Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8241 del 07/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 07/04/2010), n.8241

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CUTAIA ALBERTO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA U.S.L./(OMISSIS) DI (OMISSIS), in persona del

legale

rappresentante pro tempore, domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato IACONO MANNO GIOVANNI, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 372/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 10/04/2006 r.g.n. 953/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/01/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito l’Avvocato MANNO IACONO GIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Agrigento, su richiesta di V.A., medico del Servizio sanitario nazionale con rapporto di convenzionamento della branca di medicina fiscale nell’ambito della medicina dei servizi, intimava con decreto ingiuntivo alla AUSL n. (OMISSIS) di (OMISSIS) il pagamento della somma di Euro 855,25 oltre accessori, richiesta a titolo di indennità per l’uso del mezzo proprio in occasione di visite fiscali disposte su richiesta di enti pubblici.

L’opposizione proposta dalla AUSL era rigettata dal Tribunale.

Proposto appello, la Corte d’appello di Palermo, con sentenza depositata il 10.4.2006, accoglieva il gravame e revocava il d.i..

Osservava la Corte territoriale che giustamente l’Azienda convenuta aveva liquidato il corrispettivo fissato dall’invocato provvedimento del Ministro del lavoro limitatamente alle visite effettuate su richiesta di privati, i quali avevano versato il previsto corrispettivo, perchè il D.P.R. n. 270 del 2000, art. 14 (con cui era stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale), nulla innovando rispetto al corrispondente articolo del D.P.R. n. 484 del 1996, prevedeva, nel quadro dei vari compensi previsti a favore dei medici convenzionati, anche che “per le visite fiscali a carico del datore di lavoro richiedente al medico che effettua la visita spettano per gli spostamenti i corrispettivi indicati dal Ministero del Lavoro da porsi a carico del datore di lavoro e ricevuti dall’Azienda, semprechè il mezzo di trasporto sia fornito dal medico stesso”. Lo stesso compenso non poteva essere erogato per gli accertamenti medico legali richiesti dalla pubblica amministrazione, perchè il citato art. 14, lo subordina alla duplice condizione della incidenza del corrispondente onere a carico del datore di lavoro richiedente e della ricezione del correlativo importo da parte dell’Azienda, mentre i datori di lavoro pubblici non sono tenuti a versare alcun compenso per tale attività.

Nè poteva attribuirsi valore interpretativo e quindi retroattivo all’accordo regionale decentrato reso esecutivo con D.A. 19.5.2003, il quale prevede che l’espressione datore di lavoro contenuta nel D.P.R. n. 270 del 2000, art. 14, lett. e), è riferibile al datore di lavoro sia pubblico che privato. Al riguardo doveva richiamarsi il principio di cui alla L. n. 833 del 1978, art. 48, dell’uniformità a livello nazionale del trattamento del personale del SSN a rapporto convenzionale e la circostanza che una fonte negoziale non ha potere interpretativo rispetto a testo di un diverso autore. Nè la funzione integrativa della contrattazione regionale poteva spingersi fino a stravolgere la portata normativa della contrattazione nazionale.

Il V. ricorre per cassazione sulla base di sette motivi.

L’Azienda U.S.L. n. (OMISSIS) resiste con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con cui chiede anche un riesame della regolazione delle spese dei gradi di merito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 1362 c.c., del D.P.R. n. 484 del 1996, art. 14 del D.P.R. n. 270 del 2000, art. 14, nonchè della circolare emessa da organi della Sanità Regionale.

Si osserva che nessun rilievo può avere la natura pubblica o privata del datore di lavoro richiedente la visita di controllo, ciò che troverebbe conferma anche nella circolare assessoriale n. 441/88. Si rileva altresì che l’Accordo regionale decentrato reso esecutivo con decreto 19 maggio 2003 dell’Assessore della Sanità per la Regione Sicilia prevede che l’espressione “datore di lavoro” contenuta nel D.P.R. n. 270 del 2000, art. 14, lett. e), è riferibile sia al datore di lavoro pubblico che al datore di lavoro privato e si è così fornita un’interpretazione autentica con efficacia retroattiva.

Inoltre l’interpretazione sostenuta è sorretta dal criterio di interpretazione dei contratti della ricerca della comune intenzione delle parti, in riferimento alla particolare natura del rapporto.

Col secondo motivo si denuncia la violazione, sotto un diverso profilo, delle fonti di cui al precedente motivo.

Si osserva che la previsione circa l’erogazione dei compensi entro la fine del mese successivo a quello di competenza dimostra che gli stessi vanno erogati indipendentemente dalla circostanza che il datore di lavoro richiedente abbia compensato o meno l’Azienda.

Tali primi due motivi devono essere dichiarati inammissibili perchè non recano il conclusivo quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. n. 40 del 2006, applicabile ratione temporis.

Con i motivi da tre a sei si denuncia il vizio di motivazione sotto vari profili attinenti all’interpretazione della contrattualistica vigente in materia.

Si ritiene che le relative censure non meritino accoglimento, con il conforto di analoghe statuizioni di questa Corte con riferimento a fattispecie analoghe (cfr. Cass. n. 16741/2006 e, di recente, n. 5313/2009).

Il terzo il quarto e il quinto motivo lamentano omessa motivazione su circostanze rispetto a cui il ricorso è carente rispetto al requisito cd. dell’autosufficienza, in quanto manca l’indicazione specifica delle risultanze probatorie inerenti a tali circostanze.

Peraltro, la asserita stipulazione, a carico della Azienda sanitaria, della polizza Kasco (terzo motivo) non è adeguatamente rilevante, essendo ininfluente che la Azienda ben conoscesse l’uso del proprio mezzo da parte del sanitario. E’ anche irrilevante la circostanza che l’azienda nel passato avesse corrisposto la richiesta indennità per alcune visite richieste da enti pubblici (quarto motivo), in quanto il riconoscimento di una pretesa in sede giudiziale è subordinata esclusivamente alla sussistenza di una disposizione normativa o negoziale che riconosca il relativo diritto. Circa la deduzione che una pubblica amministrazione aveva pagato l’Azienda convenuta per le visite fiscali effettuate (quinto motivo) è assorbente il difetto di autosufficienza al riguardo del ricorso.

Neanche può prendersi in esame nel merito la censura con cui si assume che i decreti ingiuntivi che la Corte di Palermo ha revocato sarebbero comprensivi anche delle visite fiscali effettuate su richiesta di datori di lavoro privati (sesto motivo), non risultando dalla sentenza impugnata che la relativa questione sia stata sottoposta al giudice d’appello.

Il settimo motivo, infine, propone un’altra doglianza in sè non decisiva, deducendosi l’inconferenza di un richiamo giurisprudenziale contenuto nella sentenza impugnata.

Conclusivamente il ricorso va rigettato.

E’ appena il caso di rilevare l’inammissibilità della richiesta, formulata solo con la memoria illustrativa, di un riesame della regolazione delle spese del giudizio compiuta dalla sentenza di appello.

Le spese del presente giudizio vengono regolate sulla base del criterio legale della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio in Euro oltre Euro mille per onorari, oltre spese generali, IVA e CPA secondo legge.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2010

 

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