Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8223 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. I, 11/04/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 11/04/2011), n.8223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA S.P.A. (c.f. (OMISSIS)), in

persona del procuratore speciale pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 6, presso l’avvocato ALESSI

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA GAMMATOUR S.R.L. IN LIQUIDAZIONE – N. (OMISSIS),

in

persona del Curatore Rag. C.A., elettivamente

domiciliato in ROMA, V.LE ANGELICO 12, presso l’avvocato MARVASI

TOMMASO, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2996/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato P. ACQUARELLI, per delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato T. MARVASI che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI NICOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Fallimento della Gamma Tour s.r.l. in liquidazione agiva in giudizio L. Fall., ex art. 67, comma 2, nei confronti della Banca Nazionale dell’Agricoltura (BNA) s.p.a, chiedendo la condanna della convenuta alla restituzione della somma di L. 441.714.006, oltre interessi e rivalutazione, per pagamenti eseguiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, avvenuta il (OMISSIS), e precisamente nel periodo (OMISSIS).

Nelle more del giudizio, interveniva la fusione per incorporazione della BNA nella Banca Antoniana Popolare Veneta soc. coop. a r.l., il giudizio veniva interrotto e riassunto dal Fallimento; si costituiva la Banca Antoniana, richiamando le precedenti difese. La causa veniva istruita documentalmente, veniva disposta ed espletata CTU contabile.

Il Tribunale accoglieva la domanda attrice, per la somma capitale e gli interessi.

Interponeva appello la Banca; il Fallimento si costituiva, chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte d’appello, con sentenza depositata il 4/7/2005, ha accolto in parte l’impugnazione, e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha determinato le rimesse revocabili nel minore importo di Euro 207.467,96, condannando la Banca al pagamento di detta somma, confermando nel resto la sentenza impugnata. La (Corte territoriale ha in primis rilevato che il Tribunale aveva ritenuto di dovere fare riferimento solo al fido di L. 100 milioni, relativo all’apertura di credito sul c/c ordinario n. (OMISSIS), con esclusione sia del “castelletto” assegni s.b.f. sino a L. 40.000.000, sia del credito di sportello, in favore di Alpi Tour Italia spa, sino a L. 10.000.000, da cui la revoca delle rimesse “per la parte relativa alle differenze tra lo scoperto ed il limite di fido di L. 100.000.000”; aveva considerato la natura solutoria delle operazioni bilanciate, come tali revocabili, non essendo stato provato l’accordo specifico con il correntista per realizzare una momentanea disponibilità sul c/c con il fine specifico di pagare assegni rilasciati in favore di terzi;

aveva concluso per la conoscenza da parte della Banca dello stato di insolvenza della Gamma Tour s.r.l., visto l’andamento negativo del c/c della stessa, e la levata di protesto nel giugno 1994 di ben dodici assegni emessi dalla società.

Avuto riguardo ai tre motivi di impugnazione avanzati dalla Banca, la Corte territoriale, ferma la consapevolezza da parte della Banca dello stato di insolvenza della Gamma Tour, che non poteva essere sfuggita al direttore dell’agenzia BNA, ove era aperto il conto, costantemente ed a lungo in passivo, con conseguente inevitabilità dei successivi protesti degli assegni per mancanza di fondi, ha ritenuto in parte condivisibile la doglianza relativa al cumulo dei fidi, aderendo ai rilievi del CTU, di cui alle pag. 11-12 della relazione, concludendo nel senso che nel caso vi era stato un innalzamento del fido, sostanzialmente promiscuo, passato da L. 100.000.000 a L. 140.000.000, una volta che fossero stati presentati all’incasso assegni per importo uguale o superiore a L. 40.000.000.

Quanto alle operazioni bilanciate, la corte territoriale non ha ritenuto persuasive le argomentazioni della banca, e quindi ha concluso per la carenza della prova dello specifico accordo tra Banca e cliente.

Propone ricorso per cassazione la Banca sulla base di tre motivi;

resiste con controricorso il Fallimento.

La Banca ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., nella quale, oltre ad illustrare alcuni punti significativi del ricorso, ha rinunciato al primo motivo fatto valere, inteso a far valere il carattere interpretativo, quindi applicabile anche nel caso, della nuova disciplina della revocatoria delle rimesse bancarie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Il primo motivo, con il quale la Banca deduce l’inammissibilità dell’azione revocatoria L. Fall., ex art. 67, comma 3, lett. b), come modificato dal D.L. n. 35 del 2005, convertito con modificazioni, nella L. n. 80 del 2005, ed in subordine, L. Fall., ex art. 70, comma 3, è stato rinunciato dalla Banca.

1.2.- Con il secondo motivo, la Banca deduce violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 2, art. 115 c.p.c. e art. 2727 c.c., omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su punto decisivo (scientia decoctionis), sostenendo l’erroneità della pronuncia impugnata nel riferimento al conto “passivo” anzichè “scoperto”, ovvero con saldo negativo superiore al fido accordato, ed agli sconfinamenti, in contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza di merito, che ritiene il regolare andamento del conto, anche se caratterizzato da sconfinamenti rispetto al fido, come indizio di mancata conoscenza dello stato di insolvenza; nè la sentenza spiega perchè il conto passivo (o meglio scoperto), sia indizio di decozione: se così fosse, continua la ricorrente, si verrebbe a determinare l’illegittima inversione dell’onere della prova, facendo gravare sul convenuto in revocatoria la prova della non conoscenza dello stato di insolvenza, in quanto le rimesse affluite sul conto corrente scoperto possono avere carattere solutorio, ma non per questo sono anche prova della conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell’istituto affidante.

