Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8240 del 26/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8240 Anno 2016
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: CAVALLARO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 6936-2010 proposto da:
ALI.SIR.

S.R.L.

C.F.

01051340399,

in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata ‘n ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,
presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONINI,
rappresentata
2016

e

difesa

dall’avvocato

FRANCESCO

ANDRONICO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

334
contro

I.N.P.S.
SOCIALE,

ISTITUTO
C.E.

NAZIONALE

80078750587,

in

DELLA
persona

PREVIDENZA
del

suo

Data pubblicazione: 26/04/2016

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.1. S.P.A.
Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F.
05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA
CESARE RECCARIA

29,

presso l’Avvocatura Centrale

ANTONINO SGROI, LEI110 MARITATO, LUIGI CALIULO, giusta
delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

MONTEPASCHI SE.RI.T. S.P.A.;
– intimata-

avverso la sentenza n. 79/2009 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 10/03/2009 r.g.n. 1011/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

26/01/2016

dal Consigliere Dott. LUIGI

CAVALLARC;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto.

dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

FATTO
Con sentenza depositata il 10.3.2009, la Corte d’appello di Catania, in
parziale riforma della statuizione di prime cure, riduceva all’ammontare
di C 16.907,84 l’importo del debito della s.r.l. ALLSIR. nei confronti
dell’INPS per gli sgravi indebitamente conguagliati richiestile con cartella

gravame.
Per la cassazione di questa pronuncia ricorre la s.r.l. ALI.SIR. affidandosi
a sei motivi illustrati con memoria. L’INPS resiste con controricorso. La
società concessionaria dei servizi di riscossione, già contumace nel
processo d’appello, è rimasta intimata.
DIRITTO
Con il primo motivo, la società ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione dell’art. 10, comma 3 0 , I. n. 56/1987, e dell’art. 8, comma
9, I. n. 407/1990, per avere la Corte di merito ritenuto che il lavoratore
Umberto Aiello, avendo prestato attività lavorativa per 42 giorni nei 24
mesi precedenti l’assunzione, non potesse più considerarsi disoccupato
di lunga durata ai fini della concessione del beneficio degli sgravi
contributivi.
Con il terzo motivo, la ricorrente si duole della violazione dell’art. 3, I. n.
448/1998, per avere la Corte di merito ritenuto che la concessione dello
sgravio di cui alla norma cit. per il lavoratore Michele Amenta
presupponesse la prova che questi si trovasse precedentemente
disoccupato.
Con il secondo ed il quarto motivo, la ricorrente lamenta violazione
dell’art. 2697 c.c. e dell’ad. 437, comma 2°, c.p.c., per avere la Corte
territoriale ritenuto che incombesse su di essa ricorrente l’onere della
prova degli ulteriori requisiti per l’accesso agli sgravi sui contributi
dovuti per il lavoratori dianzi menzionati, nonostante che l’INPS non ne
avesse in primo grado contestato espressamente la mancanza.
Con il quinto motivo, la società ricorrente deduce insufficiente
motivazione circa un punto decisivo della controversia per avere la Corte
di merito ritenuto non provata la pregressa qualità di borsista della
lavoratrice Gaetana Brancato.
Da ultimo, con il sesto motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa
applicazione dell’art. 437, comma

3

2°, c.p.c. e dell’art. 116, I. n.

esattoriale notificatale in data 20.1.2002, rigettando nel resto il

388/2000, per avere la Corte territoriale ritenuto la novità e
conseguente inammissibilità della censura relativa alla quantificazione
delle sanzioni civili calcolate sulle somme dovute per contributi.
Tutti i motivi sono inammissibili.
Quanto alle censure di violazione di legge, questa Corte ha chiarito che,

