Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8236 del 07/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 07/04/2010, (ud. 10/12/2009, dep. 07/04/2010), n.8236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.G., M.T., D.M.,

S.M., T.A., I.L., D.

M.A., tutti elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato VACIRCA SERGIO,

rappresentati e difesi dall’avvocato FERRARO GIUSEPPE, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

ALITALIA LINEE AEREE ITALIANE S.P.A., in persona dei legali

rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA L.

G. FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato BOURSIER NIUTTA

CARLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato DE LUCA

TAMAJO RAFFAELE, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7405/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 14/02/2006 R.G.N. 517/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/12/2009 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito l’Avvocato BOURSIER NIUTTA CARLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La controversia concerne la richiesta di alcuni dipendenti dell’Alitalia s.p.a., con mansioni di Capo Cabina, di declaratoria del diritto all’inquadramento come assistenti di volo Capo Cabina Senior (CCS) a decorrere dall’aprile 1997 (o dalla diversa data stabilita anche in via equitativa) con condanna dell’Alitalia al pagamento delle differenze retributive e di L. 75.000.000 (o della diversa somma da liquidarsi in via equitativa) a titolo di risarcimento danni.

Per quanto qui interessa, i ricorrenti esponevano, in particolare, di essere tutti provenienti dalla società A.T.I. s.p.a., di avere già ottenuto il riconoscimento della qualifica di responsabili di Prima dal primo gennaio 1990, con il ricalcolo delle spettanze dal primo giugno 1993 e decorrenza del trattamento economico dal primo gennaio 1995, e di avere acquisito successivamente, in forza di un accordo, la qualifica di Capo Cabina Junior (CCJ).

Costituitosi il contraddittorio ed effettuata l’istruttoria, il giudice di primo grado dichiarava estinti i giudizi relativi ad alcuni ricorrenti, e dichiarava il diritto degli altri all’inquadramento come Capo Cabina Senior dal 30 aprile 1997, con relativo trattamento economico, e condannava l’Alitalia alle spese di lite.

Con sentenza n. 7405/05, depositata il 14 febbraio 2006, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva l’appello dell’Alitalia e respingeva le domande degli interessati, compensando le spese dei due gradi di giudizio.

2. La sentenza rilevava che la contrattazione collettiva prevedeva che il passaggio da CCJ a CCS fosse regolato da due criteri, e specificamente che il numero dei CCS non poteva eccedere il 3% del numero totale dei complementari di bordo con contratto di lavoro a tempo determinato, e che, nell’ambito di questo numero massimo accedessero alla qualifica superiore di CCS i CCJ con un minimo di anzianità di 5 anni nella qualifica di provenienza.

Riteneva, però, in sintesi, che nell’aprile del 1997 il numero dei CCS eccedesse il limite numerico del 3% dei complementari di bordo, e che perciò non sussistesse almeno uno dei requisiti richiesti dalla contrattazione collettiva.

3. Avverso la sentenza di appello, che non risulta notificata, alcuni degli interessati, gli attuali ricorrenti signori P. G., M.T., D.M., S. M., T.A., I.L. e de M. A. proponevano ricorso per Cassazione, con tre motivi di impugnazione, notificato, in termine, il 29 maggio 2006.

L’intimata Alitalia – Linee Aeree Italiane – s.p.a. resisteva con controricorso notificato il 7 luglio 2006.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione ed errata applicazione degli artt. 345 e 437 c.p.c., anche in relazione agli artt. 414 e 416 c.p.c. e l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Sostengono che la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza di primo grado in base ad argomenti proposti soltanto nel giudizio d’impugnazione senza tener conto delle preclusioni che si erano formate nel corso del procedimento. In primo grado l’Alitalia non aveva allegato nè la circostanza che il numero dei CCS fosse superiore 3% previsto dal CCNL, nè sostenuto in diritto che il superamento di quel limite escludeva l’applicabilità del criterio contrattuale dell’anzianità.

2. Nel secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione ed errata applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365 e 1369 c.c., in relazione ad alcuni accordi sindacali (quelli del 13 luglio 1994.

dell’11 aprile 1995, il verbale di intesa dell’11 novembre 1994, l’accordo del 3 agosto 1994 ed il verbale di intesa del 15 febbraio 1995), la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Criticano l’interpretazione effettuata dal giudice di merito dell’accordo sindacale sul passaggio di categoria da CCJ a CCS, e, in particolare la mancata esclusione – a differenza di quanto aveva fatto il giudice di primo grado – dal numero dei CCS presenti in azienda degli ex Assistenti Tecnici di Bordo (ATB).

