Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8228 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. I, 11/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 11/04/2011), n.8228

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28557/2007 proposto da:

S.B. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 7 – int. 5, presso l’avvocato

TROVATO Concetta Maria Rita, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CALLEGARO SANDRO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PRESIDENZA SOCIALE I.N.P.S., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE Nicola, GIANNICO

GIUSEPPINA, RICCIO ALESSANDRO, giusta procura in calce al

controricorso;

F.C. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA NAZIONALE 204, presso l’avvocato BOZZA ALESSANDRO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FALDELLA PAOLO,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA FORENSE, UNICREDIT BANCA

S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 68/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 19/07/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/03/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato C. TROVATO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza non definitiva depositata il 22 giugno 2005 il Tribunale di Bologna pronunciava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto il (OMISSIS) da B. R. e S.B., disponendo con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio per la verifica della domanda relativa all’assegno di divorzio chiesto dalla S..

In data (OMISSIS) il B. contraeva matrimonio con F.C.. Il (OMISSIS) successivo il B. decedeva.

La S., con ricorso in data 24 febbraio 1996, conveniva in giudizio la F., nonchè gli enti erogatori degli emolumenti pensionistici maturati a favore del B., per la determinazione della quota a lei spettante del trattamento di reversibilità.

Costituendosi in giudizio la F. si opponeva alla domanda, l’INPS invece si rimetteva sostanzialmente alla decisione del Tribunale.

Con decisione, depositata in data 12 ottobre 2006, il Tribunale adito respingeva la domanda, sul rilievo che alla data del decesso del B. non era intervenuta alcuna decisione definitiva sulla spettanza dell’assegno di divorzio alla S..

Detta decisione veniva impugnata dalla S. dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna, deducendo che il Tribunale aveva erroneamente disatteso la circostanza che, pur essendo stata pronunciata sentenza non definitiva di divorzio, la controversia riguardava unicamente l’entità dell’assegno, ragion per cui, anche dopo l’emanazione della norma interpretativa contenuta nella L. n. 263 del 2005, art. 5 (secondo cui per “titolarità” dell’assegno deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dello stesso da parte del Tribunale ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5), ai fini del trattamento pensionistico di reversibilità il presupposto andrebbe individuato in una pronuncia positiva del giudice sul diritto all’assegno, e non anche sulla determinazione del quantum.

Con sentenza del 12 gennaio 2007 la Corte adita respingeva il gravame.

Avverso detta sentenza S.B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo illustrato con memoria.

F.C. e l’I.N.P.S. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), della L. 8 dicembre 2005, n. 263, art. 5.

Deduce la ricorrente che la corresponsione di erogazioni a titolo di assegno divorzile a favore della S. ed a carico del B. sarebbe stata comunque statuita da una pronuncia giudiziale, sia pure in forma di ordinanza emessa contestualmente alla sentenza non definitiva di divorzio, che avrebbe rimesso soltanto la determinazione del quantum all’esito della istruttoria.

Con detta ordinanza il Tribunale di Bologna avrebbe disposto la corresponsione alla ricorrente di un emolumento divorzile in misura provvisoriamente pari all’assegno di mantenimento determinato in sede di separazione.

La Corte d’Appello di Bologna, erroneamente interpretando il disposto della L. n. 263 del 2005, art. 5, avrebbe erroneamente ritenuto che detta ordinanza non possa assurgere al rango di quella “pronuncia giudiziale” necessaria, per effetto di detta legge, ai fini dell’attribuzione L. n. 898 del 1970, ex art. 9, comma 3, della pensione di riversibilità al coniuge divorziato.

Qualora la ordinanza in questione non si dovesse ritenere idoneo presupposto per l’attribuzione della pensione di riversibilità alla istante, la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 5, dovrebbe ritenersi in contrasto con gli articoli 2,3 e 38 della Costituzione, in quanto lesiva dei principi di solidarietà sociale e di uguaglianza sanciti dai citati artt. 2 e 3 e della previsione della garanzia costituzionale di mezzi adeguati alle esigenze di vita di cui al menzionato art. 38.

Al riguardo, pertanto, la ricorrente solleva la questione di legittimità costituzionale della L. n. 263 del 2005, art. 5, perchè in contrasto con le norme costituzionali sopra indicate.

Il ricorso è infondato.

La L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 13, in caso di morte dell’ex coniuge riconosce (commi 2 e 3) al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, se non passato a nuove nozze e che sia titolare dell’assegno di cui all’art. 5″ (assegno divorzile) il diritto alla pensione di riversibilità o ad una quota della stessa, se il coniuge defunto dopo lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio aveva contratto un nuovo matrimonio.

Della espressione “che sia titolare dell’assegno di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5, il legislatore, con la L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 5, ha fornito una interpretazione autentica, disponendo che “le disposizioni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 9, commi 2 e 3, e successive modificazioni, si interpretano nel senso che per titolarità dell’assegno ai sensi dell’art. 5 deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi del predetto art. 5 della citata L. n. 898 del 1970”.

Secondo tale disposizione di interpretazione autentica il diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità può essere riconosciuto soltanto se questo sia titolare di un assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto, atteso che la legge pone come condizione imprescindibile per il riconoscimento della pensione di reversibilità l’avvenuto riconoscimento da parte del tribunale dell’assegno divorzile.

