Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8225 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2021, (ud. 14/10/2020, dep. 24/03/2021), n.8225

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA F – rel. est. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3466/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– ricorrente –

contro

CLOSE UP s.r.l. (C.F.: (OMISSIS)), con sede in (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avv. Carlo Guglielmo Izzo, con domicilio eletto presso

l’indicato Avvocato, con studio in Roma in viale Carso n. 43;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per il

Lazio n. 152/22/2012, pronunciata il 23 marzo 2012 e depositata l’8

giugno 2012;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 14 ottobre 2020

dal Consigliere Fabio Antezza;

Lette le conclusioni scritte del P.M.” in persona del Sostituto

Procuratore Generale De Matteis Stanislao, che ha concluso per

l’accoglimento dei motivi di ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. l’Agenzia delle Entrate (“A.E.”) ricorre, con 2 motivi, per la cassazione della sentenza, indicata in epigrafe, di rigetto dell’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza n. 428/24/2010 emessa dalla CTP di Roma cha, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione di avviso di accertamento IVA, IRES, IRAP (n. (OMISSIS)), relativo all’esercizio 2004, emesso per il recupero a tassazione di costi indeducibili ed IVA indetraibile con riferimento a fatturazioni per operazioni inesistenti.

2. Per quanto ancora rileva nel presente giudizio, la CTR rigettò l’appello ritenendo che l’A.E. non avesse “sufficientemente dimostrato, sia in primo che in secondo grado, la falsità delle fatture”, a nulla rilevando, ai detti fini, che l’oggetto sociale della contribuente non contemplasse le attività di cui alle fatture oltre che l’assenza di contratti inerenti le stesse.

3. Contro la sentenza d’appello l’A.E. ricorre con due motivi mentre la contribuente si difende con controricorso (prospettando anche profili di inammissibilità del ricorso).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente occorre evidenziare l’infondatezza dell’eccepita inammissibilità del ricorso ex artt. 366 c.p.c. comma 1, in ragione tanto dell’idonea esposizione dei fatti di causa, tale da farli sufficientemente percepire a questa Corte ai fini del decidere, quanto in merito alla specificità (anche in termini di autosufficienza) per l’indicazione degli elementi in fatto e in diritto rilevanti.

2. I motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni inerenti i relativi oggetti.

2.1. Con il motivo n. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 40, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, nonchè dell’art. 2697 c.c.”. La ricorrente, in sostanza, prospetta l’errore di diritto della CTR nella considerazione dei presupposti legittimanti l’accertamento “analitico-induttivo” oltre che nell’applicazione dei principi governai il riparto dell’onere probatorio in caso di contestazione di fatturazioni per operazioni inesistenti. Sotto tale ultimo aspetto, in particolare, più che l’erronea applicazione dei detti principi inerenti il riparto dell’onere probatorio la ricorrente prospetta l’idoneità astratta della prova per presunzioni nella detta materia.

Con il motivo n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella sua formulazione, ratione temporis applicabile, antecedente alla sostituzione del 2012, si deduce insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, inerenti proprio l’inesistenza delle operazioni oggetto di fatturazione. In particolare, si prospetta il vizio motivazionale della sentenza in termini di mancata considerazione, congiunta, di plurime circostanze fattuali invero ritenute, dalla ricorrente, decisive ai fini della prova dell’inesistenza delle operazioni, oltre che l’insufficienza motivazionale circa l’apodittico rilievo per il quale, per la CTR, a nulla rileverebbe, ai detti fini, che l’oggetto sociale della contribuente non contemplasse le attività di cui alle fatture oltre che l’assenza di contratti inerenti le stesse.

2.2. Il motivo n. 1 non merita accoglimento in quanto inammissibile.

Esso, difatti, non coglie la ratio decidendi che invece fonda solo sul mancato assolvimento dell’onere probatorio circa l’inesistenza delle operazioni, ritenuto gravante in capo all’A.E., e non sull’esclusione della sussistenza dei presupporti dell’eseguito accertamento nè sull’assunta ritenuta inoperatività, nella detta materia, della prova per presunzioni (per il detto profilo di inammissibilità inerente la ratio decidendi si vedano, ex plurimis, tra le più recenti: Cass. Sez. U, 15/09/2020, n. 19169, Rv. 658633-01, in motivazione; Cass. sez. 6-3, 15/10/2019, n. 26052, in motivazione; Cass. sez. 3, 15/10/2019, n. 25933, in motivazione, entrambe nel senso della considerazione della relativa censura alla stregua di un “non motivo”, inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 4; Cass. sez. 3, 11/12/2018, n. 31946, in motivazione; Cass. sez. 5, 07/11/2018, n. 28398 e Cass. n. 28391; Cass. sez. 1, 10/04/2018, n. 8755; Cass. sez. 6-5, 07/09/2017, n. 20910, Rv. 645744-01, per la quale la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio; Cass. sez. 4, 22/11/2010, n. 23635, Rv. 615017-01).

2.3. Il motivo n. 2, per converso, è fondato.

La CTR, difatti, ritiene non “sufficientemente dimostrato, sia in primo che in secondo grado, la falsità delle fatture”, cioè, in sostanza, l’inesistenza delle operazioni sottostanti, a nulla rilevando, ai detti fini, sempre per la Commissione, che l’oggetto sociale della contribuente non contemplasse le attività di cui alle fatture oltre che l’assenza di contratti inerenti le stesse.

Il Giudice di merito, quindi, immotivatamente, in termini perlomeno insufficienti se non addirittura apodittici, esclude che qualsivoglia rilievo probatorio emerga dalle indicate circostanze, sostanzialmente ritenute quindi provate, oltre che dagli altri elementi fattuali di cui agli atti, con i quali, dunque, non si confronta, tra cui:

l’oggetto sociale della contribuente; i pagamenti tramite cessioni di vetture; lo svolgimento di servizi da parte di altro soggetto; fatture emesse da società prive di consistenza aziendale e possibilità operativa.

3. In conclusione, in accoglimento del solo motivo n. 2 del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale per il Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche alle spese relative al presente grado di giudizio.

P.Q.M.

accoglie il solo motivo n. 2 di ricorso, rigettando il motivo n. 1, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Commissione tributaria regionale per il Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolarizzazione delle spese-del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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