Inoltre, continua la Banca ricorrente, non vi è alcuna prova dell’esistenza di assegni tratti sul c/c e protestati, i protesti indicati nella visura prodotta dalla controparte sono relativi a titoli cambiari o assegni tratti e protestati su altre banche,e quindi non conosciuti nè conoscibili dalla Banca, atteso il considerevole lasso temporale tra la levata e la pubblicazione dei protesti all’epoca dei fatti. Tanto premesso, si deve rilevare la sostanziale infondatezza del motivo, per le argomentazioni di seguito indicate.

La Corte territoriale ha esaminato in concreto gli elementi offerti dalla curatela, tenendo conto dei principi enunciati da questa corte in materia, secondo cui il cattivo andamento del conto è elemento valutabile, da solo o con altri, non come di per sè idoneo a fondare la presunzione semplice della conoscenza dello stato di insolvenza, ma come elemento valutabile con prudente apprezzamento di merito dal giudice, validamente concorrente, con gli altri dati che siano muniti dei caratteri richiesti dall’art. 2729 c.c. alla formazione del convincimento del giudice (in tal senso, vedi la sentenza 18201/2003).

Nella specie, il costante saldo negativo del conto e gli sconfinamenti sono stati valutati nel complesso, unitamente alla levata dei protesti, di titolo cambiari ed assegni; a riguardo, si deve rilevare che è pur vero che la Corte territoriale ha in parte motiva confuso le circostanze in fatto, ritenendo gli assegni protestati tratti sul c/c di cui si tratta, ma tale dato non intacca la valenza di base della circostanza della levata dei protesti di ben dodici assegni nel giugno 1994, già valorizzata dal Tribunale, come tale integrante elemento rilevante in via indiziaria agli effetti della prova presuntiva del requisito soggettivo, così da escludere la necessità della prova dell’effettiva conoscenza da parte della banca dello stato di insolvenza, alla luce del numero dei protesti, della loro collocazione temporale e della qualità del soggetto banca, professionalmente qualificato (vedi la pronuncia 391/2010).

Nè in tal modo si perviene ad un’ inammissibile inversione dell’onere probatorio, ritenendo che il dato oggettivo delle rimesse revocabili su conto scoperto valga ad integrare il requisito soggettivo della scientia decoctionis, attesa la valutazione degli elementi indiziari nei limiti sopra indicati.

3.- Con il terzo motivo, la Banca deduce violazione e falsa applicazione degli art. 2727 c.c. e L. Fall., art. 67, comma, 2, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia (partite bilanciate).

La ricorrente sostiene che la corte territoriale ha erroneamente applicato l’art. 2727 c.c. sussistendo nel caso il fatto noto- contestualità tra versamenti della società ed utilizzo lo stesso giorno per il pagamento di assegni bancari o per effettuare bonifici- da cui trarre il fatto ignoto- accordo per creare la disponibilità necessaria per i pagamenti; la motivazione è inoltre contraddittoria, per avere i giudici del merito ritenuto non provato l’accordo per la disponibilità immediata delle somme accreditate sul conto, sulla base della concessione del castelletto per gli assegni s.b.f., a valere non quale autonoma linea di fido, ma quale incremento di elasticità concessa dalla Banca al cliente nei limiti degli assegni effettivamente presentati, quando proprio l’incremento di elasticità sul conto significa avere la disponibilità immediata di somme portate da assegni bancari; infine, la corte del merito ha falsamente applicato la L. Fall., art. 67, comma 2, seguendo formalisticamente e meccanicamente i principi dettati dal S.C. sulla necessità di esistenza di uno specifico accordo per dare la disponibilità immediata degli assegni bancari di terzi, senza valutare che è proprio il castelletto assegni s.b.f. a costituire l’accordo,sia pure generale e preventivo, concordato tra le parti per una indeterminata serie di operazioni entro un predeterminato limite, nel caso di L. 40.000.000, che consente di conferire immediata disponibilità alle somme annotate a credito, senza attendere il materiale incasso.

Sul punto, va in primis richiamata la giurisprudenza di questa corte che, al fine di escludere la revocabilità delle rimesse affluite su conto scoperto, in quanto dipendenti da operazioni bilanciate, richiede il necessario venir meno della funzione solutoria delle stesse, in virtù di accordi intercorsi tra il solvens e l’accipiens, che le abbiano destinate a costituire la prova di coeve e prossime operazioni di prelievo o di pagamenti mirati in favore di terzi, in modo tale da escludere che la banca abbia beneficiato dell’operazione sia prima, all’atto della rimessa, sia dopo, all’atto del suo impiego (Cass. 15782/2010, Cass. 6190/2008).

Orbene, anche a tacere dalla non adeguata coerenza del motivo, laddove prospetta dapprima la sola contestualità logico-temporale tra accrediti ed addebiti, per poi valorizzare a tale fine la concessione del castelletto per gli assegni s.b.f., va rilevato che la Corte territoriale ha negato la valenza presuntiva della pretesa consequenzialità logico – temporale tra accrediti ed addebiti e ha negato che costituisse prova dell’accordo la concessione del castelletto per gli assegni s.b.f.,già ritenuto come una sorta di ampliamento del fido.

La corte territoriale quindi, nella valutazione di fatto propria, come tale incensurabile in sede di legittimità, ha escluso in radice la prova dell’accordo, negando valenza indiziaria alla mera consequenzialità temporale tra le operazioni di accredito ed addebito, e rilevando la diversa funzione della concessione del castelletto di sconto per gli assegni s.b.f., senza incorrere nè in mancata o errata valutazione di indizi nè in contraddittorietà della motivazione.

4.- Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere al Fallimento le spese di lite del presente giudizio, che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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