Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8230 del 07/04/2010

Cassazione civile sez. III, 07/04/2010, (ud. 01/03/2010, dep. 07/04/2010), n.8230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO

BUOZZI 109, presso lo studio dell’avvocato GAGLIARDO SALVATORE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROSSETTI EDOARDO con delega in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PANNA DI ANNA & PATRIZIA BENAZZO SS (OMISSIS) in persona dei soci

e legali rappresentanti B.A. e B.P.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 4, presso lo

studio dell’avvocato FEDERICI MARCO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROSBOCH ALESSANDRO con delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1906/2004 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Quarta Sezione Civile, emessa il 18/11/2004; depositata il

23/03/2005; R.G.N. 1010/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/03/2010 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato CLAUDIO COGGIATTI (per delega Avvocato MARCO

FEDERICI);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 18 settembre – 9 ottobre 2003 il Tribunale di Torino condannava la Panna Società semplice di B.A. e P. a pagare Euro 5.962,76 in favore di G.B. per canoni percepiti in eccedenza con riferimento all’immobile oggetto del contratto di locazione intercorso tra le parti.

Con sentenza in data 18 novembre 2004 – 23 marzo 2005 la Corte d’Appello di Torino accoglieva il gravame della società e, pertanto, rigettava la domanda della G..

La Corte territoriale osservava per quanto interessa: la L. n. 431 del 1998 (in particolare l’art. 13) non prevedeva che la mancata registrazione del contratto di locazione ne determinasse la nullità;

la forma scritta era sufficiente a rendere valido e vincolante il contratto di locazione (vedi legge citata, art. 7); non poteva, dunque, essere affermata l’invalidità della pattuizione scritta che prevedeva un canone maggiore di quello previsto dal contratto, per il solo fatto dell’omessa o tardiva registrazione, ove la pattuizione fosse espressione di un accordo simulatorio intervenuto tra le parti in sede di stipulazione del contratto, costituendone la controindicazione con l’indicazione del canone effettivamente voluto tra le parti.

Avverso la suddetta sentenza la G. ha proposto ricorso per Cassazione affidato ad unico, complesso motivo.

La Panna Società semplice di B.A. e B.P. ha resistito con controricorso.

La ricorrente ha presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione della L. n. 431 del 1998, art. 13, comma 1.

Premette che la norma indicata ha certamente lo scopo di evitare elusioni da parte del locatore delle norme imperative previste in materia di locazione e, in esito ad un’approfondita indagine diretta a scrutinare portata e finalità della norma, anche attraverso il coordinamento con le altre attinenti al tema, giunge alla conclusione che la registrazione del contratto costituisce requisito di esigibilità del credito pattuito e che la sua omissione rende nullo e invalido il contratto e non può essere sanata attraverso la registrazione successiva.

La tesi contrasta con l’orientamento già espresso da questa stessa sezione confronta (Cass. Sez. 3^, n. 16089 del 2003), secondo cui la L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 13, comma 1, nel prevedere la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato (e nel concedere in tal caso al conduttore, al secondo comma, l’azione di ripetizione), non si riferisce all’ipotesi della simulazione relativa del contratto di locazione rispetto alla misura del corrispettivo (nè a quella della simulata conclusione di un contratto di godimento a titolo gratuito dissimulante una locazione con corrispettivo), in tal senso deponendo una lettura costituzionalmente orientata della norma, giacchè, essendo valido il contratto di locazione scritto ma non registrato (non rilevando, nei rapporti tra le parti, la totale omissione dell’adempimento fiscale), non può sostenersi che essa abbia voluto sanzionare con la nullità la meno grave ipotesi della sottrazione all’imposizione fiscale di una parte soltanto del corrispettivo (quello eccedente il canone risultante dal contratto scritto e registrato) mediante una pattuizione scritta ma non registrata. La nullità prevista dal citato art. 13, comma 1, è volta piuttosto a colpire la pattuizione, nel corso di svolgimento del rapporto di locazione, di un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, la norma essendo espressione del principio della invariabilità, per tutto il tempo della durata del rapporto, del canone fissato nel contratto.

La Corte territoriale si è adeguata a questo orientamento spiegando che esso è stato sollecitato da ripetute pronunce della Corte Costituzionale.

La ricorrente, con la memoria, cita a sostegno della propria tesi l’ordinanza 5 dicembre 2007 n. 420 della Corte Costituzionale.

Occorre, al riguardo, rilevare che detta ordinanza è stata pronunciata nel giudizio avente ad oggetto la legittimità costituzionale (il relativo ricorso è stato poi dichiarato manifestamente infondato) della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria per il 2005), successiva ai fatti all’origine della controversia (il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado risale al 4 dicembre 2000) e che essa solo marginalmente – e in via meramente interpretativa – ha ritenuto la norma tributaria elevata al rango di norma imperativa, la cui violazione determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 c.c..

Queste considerazioni inducono la Corte a mantenere ben fermo il proprio orientamento, ribadito anche recentemente (e dopo la pubblicazione dell’ordinanza della Corte Costituzionale), secondo cui (Cass. Sez. 3^, n. 8148 del 2009), con riferimento ai contratti di locazione a scopo abitativo stipulati anteriormente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 346, (cd.

Legge Finanziaria 2005), deve escludersi la nullità di un accordo contemporaneo e ulteriore relativo alla determinazione di un canone locativo più elevato rispetto a quello risultante dal contratto scritto e registrato, atteso che la L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 13, comma 1, non si riferisce all’ipotesi della simulazione relativa del contratto di locazione rispetto alla misura del corrispettivo, quanto piuttosto alla pattuizione, nel corso dello svolgimento del rapporto di locazione, di un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, sotto la comminatoria della ripetizione delle somme versate.

La ricorrente ha anche lamentato vizio di motivazione, ma non ha addotto argomentazioni dimostrative e, del resto, la motivazione della sentenza impugnata è ampia, congrua e non presenta vizi logici.

Pertanto il ricorso va rigettato. L’obiettiva difficoltà delle questioni trattate consiglia di compensare le spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 aprile 2010

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