Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8222 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/03/2021, (ud. 18/02/2021, dep. 24/03/2021), n.8222

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15761/2019 R.G. proposto da:

R.A., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giuseppe Maria

Nicolosi e Tommaso Tartoni, con domicilio eletto in Roma,

Circonvallazione Nomentana, n. 162, presso lo studio dell’Avv. Fabio

Foci;

– ricorrente –

contro

Consorzio Odontotecnici delle Province Toscane Soc. Coop.,

rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Lencioni;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze, n. 537/2019,

depositata il 7 marzo 2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 febbraio

2021 dal Consigliere Emilio Iannello.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

1. La Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da R.A. avverso la sentenza del Tribunale di Prato (che ne aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo nei suoi confronti emesso su ricorso della C.O.P.T. Soc. Coop.), per tardiva notifica telematica dell’atto di impugnazione in quanto l’accettazione della posta elettronica certificata era avvenuta oltre le ore 21 dell’ultimo giorno utile per proporre l’impugnazione di merito, e precisamente alle 23.00 del (OMISSIS) (essendo stata la pronuncia di primo grado notificata, ai fini del decorso del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., in data (OMISSIS) e ricadendo di domenica il 300 giorno successivo).

2. Avverso tale decisione R.A. ricorre per cassazione, con unico mezzo, lamentando, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 147 c.p.c., e del D.L. n. 179 del 2012, art. 16-septies, convertito con modificazioni dalla L. n. 221 del 2012.

Vi resiste la C.O.P.T. Soc. Coop. a r.l. depositando controricorso.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente rilevata la tardività della memoria del ricorrente, la quale dunque non può essere presa in esame, in quanto pervenuta in cancelleria in data 15 febbraio 2021, al di là del termine di cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza.

2. E’ pregiudiziale – in quanto attinente alla procedibilità del ricorso – il rilievo del mancato deposito, da parte del ricorrente, unitamente a copia autentica della sentenza impugnata, della relata della notificazione, in violazione dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2.

2.1. Che la sentenza sia stata notificata (in data 8/3/2019) lo afferma non solo il controricorrente ma lo stesso ricorrente, nell’incipit del ricorso, a pagina 1.

L’assunto secondo cui si sarebbe trattato in realtà di notifica invalida e inidonea a far decorrere il termine breve (perchè effettuata presso il domicilio digitale del difensore della parte in grado di appello anzichè in cancelleria, ove – si dice – era stato eletto il domicilio per le comunicazioni e le notificazioni) non può essere preso in considerazione per almeno due assorbenti ragioni:

– anzitutto perchè svolto per la prima volta nella menzionata memoria che, però, come s’è detto, non può essere presa in considerazione essendo stata tardivamente depositata al di là del termine di cinque giorni prima dell’adunanza fissata dall’art. 380-bis c.p.c., comma 2: nel ricorso (giova ulteriormente rimarcare) di tale vizio della notifica della sentenza non si fa alcuna menzione ma anzi la notifica stessa viene data per eseguita;

– in secondo luogo perchè, ad impedire la verifica circa la fondatezza di quanto dedotto, è proprio il mancato deposito, unitamente alla copia autentica sentenza, nel termine previsto, della relata di notifica.

E’ appena il caso di soggiungere che la tesi è comunque infondata, dovendosi ritenere che, a seguito dell’introduzione del c.d. domicilio digitale (corrispondente all’indirizzo di posta elettronica certificata che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, secondo le previsioni di cui al D.L. n. 179 del 2012, art. 16-sexies, convertito con modificazioni dalla L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, convertito con modificazioni dalla L. n. 114 del 2014), questo sia divenuto il luogo (virtuale) prevalente, rispetto ad ogni altra forma di domiciliazione prevista dalla legge, ove indirizzare la notifica degli atti al difensore (fermo il caso in cui la notifica presso il domicilio digitale non sia stata in concreto possibile a causa dell’inaccessibilità dell’indirizzo di posta elettronica per causa imputabile al destinatario), a meno che l’interessato non abbia dichiarato espressamente di voler eleggere domicilio, oltrechè presso il suo recapito digitale, anche presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario di fronte al quale penda la lite, nel quale caso (esaminato dal precedente di Cass. n. 1982 del 29/01/2020), la notificazione eseguita in tal modo può solo affiancarsi, quale valida alternativa, alla notifica presso il domicilio digitale, ma non certo ad esso sostituirsi al punto da renderla inidonea a far decorrere il termine breve per impugnare.

2.2. Questo Collegio ha proceduto alla verifica degli atti presenti nel fascicolo d’ufficio e in quelli sia del ricorrente che del controricorrente e vi ha rinvenuto solo, per l’appunto, la copia della sentenza impugnata estratta dal fascicolo informatico con attestazione di conformità al corrispondente documento informatico apposta in calce dall’avvocato, ma non anche alcuna relata della notifica.