Questi ultimi, invece, provenienti dall’A.T.I. con una qualifica che non esisteva presso l’Alitalia, erano stati inquadrati (secondo la qualifica rivestita) tra i CCJ o i CCS ai soli fini amministrativi, con mantenimento a questi soli fini dell’effettiva anzianità aziendale.

3. Nel terzo motivo i lavoratori deducono, infine, sotto un differente profilo, la violazione ed errata interpretazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365 e 1369 c.c., in relazione all’accordo sindacale del 13 luglio 1994, la violazione falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 e 2077 c.c., e l’omessa motivazione su di un punto decisivo della controversia. Criticano la motivazione per avere fatto derivare dalla esclusione degli ATB, e perciò dall’asserito superamento del limite contrattuale del 3%, le due ulteriori conseguenze dell’insussistenza di un diritto ad essere comunque preferiti nelle promozioni e dell’impossibilità di configurare un danno da perdita di chance.

Lamentano che nelle promozioni erano stati preferiti altri dipendenti che avevano una minore anzianità e sostengono che la scelta non poteva essere lasciata alla discrezionalità dell’azienda.

Quest’ultima avrebbe derogato ai criteri previsti nell’accordo effettuando promozioni a CCS anche quando era stato già superato il limite del 3%, e questo, incrementando il numero degli CCS, comportava, se si accoglieva l’interpretazione della Corte d’Appello, un ostacolo alla promozione dei dipendenti, che, come appunto i ricorrenti, avevano una maggiore anzianità, e perciò una elusione, da parte dell’azienda, delle previsioni dell’accordo contrattuale.

Da questo comportamento dell’azienda derivava necessariamente un danno per i ricorrenti.

4. Come si è anticipato, nel primo motivo di impugnazione i ricorrenti lamentano che la loro domanda sarebbe stata respinta sulla base di argomenti non dedotti tempestivamente, ma solamente nella memoria conclusiva del giudizio di primo grado.

Fanno riferimento al problema del computo, o, meno, dei dipendenti provenienti dalla società A.T.I., ove rivestivano la qualifica di ATB (Assistente Tecnico di Bordo) nella base di calcolo dei CCS (Capo Cabina Superiore) ai fini della determinazione dei posti a disposizione per le promozioni.

La censura è infondata.

La sentenza precisa, a pag. 2 della motivazione, che in primo grado, costituitosi il contraddittorio, la società convenuta, nel chiedere il rigetto della domanda avversaria, aveva evidenziato, tra l’altro, che il numero massimo dei CCS non poteva essere superiore al 3% dell’intera forza lavoro degli assistenti di volo a tempo indeterminato.

Non è esatto, perciò, che la questione non fosse stata dedotta.

In linea di diritto, inoltre, va sottolineato che anche nei procedimenti in materia di lavoro, ogni parte deve allegare tempestivamente, fin dal primo atto di difesa, le proprie richieste ed i fatti materiali posti a fondamento di esse, oppure a fondamento del rigetto delle richieste avversarie.

La parte non è tenuta, invece, a svolgere tutte le argomentazioni giuridiche poste a sostegno delle proprie tesi.

Queste argomentazioni possono essere sviluppate anche successivamente, e, in ogni caso, possono essere rilevate dal giudice anche di ufficio.

Quello del computo, o meno, di una certa categoria (nel caso specifico degli ex ATB) in base alla contrattazione collettiva costituiva appunto una argomentazione giuridica, suscettibile, come tale, di essere dedotta anche in un momento successivo alla prima difesa.

Era compito del giudice di merito provvedere alla sua interpretazione (così come ha fatto).

Nel caso di specie, è pacifico che il testo contrattuale collettivo cui si riferiva la contestazione era già prodotto, o che non era stato contestato.

5. Il secondo motivo non è fondato.

La Corte ha interpretato esattamente le clausole richiamate della contrattazione collettiva nel senso che i lavoratori complementari di bordo, ossia i Capi Cabina Seniores e gli ex Assistenti Tecnici di Bordo non potevano superare il tre per cento del personale, e questa interpretazione, oltre ad essere in sè plausibile, non contrasta con alcuna delle norme codicistiche di ermeneutica contrattuale invocate dai ricorrenti, i quali propongono la loro e diversa interpretazione senza persuasivamente denunziare alcuna specifica violazione di norma di diritto.

Dal rigetto del secondo motivo deriva l’inammissibilità del terzo, per difetto del suo stesso presupposto, ossia dell’illecito contrattuale.

6. Il ricorso perciò deve essere rigettato, siccome infondato.

Le spese, liquidate così come in dispositivo, seguono la motivazione a carico dei ricorrenti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese che liquida in Euro 13,00 oltre ad Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorari, oltre a spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2010

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