Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8231 del 22/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8231 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 27345-2014 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
TMS TECNO MEDICAL SERVIS SRL, in persona
dell’Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 48, presso lo studio dell’avvocato
FRANCESCO CORVASCE, rappresentata e difesa dall’avvocato
PIETRO SIRAGUSA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 22/04/2016

avverso la sentenza n. 1021/30/2014 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di PALERMO del 25/02/2014,
depositata il 27/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

udito l’Avvocato FRANCESCO CORVASCE, per delega
dell’Avvocato SIRAGUSA, difensore del controricorrente, che si
riporta ai motivi;
In fatto e in diritto
L’Agenzia delle entrate di Palermo emetteva a carico della T.M.S. Tecno
Medical Servis s.r.l. un processo verbale di constatazione in data 8.7.2009 e il
successivo 28 luglio notificava alla contribuente un avviso di accertamento
relativo al recupero di un credito d’imposta per incremento dell’occupazione
fruito ai sensi dell’art.7 1.n.388/2000.
La contribuente impugnava l’atto sostenendo, fra l’altro, il mancato rispetto del
termine dilatorio di cui all’art.12 c.7 1.n.2012. Successivamente, in data
15.12.2009, lo stesso Ufficio emetteva altro avviso di accertamento d identico
tenore, dando atto che tale atto sostituiva il precedente accertamento, notificato
senza il rispetto del termine dilatorio. La contribuente impugnava anche il
secondo avviso di accertamento sostenendo il mancato rispetto dell’art.12 c.7
1.n.212/2000, poiché l’Ufficio non aveva esaminato le contestazione mosse
rispetto alla pretesa fiscale esposte nel ricorso proposto innanzi alla CTP di
Palermo avverso il primo atto di accertamento.
Il giudice di primo grado annullava l’atto con sentenza confermata in appello
dalla CTR della Sicilia(sent.n.1021/30/14, depositata il 27.3.2014). Secondo la
CTR solo il preventivo esame delle difese esposte dal contribuente
impugnando il primo atto di accertamento avrebbe consentito di salvaguardare
il diritto al contraddittorio dovendo l’ufficio, per come correttamente ritenuto
dal giudice di primo grado, invitare il contribuente -anche a mezzo di un avviso
bonario- a valutare le proprie determinazioni prima dell’eventuale adozione di
un nuovo atto di accertamento.
L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico
motivo, al quale ha resistito la società intimata con controricorso.
La ricorrente deduce la violazione dell’art.12 c.7 I.n.212/2000. Ha errato la
CTR nell’assimilare l’obbligo dell’amministrazione di esaminare le
osservazioni e le richieste esposte dalla parte contribuente, posto che
quest’ultima non aveva fatto pervenire all’ufficio alcuna osservazione nel
termine dilatorio decorrente dal rilascio del pvc. Senza dire che la CTR aveva
ipotizzato, per consentire alla società di presentare richieste, modalità operative
a carico dell’ufficio- emissione di un avviso bonario- non previste dalla legge.
La parte intimata ha chiesto il rigetto del ricorso rilevandone l’infondatezza.
Ric. 2014 n. 27345 sez. MT – ud. 16-03-2016
-2-

CONTI;