2.3. Ancora in punto di fatto va rimarcato che la notifica del ricorso è stata effettuata in data (OMISSIS), oltre 60 giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza (7 marzo 2019).

3. In tale contesto va dichiarata l’improcedibilità del ricorso per le ragioni qui di seguito esposte.

3.1. Secondo il tradizionale e consolidato orientamento di questa Corte, “la previsione – di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, – dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui alla stessa norma, comma 1, della copia della decisione impugnata con la relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro, da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve. Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso per cassazione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una copia con la relata avvenuta nel rispetto dell’art. 372 c.p.c., comma 2, applicabile estensivamente, purchè entro il termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1, e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in ipotesi la tempestività dell’impugnazione” (Cass. Sez. U. n. 9005 del 16/04/2009; conff., ex multis, Cass. n. 11376 del 11/05/2010; Cass. n. 25070 del 10/12/2010; Cass. n. 1443 del 27/01/2015).

3.2. Con successiva sentenza le Sezioni Unite hanno temperato la portata del predetto principio, osservando che: “deve escludersi la possibilità di applicazione della sanzione della improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, al ricorso contro una sentenza notificata di cui il ricorrente non abbia depositato, unitamente al ricorso, la relata di notifica, ove quest’ultima risulti comunque nella disponibilità del giudice perchè prodotta dalla parte controricorrente ovvero acquisita mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo di ufficio” (Cass. Sez. U. n. 10648 del 02/05/2017).

3.3. E’ stato peraltro ulteriormente precisato che, in mancanza del fascicolo di ufficio di cui pure risulti chiesta l’acquisizione, deve comunque dichiararsi l’improcedibilità, posto che l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, prevede tale sanzione per l’omesso deposito in parola ad opera della parte, senza che possano dilatarsi irragionevolmente i tempi processuali per una carenza comunque imputabile alla stessa, e anche atteso che non è previsto, al di fuori di ipotesi eccezionali, qui non dedotte, che nel fascicolo d’ufficio debba inserirsi copia della relata di notifica, trattandosi di attività che non avviene su iniziativa dell’ufficio e che interviene in un momento successivo alla definizione del giudizio (Cass. 31/05/2018, n. 13751; Cass. 15/09/2017, n. 21386).

3.4. Alla luce di tali interventi l’orientamento in questione può così essere riassunto:

a) l’art. 369 c.p.c., non consente di distinguere tra deposito della sentenza impugnata e deposito della relazione di notificazione, con la conseguenza che anche la mancanza di uno solo dei due documenti determina l’improcedibilità del ricorso;

b) l’improcedibilità può essere evitata se il deposito del documento mancante avviene in un momento successivo, purchè entro il termine di venti giorni dalla notifica del ricorso per cassazione;

c) l’improcedibilità non può invece essere evitata allorquando il deposito avvenga oltre detto termine, in quanto consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c., vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale;

d) la sanzione della improcedibilità non è applicabile quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perchè prodotto dalla controparte o perchè presente nel fascicolo d’ufficio acquisito su istanza della parte (senza che, però, ove tale fascicolo manchi, ancorchè richiesto, se ne debba attendere l’acquisizione);

e) l’improcedibilità non sussiste quando il ricorso per cassazione risulta notificato prima della scadenza dei sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza e quindi nel rispetto del termine breve per l’impugnazione, perchè in tal caso perde rilievo la data della notifica del provvedimento impugnato (Cass. n. 17066 del 10/07/2013).

3.5. Tale indirizzo non è messo in discussione, anzi è confermato, da due successive pronunce delle Sezioni Unite, l’una in materia di ricorso per cassazione notificato a mezzo posta elettronica certificata (p.e.c.) e depositato in copia analogica non autenticata dal difensore di parte ricorrente (Cass. Sez. U. n. 22438 del 24/09/2018) e l’altra in materia di notifica della sentenza impugnata in formato digitale e deposito della copia notificata da parte del ricorrente senza attestazione di conformità all’originale (Cass. Sez. U. n. 8312 del 25/03/2019).

Invero, dette sentenze hanno chiaramente ribadito la validità del tradizionale orientamento della S.C., operando unicamente un temperamento della rigorosità dello stesso nel caso di ricorso o di sentenza impugnata notificati a mezzo p.e.c..

In tali ipotesi, infatti, le Sezioni Unite hanno attribuito rilievo alla mancata contestazione di controparte, giustificando tale scelta in ragione del fatto che il controricorrente: a) è il destinatario della notificazione dell’unico originale formato digitalmente (atto notificato come documento informatico nativo digitale), sicchè è perfettamente in grado di verificare la conformità del ricorso depositato a quello in suo possesso.; b) è il soggetto che ha effettuato la notifica in forma digitale della sentenza impugnata, sicchè è perfettamente in grado di verificare l’effettività della data di notificazione della sentenza impugnata depositata in copia non autentica.

