), toni sostanzialmente
confermati dallo stesso lavoratore nella propria lettera di giustificazioni;
prosegue il ricorso definendo quello portato dal Rossi come un attacco
insolente, sfrontato e gratuito al datore di lavoro, spinto ben oltre il legittimo
diritto di esprimere le proprie opinioni (il tutto al di fuori dell’esercizio di attività
sindacale); lasciare impunita tale condotta – prosegue il ricorso – minerebbe
l’onore, l’immagine e l’autorità del datore di lavoro, con effetti destabilizzanti su
tutto l’ambiente aziendale; conclude il ricorso con il denunciare che la pronuncia
gravata ha omesso di verificare il superamento o meno dei limiti della
correttezza formale imposta dall’esigenza di tutela della persona umana,

aver egli scritto una lettera aperta al legale rappresentante della società (Diego

R.G. n. 2759/13
avendo l’intimato leso sul piano morale l’immagine del legale rappresentante
della società con attribuiti disonorevoli, così rivelando nei suoi confronti odio,
disprezzo, dileggio e malanimo tali da rendere inaccettabile la permanenza del
Rossi sul luogo di lavoro.

sub specie

di vizio di

motivazione quello che, in realtà, si sarebbe eventualmente dovuto dedurre
come ipotetico error in iudicando (ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 co. 10 n.
3 c.p.c.) nel procedimento di sussunzione della condotta addebitata al
lavoratore nel paradigma del giustificato motivo soggettivo di licenziamento di
cui agli artt. 1 e 3 legge n. 604/66 e 2119 c.c. e nell’applicazione dell’esimente
dell’esercizio del diritto (di critica) di cui all’art. 51 c.p. (esimente di portata
generale nell’ordinamento: cfr., ex aliis, Cass. n. 1939/15).
Giova in proposito ricordare che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto
censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 co. 1° c.p.c.,
deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed
inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata
norma codicistica, quantunque senza la necessaria adozione di formule
sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi (cfr.
Cass. S.U. n. 17931/13), purché il motivo rechi univoco e sostanziale
riferimento al canale di accesso prescelto fra quelli elencati dalla predetta
norma codicistica.
Operata la doverosa premessa che precede, deve rilevarsi che nel caso in
esame il ricorso non lamenta alcuna violazione o falsa applicazione di norme di
diritto né argomenta a riguardo, ma prospetta soltanto un vizio di omessa o
insufficiente motivazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 co. 10 n. 5 c.p.c.
(nel testo, applicabile ratione temporis, previgente rispetto alla novella di cui
all’art. 54 d.l. n. 83/2012, convertito in legge 7.8.2012 n. 134), vale a dire un
vizio che per sua stessa natura riguarda esclusivamente la ricostruzione d’un
fatto (primario o secondario), inteso nella sua mera accezione storicofenomenica, controverso e decisivo ai fini del giudizio, non già la sua
valutazione come sussumibile o meno nella fattispecie astratta di giusta causa o
giustificato motivo soggettivo di licenziamento e/o come scriminato in virtù
dell’art. 51 c.p.
In breve, il vizio di cui all’art. 360 co. 1° n. 5 c.p.c. non è mai invocabile ove i
fatti storici siano pacifici e ne sia controversa soltanto la qualificazione giuridica.
2

2- Il ricorso è inammissibile perché prospetta

1Th R.G. n. 2 759/13
,

Nella vicenda per cui è processo quel che è controverso non è il fatto storico
del contenuto della lettera aperta indirizzata dal controricorrente al legale
rappresentante della Tod’s S.p.A. e delle parole utilizzatevi, ma solo l’attitudine
della missiva ad essere percepita o meno come offensiva e/o minatoria al punto
da investire il rapporto di fiducia tra le parti e da menomare le aspettative

opera del dipendente.
Ciò coinvolge la più squisita sfera della qualificazione giuridica della condotta
come potenzialmente rilevante (o non) al fine di giustificare il licenziamento,
vale a dire una questione di violazione o falsa applicazione di norme di diritto e
non già di correttezza della motivazione.
Ed è noto che il vizio di motivazione spendibile mediante ricorso per
cassazione ex art. 360 co. 1° n. 5 c.p.c. – analogamente a quanto avviene in
sede penale ex art. 606 co. 1° lett. e) c.p.p. – concerne solo la motivazione in
fatto, giacché quella in diritto può sempre essere corretta o meglio esplicitata,
sia in appello che in sede di legittimità (v. art. 384 ult. co . c.p.c.), senza che la
sentenza impugnata ne debba in alcun modo soffrire.
Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione
adottata sia corretta ancorché malamente spiegata o non spiegata affatto; se
invece risulta erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente
suggestiva e ben costruita) la può trasformare in esatta e il vizio da cui risulterà
affetta la pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o
violazione di legge o falsa od erronea sua applicazione.
Quanto precede assorbe ogni altra analisi circa la sussistenza o meno del
notevole inadempimento richiesto dall’art. 3 legge n. 604/66 per la
configurabilità del giustificato motivo soggettivo di licenziamento e del
lamentato superamento dei limiti della correttezza formale nell’esercizio del
diritto di critica.

3- In conclusione, il ricorso è da dichiararsi inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza e si distraggono ex art. 93 c.p.c. in favore del difensore del
controricorrente, dichiaratosi antistatario.
P.Q.M.
La Corte
3

datoriali circa il futuro puntuale adempimento della prestazione lavorativa ad

R.G. n. 2759/1 3
dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese
del giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per spese e in euro 3.500,00
per compensi professionali, oltre accessori come per legge, spese da distrarsi in
favore dell’avv. Christian Lucidi, antistatario.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 17.2.16.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA