Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8241 del 26/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8241 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: CAVALLARO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 9136-2010 proposto da:
BOMBINO

VITO

ANTONIO

C.F.

BMBVNT69T18B315Z,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 112,
presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPINA BONITO,
rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO SARCONE,
giusta delega in atti;

2Q
392

– riorrente

6

contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 26/04/2016

’ CESARE BECCARIA n. 29 presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
ANTONIETTA CORETTI, EMANUELE DE ROSE, VINCENZO STUMPO,
giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 1570/2009 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 07/04/2009 R.G.N. 1632/2007;
udita la relazione della causa svolta

nella pubblica

udienza del 27/01/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI
CAVALLARO;
udito l’Avvocato STUMPO VINCENZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

o

FATTO
Con sentenza depositata il 7.4.2009, la Corte d’appello di Bari rigettava
l’appello proposto da Vito Antonio Bombino avverso la statuizione di
prime cure che, sul presupposto che l’INPS avesse dato prova di un
adempimento del credito da lui vantato anteriore alla proposizione della

Tribunale di Foggia per il pagamento delle differenze dovute per il
ricalcolo dell’indennità di disoccupazione agricola.
La Corte in particolare riteneva che, a fronte del pagamento eccepito
dall’Istituto in sede di opposizione, era onere dell’assicurato – previa
costituzione nel giudizio di opposizione – controdedurre in ordine al
mancato pagamento del credito e che, essendo invece egli rimasto
contumace, le questioni di fatto prospettate al riguardo in grado di
appello dovevano considerarsi tardive.
Per la cassazione di questa pronuncia ricorre l’assicurato affidandosi a
cinque motivi. L’INPS resiste con controricorso, illustrato da memoria.
DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorrente denunzia la violazione delle disposizioni
in materia di prova documentale di cui agli artt. 2699 ss. c.c. per avere
la Corte territoriale ritenuto che la copia dell’attestazione telematica di
avvenuto pagamento prodotta dall’INPS in fase di opposizione
costituisse documento con efficacia probatoria.
Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa
applicazione degli artt. 2697 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto
che la copia dell’attestazione telematica di avvenuto pagamento dianzi
menzionata integrasse prova del fatto estintivo dell’obbligazione.
Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione degli artt.
1176, 1182 e 1188 c.c. per avere la Corte territoriale sostenuto che
l’autorizzazione telematica dell’emissione di un assegno costituisse
esatto adempimento dell’obbligazione pecuniaria portata nel decreto
ingiuntivo.
Con il quarto motivo, il ricorrente deduce omessa motivazione in ordine
a fatti controversi e decisivi, consistenti: a) nella dichiarazione con cui,
nel verbale di causa del giudizio di primo grado, il procuratore dell’INPS
aveva dato atto che il pagamento del credito era avvenuto dopo la
notifica dell’opposizione;

b) nell’inferiorità dell’importo della somma

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domanda giudiziale, aveva revocato il decreto ingiuntivo concessogli dal

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,’– indicata nell’attestazione telematica di pagamento rispetto a quella
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oggetto dell’ingiunzione; c) nell’inidoneità dell’attestazione a fornire
prova del pagamento nei confronti dei terzi.
Da ultimo, con il quinto motivo, il ricorrente denuncia omessa
motivazione in relazione a fatti controversi e decisivi per non avere la

procedimento monitorio.
,Tutti i motivi sono inammissibili.
Quanto alle censure di violazione di legge di cui ai primi tre motivi, è
opportuno ricordare che, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte di legittimità, il vizio in questione consiste in un’erronea
ricognizione della norma recata da una disposizione di legge da parte del
provvedimento impugnato, riconducibile o ad un’erronea interpretazione
della medesima ovvero nell’erronea sussunzione del fatto così come
accertato entro di essa, e non va confuso con l’allegazione di un’erronea
ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa,
che è esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica
valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di
legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr. fra le più
recenti Cass. nn. 15499 del 2004, 18782 del 2005, 5076 e 22348 del
2007, 7394 del 2010, 8315 del 2013).
Ciò posto, è agevole rilevare che tutte le censure formulate da parte
ricorrente nei primi tre motivi di ricorso incorrono precisamente nella
confusione dianzi chiarita, dal momento che, pur essendo formulate con
riferimento a presunte violazioni o false applicazioni delle norme indicate
in ciascun motivo, hanno in realtà di mira il giudizio (di fatto) compiuto
dalla Corte territoriale in ordine all’efficacia probatoria dell’attestazione
telematica di pagamento prodotta dall’INPS nel giudizio di primo grado.
E poiché l’erronea sussunzione del vizio nell’una o nell’altra fattispecie di
cui all’art. 360 c.p.c. costituisce causa di inammissibilità del motivo di
ricorso tutte le volte in cui, indipendentemente dalla corretta
individuazione della norma di riferimento, la censura non sia
debitamente formulata in relazione al tenore della pronuncia caducatoria
richiesta (cfr. in tal senso Cass. S.U. n. 17931 del 2013), i motivi
anzidetti vanno ritenuti inammissibili.

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Corte di merito confermato il diritto alle spese liquidate nel

Parimenti inammissibili sono le censure di difetto di motivazione, con le
quali peraltro parte ricorrente ripropone le medesime questioni circa il
giudizio (di fatto) compiuto dalla Corte territoriale in ordine all’efficacia
probatoria dell’attestazione telematica di pagamento prodotta dall’INPS
nel giudizio di primo grado e un’ulteriore questione concernente le spese

merito ha in realtà totalmente omesso di pronunciarsi sulle doglianze di
parte ricorrente, ed essendo costante insegnamento di questa Corte di
legittimità il principio secondo cui l’omessa pronuncia su una domanda o
un’eccezione della parte integra un difetto di attività del giudice di
secondo grado che dev’essere fatta con la specifica deduzione dell’error
in procedendo di violazione dell’art. 112 c.p.c., dal momento che le

censure di violazione di legge o di vizio di motivazione presuppongono
che il giudice del merito abbia esaminato la doglianza e l’abbia risolta in
modo giuridicamente non corretto o senza motivare l’accertamento in
fatto compiuto (cfr. Cass. nn. 11844 e 24856 del 2006, 1196 e 12952
del 2007), i motivi di ricorso vanno ritenuti inammissibili, giacché
qualora il ricorrente intenda dolersi dell’omessa pronuncia in ordine ad
una delle domande o eccezioni proposte, occorre pur sempre che il
motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante
dalla relativa omissione, dovendosi invece dichiarare inammissibile il
gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o
insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (cfr.
ancora Cass. S.U. n. 17931 del 2013, cit.).
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Essendo il giudizio
iniziato nella vigenza del testo dell’art. 152 att. c.p.c. anteriore alla
modifica disposta dall’art. 42, comma 11, d.l. n. 269/2003 (conv. con I.
n. 326/2003), non v’ha luogo a pronuncia sulle spese.
Adltui ibamw%, ss,1

La Cortei

P. Q. M.

il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27.1.2016.

della fase monitoria: è sufficiente al riguardo rilevare che la Corte di

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