3.6. In entrambi i casi, ciò che viene sanato dalla non contestazione della parte controricorrente è la mancata attestazione di conformità del ricorso o della sentenza impugnata depositati dal ricorrente; e ciò rispetto ad atti che risultano in ogni caso depositati in giudizio, sebbene privi dell’attestazione di conformità, e che la parte controricorrente ha ricevuto in originale (ricorso) o ha provveduto a notificare telematicamente (sentenza impugnata).

3.7. L’orientamento tradizionale mantiene, invece, la propria validità con riferimento alle forme di notifica non telematiche.

4. Con specifico riferimento al caso di specie, pertanto, la Corte andava posta nelle condizioni di determinare ex actis – e, dunque, attraverso il deposito di copia autentica della sentenza impugnata munita della relata di notificazione – la data di effettiva notifica della menzionata sentenza, onde autonomamente verificare la tempestività dell’impugnazione.

5. Dall’esame del fascicolo di causa, come detto (v. supra p. 3.2), si evince che il ricorrente non ha depositato, nel termine previsto dalla legge (venti giorni dalla notificazione del ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 1), e, peraltro, nemmeno dopo, la copia della sentenza impugnata munita della relata di notifica.

Inoltre, il ricorso è stato consegnato all’agente postale per la notifica a mezzo posta solo in data 7 maggio 2019, sicchè a quella data era già decorso il termine breve di impugnazione: sessanta giorni dalla data di deposito della sentenza impugnata, avvenuto il 7 marzo 2019.

5.1. A tale ultimo riguardo varrà rilevare che non può assumere rilievo la circostanza che in detta data la sentenza sia stata decisa e letta in udienza, ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., “in assenza delle parti” (come attestato a verbale).

Secondo pacifico indirizzo, invero, in tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudice abbia ordinato, ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., la discussione orale della causa ed abbia quindi pronunciato sentenza a conclusione della stessa, dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, il termine “lungo” per proporre l’impugnazione, ex art. 327 c.p.c., decorre dalla data della pronuncia, che equivale, unitamente alla sottoscrizione del relativo verbale da parte del giudice, alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall’art. 133 c.p.c., con esonero, quindi, della cancelleria dalla comunicazione della sentenza ex art. 176 c.p.c. (v. ex multis Cass. n. 11176 del 29/05/2015; Cass. n. 17311 del 31/08/2015; Cass. n. 22519 del 24/09/2018).

Non contrasta con tale indirizzo il precedente di Cass. n. 1415 del 22/01/2021 (nè quelli da questo richiamati) il quale ha affermato, in motivazione, che “requisito essenziale della sentenza ex art. 281 sexies c.p.c., è che sia data lettura alla presenza delle parti (Cassazione civile sez. III, 23/03/2016, n. 5689); qualora ciò non avvenga il termine per impugnazione decorre dalla comunicazione alle parti del deposito in cancelleria (Cassazione civile sez. III, 12/02/2015, n. 2736; Cass. civ., sez. I, 23 giugno 2008 n. 17028)”.

Da quel precedente, invero, e tanto meno da quelli ivi richiamati, non si ricava affatto un principio che individui la “presenza” delle parti alla lettura della sentenza come requisito indispensabile perchè la lettura stessa possa segnare il momento della pubblicazione (e dunque il dies a quo per il decorso del termine lungo per impugnare), l’accento essendo posto piuttosto sulla necessità che della sentenza sia data lettura in udienza (in quel caso era infatti avvenuto che il giudice, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, aveva emesso provvedimento del quale non aveva dato lettura in udienza, provvedendo piuttosto, e soltanto, al suo deposito in cancelleria con mandato di darne comunicazione alle parti).

In ogni caso la norma è chiara nel ricondurre l’effetto della pubblicazione della sentenza a due soli adempimenti: a) la lettura in udienza del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni della decisione; b) la sottoscrizione da parte del giudice del verbale; adempimenti entrambi, nella specie, attestati dal verbale in atti.

L’effetto non è invece subordinato alla presenza delle parti in udienza, al momento della lettura, e del resto sarebbe illogico tanto prevedere ove si consideri che: a) non è previsto nè sarebbe concepibile un obbligo per le parti di essere presenti in udienza nè, ove presenti, di rimanervi in attesa della lettura della sentenza; b) per converso contrasterebbe con lo scopo e la ratio dell’istituto subordinarne il pieno funzionamento a tale circostanza fattuale non governabile dal giudice.

6. In conclusione deve essere dunque dichiarata l’improcedibilità del ricorso per cassazione, non dovendo, pertanto, darsi seguito all’esame del motivo proposto.

7. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

PQM

dichiara improcedibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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