Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8228 del 22/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 8228 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA

Data pubblicazione: 22/04/2016

c=„1

sul ricorso 28669-2014 proposto da:
ATAC AZIENDA PER LA MOBILTITA’ DEL COMUNE DI
ROMA SPA, in persona dell’ Amministratore Delegato e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in RONLk, VIA
DEI ROGAZIONISTI 16, presso lo studio dell’avvocato SIMONA
FLANIMENT, che la rappresenta e difende giusto mandato speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente contro
LUCCHESINI CLAUDIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FLAVIA
BRUSCHI, giusto mandato a margine del presente controricorso;
– controricorrente –

CU•

avverso la sentenza n. 3591/2014 della CORTE D’APPELLO di
ROMA,del 10/04/2014, depositata il 29/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Sergio Vacirca, difensore del controricorrente che si

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 17
marzo 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente
relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” La Corte d’appello di Roma con sentenza del 29 maggio 2014,
confermava la decisione di primo grado di accoglimento della
domanda proposta da Lucchesini Claudio contro l’ATAC s.p.a., intesa
al riconoscimento del diritto al computo nella anzianità del servizio
prestato in base ad un contratto di formazione e lavoro poi
trasformato in contratto a tempo indeterminato alla sua scadenza, con
conseguente condanna della società alle differenze retributive.
La Corte di merito, per quello che in questa sede ancora rileva,
aderiva alla tesi interpretativa secondo cui la garanzia prevista dal D.L.
n. 726 del 30 ottobre 1984, art. 3, comma 5°, convertito in legge n. 863
del 19 dicembre 1984 è vincolante anche in relazione agli istituti
previsti non già dalla legge ma, come nel caso degli scatti di anzianità,
dalla contrattazione collettiva.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’ATAC s.p.a.
affidato a due motivi.
Il Lucchesini resiste con controricorso.
Con il primo motivo si deduce omesso esame di questioni decisive
per il giudizio oggetto di discussione tra le parti ( in relazione all’art.
360 n. 5 c.p.c.) per avere la Corte di Appello confermato la decisione
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riporta agli scritti.

di primo grado fondando il proprio convincimento solo su precedenti
giurisprudenziali di questa Corte — in particolare richiamando i principi
affermati, in relazione alla fattispecie all’esame, dalle Sezioni unite senza accennare al diverso orientamento espresso in altre decisioni di
legittimità e senza esaminare, nel concreto, i fatti ed i documenti

argomentazioni difensive.
Con il secondo mezzo viene denunciata violazione e falsa
applicazione del CCNL autoferrotranvieri dell’11.4.1995 e di quello del
27.11.2000 nonché degli artt. 1418 c.c. e 12 Disp. Prelim. c.c., 3 D.L.
n. 726/84 cit. e 3 e 39 Cost. ( in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.)
Si assume, richiamando alcune decisioni di questa Corte, che la norma
denunciata – allorché stabilisce che il periodo di formazione e lavoro,
in caso di trasformazione del rapporto in quello di lavoro a tempo
indeterminato, deve essere computato nell’anzianità di servizio – si
riferisce solo agli effetti ricollegati al decorso del tempo direttamente
dalla legge, ma non anche a quelli derivanti dalla contrattazione
collettiva, quali appunto gli scatti biennali di anzianità.
Entrambi i motivi sono infondati.
Riguardo al primo va rilevato che la Corte di Appello dopo aver
riportato l’orientamento prevalente di questa Corte in merito alla
questione oggetto della controversia ha evidenziato che lo stesso era
stato confermato dalle Sezioni unite ( con la sentenza n. 20074/2010
con la quale era stato composto il contrasto venutosi a creare
nell’ambito della sezione lavoro) ed ha deciso la causa in conformità ai
principi dettati nella predetta pronuncia precisando di condividerne le
argomentazioni anche in relazione alla ritenuta infondatezza dei rilievi
di incostituzionalità sollevati dalla società con riferimento all’art. 39
Cost..
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addotti e depositati dalla ricorrente a sostegno delle proprie

Trattasi di una motivazione che opportunamente si è limitata a
riportare il principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte in
ossequio alla funzione nomofilattica, di rilevanza costituzionale, della
medesima.
Del pari infondato è il secondo motivo.

