Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8223 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/03/2019, (ud. 12/02/2019, dep. 22/03/2019), n.8223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10161/2015 proposto da:

E.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,

presso lo studio dell’Avvocato GIUSEPPE CRISCUOLO, rappresentato e

difeso dagli Avvocati GIOVANNI DELLA CORTE e PASQUALE GUADAGNI in

virtù di delega in atti;

– ricorrente –

contro

COOPERATIVA LA PRIMAVERA III, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA

22, presso lo studio dell’Avvocato PIETRO SCIUBBA, che la

rappresenta e difende in virtù di delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8939/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/12/2014 R.G.N. 4011/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2019 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per accoglimento del primo motivo,

assorbito il resto;

udito l’Avvocato PASQUALE GUADAGNI;

udito l’Avvocato PIETRO SCIUBBA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza depositata il 24.12.2014 la Corte di appello di Napoli ha confermato la pronuncia n. 33400 del 2011, emessa dal Tribunale della stessa città, con cui era stata respinta la domanda proposta da E.C. nei confronti della Cooperativa “La Primavera III” diretta ad ottenere, previa declaratoria di illegittimità del licenziamento commisurato in data 19.11.2008 per assenze ingiustificate dal luogo di lavoro, la reintegrazione in servizio con ogni conseguenza risarcitoria ex art. 18 Statuto dei lavoratori.

2. A fondamento della decisione, per quello che interessa in questa sede, la Corte di merito ha rilevato che, nella fattispecie, doveva escludersi che la società avesse posto in essere il licenziamento nei confronti dello E. dovendosi, invece, ritenere che l’estinzione del rapporto di lavoro era stata determinata dalla delibera di esclusione da soci, non essendo stata impugnata nei termini decadenziali di legge, impediva di indagare il merito della vicenda estintiva sotto il profilo del licenziamento.

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione E.C. affidato a quattro motivi.

4. La Cooperativa “La Primavera III” ha resistito con controricorso, illustrato con memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia il mancato esame della domanda di accertamento della natura fittizia della qualifica di socio e di ammissione dei mezzi istruttori (prove testimoniali) ritualmente proposte sin dal primo atto difensivo nonchè la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 4. Si sostiene che la Corte d merito aveva omesso di pronunciarsi sulla principale domanda proposta da esso ricorrente, attinente alla natura del vincolo sussistente tra le parti, che se correttamente inquadrata esclusivamente come rapporto di lavoro di natura subordinata avrebbe escluso l’operatività della decadenza ex art. 2533 c.c..

2. Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione alla L. n. 142 del 2001, art. 2 – come modificato dalla L. n. 30 del 2003 – della L.n. 604 del 1966, art. 5, in tema di onere della prova, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè la Corte di appello, affermando che la questione nel caso concreto andasse risolta utilizzando la disciplina societaria, aveva erroneamente posto a carico del lavoratore l’onere di dimostrare la sussistenza del rapporto societario e, conseguentemente, la legittimità della delibera espulsiva.

3. Con il terzo motivo E.C. deduce la violazione di legge, con riferimento all’art. 2533 c.c., e all’art. 2964 c.c. e ss., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente ritenuta conosciuta dal lavoratore la delibera di esclusione quando, invece, questa non era stata comunicata e l’effetto percepito dal lavoratore dal lavoratore medesimo era stato unicamente quello concretizzatosi in data 19.11.2008, allorquando non gli era stato consentito l’accesso al posto di lavoro, cui era seguita il 26.11.2008 la impugnativa stragiudiziale del licenziamento.

4. Con il quarto motivo si eccepisce la violazione di legge, con riferimento agli artt. 1175 e 1375 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere omesso di valutare la Corte di appello la questione, riproposta in sede di gravame, in ordine alla illegittimità dell’atto di recesso perchè intimato in palese violazione dei principi di buona fede e correttezza.

5. Il primo motivo è fondato.

6. Giova precisare che costituisce vizio di omessa pronuncia l’omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda o su un’eccezione di parte o su un’istanza che richieda una statuizione di accoglimento o di rigetto, tale da dare luogo all’inesistenza di una decisione sul punto per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto (Cass. 23.2.1995 n. 2085; Cass. 23.3.2017 n. 7472).

7. Ciò premesso, in primo grado E.C. ha specificamente formulato la domanda diretta all’accertamento della natura fittizia della qualifica di socio che lo legava alla società. Ha anche articolato prova per testimoni specificando i relativi capitoli istruttori.

8. A fronte della decisione di primo grado, che non aveva valutato tale aspetto perchè aveva ritenuto che il lavoratore fosse decaduto dal diritto di proporre impugnazione ex art. 2533 c.c., veniva proposto apposito motivo di gravame con il quale si ribadiva la natura fittizia della qualifica di socio e si chiedeva nuovamente l’ammissione della prova testimoniale.

9. Su tale specifico punto, non vi è stata pronuncia da parte dei giudici di merito nè può ritenersi che ricorrano gli estremi di una reiezione implicita della pretesa o della deduzione difensiva ovvero di un loro assorbimento in altre declaratorie atteso che la domanda mirava ad una riqualificazione del rapporto che avrebbe determinato la rivisitazione di tutte le istanze reintegratorie e risarcitorie nonchè la irrilevanza di una impugnazione della delibera di esclusione.

10. Al riguardo va anche richiamato il recente orientamento delle sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass. 20.11.2017 n. 27436) secondo il quale, in tema di estinzione del rapporto del socio lavoratore di cooperativa, ove per le medesime ragioni afferenti al rapporto lavorativo siano stati contestualmente emanati la delibera di esclusione ed il licenziamento, l’omessa impugnativa della delibera non preclude la tutela risarcitoria contemplata dalla L. n. 604 del 1966, art. 8, mentre esclude quella restitutoria della qualità di lavoratore, sicchè non è neanche condivisibile l’assunto della Corte territoriale nella parte in cui è stato affermato che la perdita della qualità di socio e il suo mancato ripristino attraverso un apposito giudizio di impugnativa della delibera comporti inevitabilmente l’estinzione del connesso rapporto di lavoro, così come risulti impossibile indagare il merito di quest’ultima vicenda estintiva.

11. Alla stregua di quanto esposto, il primo motivo deve essere accolto, assorbiti gli altri, con cassazione della gravata sentenza in relazione al detto motivo e rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame della fattispecie tenendo conto dei principi e dei rilievi sull’omessa pronuncia di cui sopra e provvederà altresì alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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