Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8221 del 27/04/2020

Cassazione civile sez. I, 27/04/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 27/04/2020), n.8221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18845/2014 proposto da:

G.V., Ge.Va., elettivamente domiciliate in

Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 229, presso lo studio

dell’avvocato Ferrari Elena, che li rappresenta e difende unitamente

agli avvocati Guardamagna Agostino, Guardamagna Maria Laura, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Ceca Italiana S.r.l., in persona del Direttore generale e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

F. Paulucci Dè Calboli n. 60, presso lo studio dell’avvocato

Violante Vittorio, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Roncelli Paolo, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

A.F., B.E., Gr.Pi.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1829/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 19/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/02/2020 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Carte d’appello di Milano con sentenza del 19 maggio 2014 ha respinto le impugnazioni, principale ed incidentale, avverso lodo arbitrale pronunciato con riguardo alla compravendita di quote sociali della Winkelmann Mineraria s.r.l., conclusa il 24 novembre 2008.

Il lodo definitivo, reso il 29 marzo 2012, era stato impugnato in via principale dai venditori Ge.Va., Gr.Pi. e A.F. ed, in via incidentale, da G.V. ed B.E..

Avverso la sentenza è proposto ricorso per cassazione da G.V. e Va., sulla base di un unico motivo, illustrato anche da memoria.

Vi resiste con controricorso l’intimata Ceca Italiana s.r.l., che ha parimenti depositato la memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – L’unico motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1349,1473 c.c. e art. 829 c.p.c., comma 1, n. 4, oltre a “vizio di motivazione”, in quanto la corte territoriale ha interpretato l’art. 2.3 del contratto inter partes – contenente una clausola di arbitraggio ex art. 1473 c.c. – come attributivo, invece, di un potere rientrante nell’ambito della competenza arbitrale, e, pertanto, non ha dichiarato la nullità dell’arbitrato, pur avendo gli arbitri pronunciato al di fuori dai limiti del compromesso; inoltre, la corte territoriale ha omesso di pronunciare al riguardo, limitandosi a reputare il motivo inammissibile, perchè vertente su errore di diritto non sindacabile.

2. – La sentenza impugnata, per quanto ancora rileva, ha ritenuto (al punto 5 della sua motivazione) che l’interpretazione data dagli arbitri (anche) alla clausola di cui all’art. 2.3, lett. f) del contratto non potesse essere censurata se non con riguardo alla violazione di regole di diritto pretesamente violate, invece non indicate, e non, invece, mediante la mera proposta di una diversa interpretazione della clausola stessa. Ha, quindi, precisato che il nuovo art. 829 c.p.c., comma 3, ammette l’impugnazione del lodo per violazione di norme di diritto soltanto se ciò sia disposto dalle parti o dalla legge, evenienze entrambe insussistenti nel caso di specie. Pertanto, ha concluso dichiarando l’inammissibilità dei motivi (terzo motivo dell’impugnazione principale, primo motivo dell’impugnazione incidentale) che tale vizio hanno dedotto.

3. – Ciò posto, il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

Non sussiste, anzitutto, omessa pronuncia od omessa motivazione – vizi pur distinti (per tutti, Cass. 22 gennaio 2018, n. 1539; Cass. 5 dicembre 2014, n. 25761; Cass. 4 dicembre 2014, n. 25714; Cass. 14 marzo 2006, n. 5444), ma in modo non perspicuo dedotti con un unico motivo – da parte della sentenza impugnata, la quale ha esaminato i motivi di impugnazione ivi proposti, in via principale ed incidentale, ed, in particolare, il terzo motivo dell’impugnazione principale e primo motivo dell’impugnazione incidentale, decidendo dunque, al riguardo, per la loro inammissibilità.

Neppure sussiste la violazione di legge denunziata.

La corte d’appello ha fatto invero piana applicazione della disposizione di cui all’art. 829 c.p.c., comma 3, applicabile ratione temporis, la quale esclude l’impugnazione del lodo per violazione di norme di diritto sul merito della controversia: in tal modo essendo stata la norma riformulata dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 24 e non essendo neppure stato il compromesso, nella specie, concluso prima dell’entrata in vigore di tale disposizione (onde applicare il principio di salvezza fatto proprio da Cass., sez. un., 9 maggio 2016, n. 9284).

Quanto alla pretesa di riproporre, in questa sede di legittimità, una nuova interpretazione della clausola prevista al punto 2.3 del contratto per inferirne, secondo l’assunto delle ricorrenti, la devoluzione ad arbitraggio – non surrogabile con l’arbitrato – della rideterminazione del prezzo della vendita una volta effettuato il cd. closing, occorre ricordare come, anche in tema di arbitrato, la portata della convenzione arbitrale che contenga l’indicazione delle liti da devolvere ad arbitri vada ricostruita alla stregua degli artt. 1362 c.c.; così come, del pari, a tali canoni ermeneutici deve attenersi il giudice nell’interpretazione dell’intero contratta.

Ne deriva che, ai fini dell’inammissibilità del motivo, è sufficiente richiamare i consolidati principi di diritto, secondo cui:

a) ove, con il ricorso per cassazione, venga fatta valere l’inesatta interpretazione di una norma contrattuale, il ricorrente è tenuto, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., a riportare nello stesso il testo della fonte pattizia invocata, al fine di consentirne il controllo al giudice di legittimità, che non può sopperire alle lacune dell’atto di impugnazione con indagini integrative (e multis, Cass. 8 marzo 2019, n. 6735; Cass. 11 luglio 2007, n. 15489);

b) il ricorrente, che intenda denunciare un errore di diritto nell’interpretazione di una clausola contrattuale, deve prospettare le censure sotto il profilo della mancata osservanza dei criteri ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. e non limitarsi alla mera contrapposizione tra la sua interpretazione e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. 4 giugno 2010, n. 13587; Cass. 28 luglio 2005, n. 15798);

c) nè può il ricorrente limitarsi ai richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poichè quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicchè, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass. 1 marzo 2019, n. 6156; Cass. 28 novembre 2017, n. 28319; Cass. 15 novembre 2013, n. 25728).

4. – Le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido le ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, liquidate in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori, come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2020

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