Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8230 del 30/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/03/2017, (ud. 09/02/2017, dep.30/03/2017),  n. 8230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29605-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

A.F.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

G.G. BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MEREU, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO ALLEGRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2041/29/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Lombardia, depositata il 14/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2017 dal Consigliere Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a tre motivi, nei confronti di Fernando Ippazio Albanese (che resiste con controricorso), avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Lombardia – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento emesso D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 relativo ad irpef ed altro per l’anno di imposta 2007 – aveva, in accoglimento dell’appello proposto dal contribuente e in riforma della sentenza di primo grado, annullato l’atto impositivo.

In particolare, il Giudice di appello riteneva che il contribuente avesse, tramite la produzione in grado di appello di documenti (denuncia di successione, fideiussione e depositi bancari e postali di vario importo), fornito la prova del contenuto degli atti notori prodotti in primo grado e ritenuti inidonei dalla C.T.P..

A seguito di proposta ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituali comunicazioni. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, con il quale si deduce la violazione di legge commessa dalla C.T.R. nell’avere ritenuto idoneo a costituire prova contraria l’atto notorio, è infondato laddove il Giudice di appello ha, al contrario motivato, la decisione rilevando che il contribuente aveva fornito dimostrazione, attraverso la produzione dei documenti, del contenuto dell’atto notorio.

2. Il secondo motivo di ricorso è, invece, manifestamente fondato.

2.1. Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, disciplina, fra l’altro, com’è noto, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. n. 413 del 1991, e il D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (comma 4), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (comma 5), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè quelle – di solito elevate – sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Resta salva, in ogni caso, ai sensi dell’art. 38 cit., comma 6 la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori: Cass. n. 5365 del 2014), o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013).

2.2. Con recente pronuncia poi, questa Corte (Cass. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass. n. 25104/2014) ha così chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38: “A norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6 l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entita di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate al fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perchè in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Ne la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente”.

2.3. La sentenza impugnata, nel ritenere rilevanti i documenti prodotti in giudizio senza valutare se dagli stessi emergesse non solo la disponibilità della provvista ma anche la durata di tale disponibilità, si è discostata dai superiori principi, onde, sul punto, appare meritevole di censura.

3. Il terzo motivo di ricorso – con il quale si denunzia di nullità la sentenza impugnata per la genericità ed apodittica motivazione – va rigettato. La C.T.R. ha sufficientemente esplicitato le ragioni in fatto ed in diritto che l’avevano condotta alla decisione.

4. In conclusione, quindi, in accoglimento del solo secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Giudice di merito il quale provvederà, adeguandosi ai superiori principi, al riesame e sulle spese di questo giudizio.

PQM

In accoglimento del solo secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2017

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