Ric. 2014 n. 27345 sez. MT – ud. 16-03-2016
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Il ricorso è manifestamente fondato.
La cm ha annullato il secondo atto di accertamento emesso dall’Ufficio a
carico della parte contribuente dopo che alla stessa era stato comunicato il
processo verbale di constatazione senza che la stessa avesse, nel termine
dilatorio di sessanta giorni, comunicato alcuna osservazione. Ciò ha fatto
ritenendo che l’Ufficio, a conoscenza dei motivi di ricorso concernenti anche il
merito della pretesa fiscale proposto avverso un atto accertativo di identico
tenore notificato alla stessa parte senza il rispetto del termine dilatorio,
imponeva all’amministrazione di rispondere alle osservazioni esposte dal
contribuente, nel rispetto del principio del contraddittorio. Orbene, tale
statuizione, verso la quale si appunta nella sostanza la censura dell’Agenzia, è
erronea in diritto.
Ed invero, il fatto che il secondo avviso non replichi alle difese proposte in sede
di impugnativa giudiziale del primo avviso non può integrare un vizio di
forma sanzionato con la nullità dell’atto.
E’ senz’altro vero che l’art. 12 c. 7 1.n.212/2000 prescrive che
l’amministrazione deve “valutare” le osservazioni del contribuente. Ma quel che
assume portata dirimente rispetto alla questione controversa, senza che qui sia
dunque necessario esaminare il tema della nullità dell’atto che non esprime in
modo netto la posizione dell’ufficio sulle osservazioni della parte
contribuente(per cui v.Cass.n.2590212015, ancorchè resa con riferimento alla
disciplina in tema di studi di settore, non compiutamente sovrapponibile a
quella di cui qui si discute), è la circostanza che le osservazioni che la parte
contribuente assume non esaminate dall’Ufficio non sono state formulate
nell’ambito del procedimento amministrativo e, dunque, nell’ambito della c.d.
fase a contraddittorio endoprocedimentale, ma si sono esteriorizzate per la
prima volta all’interno del giudizio promosso dal contribuente contro l’atto
emesso in assenza del termine dilatorio. Tale evenienza non è affatto
secondaria, se appunto si considera che le doglianze formulate dalla parte
contribuente erano state indirizzate al giudice chiamato a verificare la
legittimità del primo avviso di accertamento. Questa Corte non ha mancato di
rilevare che Oret,—eocerre=tidencier-e ,elte il termine in oggetto è volto ad
assicurare un più efficace esercizio della potestà impositiva nel rispetto del
pieno contraddittorio procedimentale, avendo il contribuente possibilità di
“comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate
dagli uffici impositori”-cfr.Cass.n.25118/2014-.Pertanto, nessun onere poteva
dunque ritenersi esistente a carico dell’ufficio di ‘confutare’ le difese di merito
spiegate in ambito processuale dalla parte contribuente, non avendole la parte
indirizzate all’Ufficio nel termine dilatorio che la legge gli consentiva. La
circostanza che il contribuente abbia impugnato il primo atto ritenendo di non
dovere formulare alcuna osservazione all’interno del procedimento
amministrativo in ragione del ricorso proposto all’autorità giudiziaria non è in
grado di creare a carico dell’Ufficio, in assenza di una precisa disposizione di
legge, un onere di presa in esame delle osservazioni esposte in sede giudiziaria
e dunque, a cascata, l’invalidità dell’atto riemesso. Impregiudicata, ovviamente,
la portata intrinseca delle censure esposte dal contribuente in sede giudiziaria,
ossia la loro idoneità a convincere il giudice che la pretesa erariale fosse
infondata.

Ne consegue che la prospettata equiparazione alle osservazioni e alle richieste
del contribuente ai sensi dell’art.12 c.7 I.n.21212000 delle difese esposte in
ambito giudiziario dalla medesima parte non emerge in alcun modo dal quadro
normativo di riferimento nè può trovare conferma sul piano comunitario che
affida al legislatore interno l’individuazione delle modalità necessarie per
garantire il rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale (Corte
giust. 3 luglio 2014, C-129/13 e C-130113, Kamino International Logistic).
Regolamentazione che, fermo il paradigma di cui all’art.12 c.7 1.n.212/2000,
non contrasta nemmeno con i principi di effettività e di equivalenza ai quali il
legislatore interno deve prestare osservanza, soprattutto per il fatto che la
contribuente non ha inoltrato all’Ufficio alcuna osservazione in ambito
amministrativo nel termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio del pvc che
l’amministrazione ha fatto decorrere prima dell’adozione del secondo atto di
accertamento. Solo se la parte contribuente avesse provveduto a formulare in
via amministrativa nel detto termine le proprie doglianze si sarebbe dovuto e
potuto valutare la condotta dell’Ufficio rispetto ai canoni di buona fede e della
correttezza nell’ipotes in cui la stessa avesse omesso di esaminare tali
doglianze.
D’altra parte, parimenti erronea risulta l’affermazione del giudice di appello che
ha ipotizzato l’utilizzazione del meccanismo dell’invio di un avviso bonario a
cura dell’amministrazione al momento dell’adozione del secondo avviso di
accertamento in modo da consentire al contribuente la formulazione di difese e
osservazioni avverso il secondo atto, la stessa non trovando alcun pertinente
aggancio normativo.
Sulla base delle superiori considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi
della parte controricorrente, il ricorso va quindi accolto e la sentenza cassata
con rinvio ad altra sezione della CTR della Sicilia anche per la liquidazione
delle spese del giudizio di legittimità.
P . Q. M.
La Corte, visti gli artt.375 e 380 bis c.p.c.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sem ne della
CTR della Sicilia anche per la liquidazione delle spese del gii.dizio di
legittimità.
Così deciso il 16.3.2016 nella camera di consiglio della sesta sezione civile in

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