Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8220 del 27/04/2020

Cassazione civile sez. I, 27/04/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 27/04/2020), n.8220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 36768/2018 proposto da:

A.K., elettivamente domiciliato presso l’avv. Maurizio

Sottile, il quale lo rappres. e difende, con procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositata il

01/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/02/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con decreto emesso l’1.12.18 il Tribunale di Bologna rigettò l’opposizione proposta da A.K. – cittadino del (OMISSIS) – avverso il provvedimento della Commissione territoriale – con cui era stata respinta l’istanza di riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria, osservando che: il racconto del ricorrente non era attendibile avendo fornito generalità poi modificate in corso di procedura e considerato che le dichiarazioni rese sulla riferita circostanza del danneggiamento di un veicolo a lui affidato e alle conseguenti minacce del proprietario a seguito del danneggiamento erano incoerenti sia in ordine alle giustificazioni sulla mancata denuncia, sia circa lo stesso svolgimento della vicenda narrata; era da escludere anche la protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. b) e c), circa il pericolo di danno grave, non avendo il ricorrente allegato di non aver potuto fare affidamento su un processo equo nel Paese di provenienza, e circa la situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza del ricorrente in Bangladesh, sulla base dell’esame delle COI acquisite ed aggiornate; non ricorrevano altresì i presupposti della protezione umanitaria, non essendo ravvisabili situazioni personali di vulnerabilità da tutelare, nè situazioni critiche legate al rientro in patria.

Ricorre in cassazione il K. con tre motivi.

Non si è costituito il Ministero intimato.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 14 e degli artt. 8 e 27, 2 e 3 Cedu, nonchè difetto di motivazione ed omesso esame di fatti decisivi, in quanto il Tribunale non aveva applicato il principio dell’onere probatorio attenuato, omettendo di verificare sia l’attendibilità del ricorrente al fine di accertare se quest’ultimo avesse compiuto ogni sforzo per circostanziare la domanda, sia la situazione generale del Bangladesh in ordine alla denunziata violenza indiscriminata derivante da conflitto armato.

Con il secondo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14, nonchè omessa valutazione di fatti decisivi, per non aver il Tribunale qualificato, in ordine al riconoscimento della protezione sussidiaria, le minacce nei confronti del ricorrente quale forma di persecuzione, fonte di danno grave, art. 14, ex lett. b).

Con il terzo motivo è denunziata violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, nonchè errato ed omesso esame dei fatti decisivi, per aver il Tribunale omesso di valutare l’integrazione sociale raggiunta dal ricorrente attraverso l’attività imprenditoriale documentata, nonchè il transito in Libia.

Il primo motivo è inammissibile in quanto diretto al riesame dei fatti concernenti la valutazione della credibilità del racconto del ricorrente. Il ricorrente lamenta genericamente la mancata attivazione dei poteri ufficiosi del Tribunale in ordine alla vicenda narrata, al fine di verificare la credibilità del racconto reso innanzi alla Commissione territoriale.

Al riguardo, va osservato che nel giudizio relativo alla protezione internazionale del cittadino straniero, la valutazione di attendibilità, di coerenza intrinseca e di credibilità della versione dei fatti resa dal richiedente, non può che riguardare tutte le ipotesi di protezione prospettate nella domanda, qualunque ne sia il fondamento. In relazione alla protezione sussidiaria, essa ha ad oggetto sul piano dell’onere di allegazione tutto ciò che è contenuto nel paradigma dell’art. 14, trattandosi di norma tesa a distinguere il concetto di “danno grave” secondo i diversi profili di cui alle lett. a), b) e c). Ne consegue che, ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non è necessario far luogo a un approfondimento istruttorio ulteriore, attivando il dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice, dal momento che tale dovere non scatta laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (Cass., n. 33096/18; Cass., n. 17174/19; n. 4892/19).

Invero, il Tribunale ha escluso l’attendibilità di tale racconto per la genericità e incoerenza, con motivazione esaustiva non censurabile in questa sede.

Il secondo motivo è inammissibile perchè diretto al riesame dei fatti in ordine alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b). In particolare, il Tribunale ha escluso la credibilità del ricorrente circa la minaccia di danno grave subita, evidenziando altresì la mancata denunzia alle autorità in Bangladesh per i fatti narrati.

Il terzo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente non allega situazione specifiche, individuali di vulnerabilità, non essendo l’integrazione sociale di per sè elemento idoneo a rappresentarne un indice, nè elementi idonei alla comparazione tra le condizioni di vita godute in Italia e quelle che ritroverebbe in caso di rimpatrio (Cass., n. 4455/18).

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione del Ministero.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2020

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