idonei ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, è necessario,
con riferimento al ricorso per violazione dell’art. 360, n. 3, c.p.c., che
siano enunciati gli errori di diritto in cui sarebbe incorsa la sentenza
impugnata, richiamando le relative argomentazioni (Cass. n. 3519 del
2008), non potendo all’uopo ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di
diritto possa implicitamente desumersi con compiutezza dal motivo di
ricorso, dal momento che una siffatta interpretazione si risolverebbe
nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366-bis c.p.c., che ha
all’opposto circoscritto la pronunzia del giudice di legittimità nei limiti di
un accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass.
S.U. n. 23732 del 2007).
Nel caso di specie, viceversa, il ricorrente, a conclusione del primo, del
secondo, del terzo, del quarto e del sesto motivo, ha rispettivamente
formulato quesiti di diritto del seguente testuale tenore: “Viola l’art. 10,
I. n. 56/1987, il giudice di merito che ritiene inapplicabile la norma, in
presenza dei requisiti richiesti di legge, ove la stessa sia invocata dal
datore di lavoro (anziché dal dipendente)?”; “Viola gli artt. 2697 c.c. e
437, comma 2, c.p.c. il giudice di merito che, in assenza di puntuale
contestazione da parte dell’ente in primo grado, richieda la prova
dell’esistenza di tutte le condizioni per poter accedere al beneficio di cui
alla legge n. 407/1990?”; “Viola l’art. 3, I. n. 448/1998, il giudice di
merito che richiede, per l’applicazione dell’art. 3, 1. n. 448/1998,
l’esistenza del requisito del pregresso stato di disoccupazione?”; ” Viola
gli artt. 2697 c.c. e 437, comma 2, c.p.c. il giudice di merito che, in
assenza di puntuale contestazione da parte dell’ente in primo grado,
richieda la prova dell’esistenza di tutte le condizioni per poter accedere
al beneficio di cui alla legge n. 448/1998?”; “Viola gli artt. 437 comma 2
c.p.c. e 116, commi 8-18, I. n. 388/2000, il giudice di merito che ritenga
inammissibile, in quanto formulata per la prima volta in appello, la
questione della quantificazione delle sanzioni civili?”.

4

affinché il quesito di diritto di cui all’art. 366-bis c.p.c. abbia i requisiti

Come si vede, manca nei quesiti un qualunque richiamo alle
argomentazioni a sostegno della decisione patrocinata da parte
ricorrente, per modo che deve escludersi che essi possano costituire come invece devono – quella sintesi logico-giuridica della questione tale
da consentire al giudice di legittimità di enunciare una

regula iuris

quello deciso dalla sentenza impugnata (Cass. S.U. n. 26020 del 2008).
Parimenti inammissibili sono le censure di cui al, quinto motivo.
Premesso al riguardo che la ricorrente si duole che la Corte di merito
abbia ritenuto sfornita di prova la pregressa qualità di borsista della
lavoratrice Gaetana Brancato, giudicando tardiva la documentazione
all’uopo presentata in sede di appello e insufficiente quella depositata in
primo grado, è sufficiente al riguardo rilevare che i documenti di cui
parte ricorrente lamenta la mancata o corretta valutazione (libro
presenze e contratto di assunzione) non risultano trascritti nel corpo del
ricorso, né ne è indicato riassuntivamente il contenuto, né è indicato
dove gli stessi sarebbero rinvenibili: e poiché il ricorrente che denunci il
difetto di motivazione sulla valutazione di un documento ha l’onere di
indicare specificamente il contenuto del documento trascurato o
erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo altresì, se
non alla sua trascrizione integrale, certamente all’indicazione del luogo
(fascicolo di ufficio o di parte) in cui esso è reperibile, anche tale censura
va ritenuta inammissibile, per violazione del principio di autosufficienza
del ricorso per cassazione siccome espresso dall’art. 366 n. 6 c.p.c. (v.
in tal senso Cass. n. 3026 del 2014).
Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile. Le spese del presente
giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente a
rifondere all’INPS le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in
C 100,00 per esborsi ed C 2.500,00 per compensi, oltre spese generali in
misura pari al 15%.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26.1.2016.

suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a

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