sono pronunciate, così componendo il contrasto di giurisprudenza
sorto all’interno della Sezione lavoro, le Sezioni unite di questa Corte
con la sentenza 23 settembre 2010 n. 20074 (poi seguita dalla
successiva giurisprudenza, cfr. Cass. n. 10108 del 29 aprile 2013; Cass.
ord. n. 14229 del 28/06/2011 e da ultimo, in fattispecie simile, Cass.
n. 13496 del 13/06/2014).
È stato affermato che “Il principio contenuto nel D.L. n. 726 del
1984, art. 3 convenuto dalla L. n. 863 del 1984, art. 3 secondo il quale
in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in
rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a
tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi
dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di
formazione e lavoro deve essere computato nell’anzianità di servizio,
opera anche quando l’anzianità sia presa in considerazione da discipline
contrattuali ai fini dell’attribuzione di emolumenti che hanno
fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli
aumenti periodici di anzianità di cui all’art. 7, lett. C), dell’accordo
nazionale 11 aprile 1995, riprodotto nel successivo art. 7, lett. C,
dell’accordo nazionale 27 novembre 2000, per i dipendenti di aziende
di “trasporto in concessione”.
Con riferimento al profilato contrasto della norma in questione, così
come interpretata dalle Sezioni Unite, con i principi sull’autonomia e
libertà sindacale di cui agli artt. 3, 39 e 41 Cost., i quali
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Come già detto sulla questione, oggetto della presente controversia, si

comporterebbero l’intangibilità della competenza della contrattazione
collettiva nel determinare i livelli retributivi e il complessivo
trattamento economico dei lavoratori, a meno che non si ponga la
questione di una contrarietà della disciplina all’art. 36 Cost. e con il
principio di razionalità non potendo la posizione dei lavoratori assunti

indeterminato, questa Corte ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. n.
10108/2013 e Cass. n. 12229/2011 cit.) che non si è in presenza di una
immotivata o irrazionale interferenza del legislatore rispetto al potere
delle parti collettive di disciplinare l’entità e la struttura del trattamento
retributivo dei lavoratori, ma della determinazione da parte del
medesimo legislatore, per ragioni di interesse generale, delle modalità
di coordinamento con la disciplina ordinaria del rapporto di lavoro del
particolare istituto rappresentato dal contratto di formazione e lavoro,
prevedendosi un riequilibrio, a tutela del lavoratore assunto mediante
tale speciale tipo di contratto, di rilevanti aspetti di trattamento meno
favorevole rispetto alla disciplina generale con elementi di garanzia di
parità di trattamento rispetto agli altri lavoratori.
Non sussistono ragioni per non dare continuità a detto principio.
Il senso dell’operazione di riequilibrio non può essere certo messo
in discussione dal fatto che, con la trasformazione, la precarietà è stata
superata visto che, diversamente, si legittimerebbe un trattamento meno
favorevole pur in presenza di situazioni divenute “uguali” per scelta
legislativa.
Se pure, dunque, gli scatti di anzianità costituiscono un istituto
giuridico di fonte esclusivamente contrattuale collettiva, l’equiparazione
posta dalla legge (cioè periodo di formazione e lavoro uguale periodo di
lavoro ordinario), in quanto, come detto, formulata nella norma in
questione in termini generali ed assoluti non è derogabile dalla
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con CFL essere equiparata a quella dei lavoratori “provetti” a tempo

contrattazione collettiva, come si evince anche dalla mancanza di ogni
richiamo a salvezze derivanti da disposizioni pattizie di segno diverso.
Del resto, una volta ritenuta la suddetta natura imperativa ed
inderogabile, non si vede come la prevista regola del computo del
periodo di formazione nell’anzianità di servizio possa essere soddisfatta

conseguimento dei vantaggi riconosciuti alla generalità dei dipendenti in
finzione del decorso del tempo di prestazione del lavoro subordinato.
Per tutto quanto esposto, si propone il rigetto del ricorso con
ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c..”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Il Lucchesini ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. adesiva alle
conclusioni della riportata relazione che sono pienamente condivise
dal Collegio.
Pertanto, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza,
sono poste a carico della ricorrente e vengono liquidate come da
dispositivo con attribuzione in favore dell’avv. Sergio Vacirca per
dichiarato anticipo fattone.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art.
13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale
disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data
successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al
momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la
ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774
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da un accordo collettivo che ne escluda la valutazione ai fini del

del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo
del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24
dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al

per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del
presente giudizio liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 3.000,00
per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella
misura del 15°/0 con attribuzione all’avv. Sergio Vacirca.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, il 17 marzo 2016
Il Pre idente

fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa

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