Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8243 del 07/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 07/04/2010), n.8243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C.

COLOMBO 436, presso lo studio dell’avvocato CARUSO BIANCA MARIA, che

lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORRERA

FABRIZIO, SGROI ANTONINO, CALIULO LUIGO, giusta mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 760/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 22/11/2005 r.g.n. 922/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

02/02/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

R.V. chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Milano, pubblicata il 22 novembre 2005, che,in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’opposizione del ricorrente contro la cartella esattoriale notificatagli il 30 aprile 2002 per l’importo di 12.407,92 Euro.

Il ricorso è articolato in tre motivi.

L’INPS ha depositato controricorso, chiedendo che l’impugnazione sia respinta.

Con il primo motivo si deduce che sarebbe stato violato l’art. 427 c.p.c., perchè l’INPS avrebbe prodotto in giudizio di appello “alcuni documenti” nuovi.

Il motivo è infondato perchè a parte la genericità del riferimento ad “alcuni documenti”e quindi la mancata specificazione del ricorso, deve sottolinearsi che il punto nodale della motivazione della Corte non si basa su tale documentazione, ma sulle considerazioni svolte a pag. 5 della sentenza circa il contenuto della dichiarazione,fatta con la domanda di iscrizione,in ordine all’inizio della attività.

Sul punto, decisivo, la Corte spiega perchè ritiene di interpretare tale dichiarazione in modo diverso dal primo giudice e motiva adeguatamente in proposito.

Peraltro, su questo punto cruciale non vengono mosse critiche con il ricorso per Cassazione.

La parte della motivazione che richiama i documenti prodotti dall’INPS in appello è aggiuntiva, non decisiva e quindi la sua eliminazione non vale ad inficiare la sentenza quanto alla soluzione prescelta.

Con il secondo motivo di ricorso si denunzia un’altra violazione dell’art. 437 c.p.c., che sarebbe costituita dalla proposizione in appello di circostanze di fatto nuove: una nuova ipotesi difensiva in base alla quale dall’esame delle dichiarazione dei redditi si sarebbe potuto sostenere che l’attività del R. presso la Dolcemania fosse da considerarsi abituale e permanente.

Anche questo motivo è infondato perchè, come si è visto, la decisione viene prioritariamente motivata in base all’interpretazione della dichiarazione del R. in sede di domanda e le considerazioni ulteriori non sono decisive, ma meramente aggiuntive.

Il terzo motivo infine denunzia un vizio di nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione.

Infatti in motivazione si sostiene che l’iscrizione a ruolo dei contributi da parte dell’INPS è legittima, mentre nel dispositivo si parla di illegittimità.

Senza dubbio nel dispositivo vi è un errore, ma non è decisivo ed è un evidente errore di scrittura.

Si è scritto illegittimità della iscrizione laddove si intendeva dire legittimità, stando a quanto spiegato i motivazione. L’errore però è evidente e non decisivo perchè il punto cruciale del dispositivo è quello in cui si dichiara la efficacia della cartella impugnata.

Il ricorso pertanto deve essere respinto, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dell’INPS, liquidandole Euro 12,00, nonchè Euro 2.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2010

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