Nel caso che ne occupa, come risulta dalla sentenza impugnata, il Tribunale di Bologna, con sentenza non definitiva, ha pronunciato la cessazione degli effetti del matrimonio concordatario tra il B. e la S., disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione del giudizio in ordine alla domanda relativa all’assegno divorzile chiesto dalla S.. Nel corso di questa ulteriore fase del giudizio il B. decedeva, prima che il Tribunale si pronunciasse su detta istanza.

Nel caso di specie, pertanto, non è mai intervenuto riconoscimento giudiziale dell’assegno di divorzio, dato che a seguito della morte del B. il giudice adito, come si afferma nel ricorso della S., ha dichiarato l’estinzione del giudizio.

Con la ordinanza summenzionata (circostanza pacifica, in quanto è riferita anche nel controricorso di F.C.) il Tribunale di Bologna ha confermato provvisoriamente l’obbligo del B. di versare alla S. un emolumento mensile, che quest’ultima ha indicato nell’importo di Euro 929,62 mensili, in attesa di stabilire all’esito della istruttoria il definitivo importo dell’assegno divorzile. Il giudizio, pertanto, secondo la ricorrente sarebbe proseguito non ai fini dell’accertamento dell’an, ma soltanto ai fini della determinazione del quantum.

Secondo la ricorrente tale provvisorio riconoscimento dell’assegno sarebbe sufficiente per riconoscere alla stessa una quota della pensione di reversibilità, atteso che altrimenti la disposizione della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 5, si porrebbe in contrasto con gli artt. 2,3 e 38 Cost..

La tesi non può essere condivisa.

La norma interpretativa di cui alla L. n. 263 del 2005, art. 5, con l’espressione “l’avvenuto riconoscimento dell’assegno ……da parte del Tribunale” si riferisce inequivocabilmente non ad una attribuzione di carattere provvisorio, ma ad un riconoscimento definitivo, vale a dire ad un riconoscimento intervenuto a seguito di una compiuta istruttoria e della valutazione dei criteri per la sua determinazione di cui alla L. n. 898 del 1990, comma 6, come modificata dalla L. n. 74 del 1987.

L’ordinanza con la quale è stato attribuito un emolumento mensile a carattere provvisorio ed è stata disposta la prosecuzione del giudizio per la determinazione dell’assegno non costituisce giudicato in ordine alla debenza dell’assegno e, quindi, non era di per sè preclusiva del rigetto della domanda dell’assegno divorzile, qualora la espletata istruttoria avesse portato il Tribunale a ritenere che non vi erano gli estremi per il suo riconoscimento.

Si consideri, inoltre, che la morte del B. ha determinato la interruzione del processo e se il giudice, come riferito dalla stessa ricorrente, ne ha decretato l’estinzione, ciò significa che lo stesso non è stato proseguito o riassunto, ai sensi dell’art. 305 cod. proc. civ., entro il termine perentorio di sei mesi.

L’art. 310 cod. proc. civ., dispone, altresì, che l’estinzione del processo, a meno che non si tratti di sentenze di merito pronunciate nel corso del processo o di pronunce che regolano la competenza, rende inefficaci gli atti compiuti.

Tra gli atti che l’estinzione del processo rende inefficaci rientra anche l’ordinanza summenzionata, per cui, anche per tale ragione, questa non può essere riconosciuta quale valido presupposto per il riconoscimento della pensione di reversibilità.

Nè può la ricorrente fondatamente sostenere che la mancata valorizzazione di detta ordinanza pone l’art. 5 summenzionato in contrasto con le norme costituzionali summenzionate, atteso che il mancato riconoscimento da parte del Tribunale dell’assegno divorzile è dipeso da un suo comportamento negligente. Nulla impediva alla S., anche dopo il decesso del B. di proseguire o riassumere tempestivamente il processo dinanzi al Tribunale di Bologna al fine di ottenere, qualora ne ricorressero i presupposti, il riconoscimento e la liquidazione dell’assegno di divorzio. Non può, pertanto, la predetta lamentare la violazione di norme costituzionale, quando la normativa sull’assegno di divorzio non le impediva di far valere, anche dopo la morte dell’ex coniuge, tale diritto.

Questa Suprema Corte di Cassazione ha affermato, principio che il collegio condivide, che la domanda di assegno, rappresentando solo un eventuale corollario di quella di divorzio, ove sia introdotta nello stesso processo, pur dipendendo dalla medesima in quanto ne presuppone l’accoglimento, può avere un suo autonomo svolgimento contenzioso e può formare oggetto esclusivo della materia del contendere quando non si discuta più del divorzio, ma solo dell’an o del quantum della relativa obbligazione. Ne consegue che la morte del coniuge, che sopravvenga quando già si è verificata la dissoluzione del vincolo, per essersi formato il giudicato sul relativo capo, non elide il diritto del coniuge all’accertamento determinativo della misura dell’assegno, di cui si stia ancora discutendo in causa, per il periodo dal passaggio in giudicato del capo della sentenza sul divorzio alla data della morte del coniuge obbligato e, pertanto, non determina la cessazione della materia del contendere (cfr. Cass. n. 6094 del 1982; cfr altresì Cass. n. 17041 del 2007).

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto. La complessità della questione dibattuta giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA