Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8216 del 27/04/2020

Cassazione civile sez. I, 27/04/2020, (ud. 05/02/2020, dep. 27/04/2020), n.8216

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 32917/2018 proposto da:

C.V., in qualità di madre del minore B.B.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Sabotino 46, presso lo studio

dell’avvocato Paparoni Francesca, rappresentata e difesa

dall’avvocato Curiale Roberto, con procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Curatore speciale di B.B., in persona dell’avv. Maria

Cristina Bruno Voena, rappres. e difesa da se stessa, con decreto

del Tribunale per i Minorenni del Piemonte e della Valle D’Aosta,

elett.te domic. in Roma, presso l’avv. Daniele Ciuti;

Consorzio dei Servizi Socioassistenziali di Chieri, in persona del

legale rappresentante pro tempore e tutore provvisorio del minore

B.B., elett.te domic. presso l’avvocato Carola Maria Giraudo,

che lo rappres. e difende con procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

B.P.A.; Procuratore Generale della Repubblica presso la

Procura Generale della Repubblica di Torino; C.M.;

P.C..

– intimati –

nonchè

C.M.; P.C., elett.te domic. presso l’avv.

Rosamaria Mirisola, che li rappres. e difende, con procura speciale

in atti;

– ricorrenti –

contro

Curatore speciale di B.B., in persona dell’avv. Maria

Cristina Bruno Voena, rappres. e difesa da se stessa, con decreto

del Tribunale per i Minorenni del Piemonte e della Valle D’Aosta,

elett.te domic. in Roma, presso l’avv. Daniele Ciuti;

Consorzio dei Servizi Socioassistenziali di Chieri, in persona del

legale rappresentante pro tempore e tutore provvisorio del minore

B.B., elett.te domic. presso l’avvocato Carola Maria Giraudo,

che lo rappres. e difende con procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

B.P.A.; Procuratore Generale della Repubblica presso la

Procura Generale della Repubblica di Torino;

– intimati –

avverso la sentenza n. 30/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/02/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza emessa il 17.1.18 il Tribunale per i minorenni di Torino, in accoglimento delle domande del Pubblico Ministero e del curatore, dichiarò lo stato di adottabilità del minore B.B., nato l'(OMISSIS), disponendone l’inserimento in famiglia “a rischio giuridico” con collocazione presso l’attuale famiglia affidataria, sancendo altresì l’interruzione dei rapporti con la madre a decorrere dall’inserimento presso la suddetta famiglia.

La madre del minore, C.V., propose appello, chiedendo -anche previa c.t.u. – la revoca dello stato di adottabilità del minore e la conferma della sua sistemazione presso la famiglia affidataria (con facoltà della madre d’incontrare il minore) e, in subordine, la prosecuzione degli incontri ed il mantenimento dei rapporti con il bambino.

Con sentenza emessa il 12.6.18, la Corte d’appello di Torino rigettò l’appello e le domande proposte dai nonni materni, C.M. e P.C., rilevando che: il bambino era stato affidato in via d’urgenza ai nonni materni a seguito dell’episodio in cui la madre fu colta, a bordo della propria autovettura, in presenza del figlio di circa tre mesi, intenta a fumare cocaina (già in precedenza la stessa aveva fatto uso di crack); C.V. frequentava il Sert in maniera irregolare, risultando successivamente di nuovo positiva; nel frattempo il bambino era rimasto vittima di un gravissimo incidente stradale, mentre veniva trasportato nella autovettura dei nonni affidatari, riportando grave lesione del midollo da cui era derivata una totale invalidità dovuta a paraplegia permanente; di conseguenza il minore era stato affidato ad altra famiglia, con facoltà dei Servizi Sociali di calibrare tempi e modalità degli incontri con la madre; il servizio di neuropsichiatria infantile aveva evidenziato la fragile personalità della madre e la sua inadeguatezza, in quanto scarsamente recettiva circa la gravità delle condizioni del figlio, al quale peraltro somministrava i medicinali e le cure necessarie in modo frettoloso e meccanico; i Servizi Sociali (con relazioni del (OMISSIS)) avevano rilevato altresì che la madre si rapportava bene con il bambino, ma evidenziava discontinuità nell’accudirlo, non mostrandosi capace di provvedere in piena autonomia alla cura dello stesso, proponendo di diradare gli incontri madre/bambino; analoga valutazione negativa era stata formulata in ordine al nucleo familiare materno, dimostratosi incapace di cogliere i motivi del disagio della figlia e non offrendo la propria disponibilità dopo il grave incidente occorso al bambino; la c.t.u. assunta aveva confermato le caratteristiche personologiche della C., ossia una struttura di personalità fragile e immatura con tendenza ad atti impulsivi e con propensione alla depressione e la dipendenza da altri soggetti, con negativo giudizio sulla sua capacità genitoriale; il padre del bambino era rimasto del tutto assente, negando di esserlo, pur avendo riconosciuto il figlio; alla luce delle varie relazioni e della c.t.u., si rendeva superflua una nuova c.t.u.; era infondata l’istanza di procedere all’audizione della coppia affidataria del minore, considerato che i coniugi interessati avevano inviato una missiva esprimendo la loro valutazione delle condizioni del bambino, rimarcando che il loro era un impegno a termine; era infine da respingere la richiesta dei genitori dell’appellante in ordine al mantenimento degli incontri della madre e dei nonni con il piccolo dato l’attaccamento del minore con la famiglia affidataria riscontrato dal c.t.u..

Ricorrono in cassazione, con due distinti atti, notificati entrambi il 25.10.18, C.V. e i nonni materni, C.M. e P.C., deducendo, rispettivamente, tre e quattro motivi; C.V. ha redatto memoria spedita per posta.

Resistono con controricorso il curatore speciale del minore e il tutore provvisorio.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo del ricorso di C.V. si deduce la nullità del procedimento e della sentenza impugnata per violazione degli artt. 111 e 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, in quanto i difensori delle parti, il Procuratore Generale e il tutore non hanno avuto la possibilità, all’esito dell’istruttoria, di discutere e svolgere le loro difese in contraddittorio, nè di precisare le conclusioni. In particolare, la ricorrente lamenta di non aver potuto replicare alla costituzione dei nonni materni del minore, del curatore speciale e del tutore, atteso che all’udienza del 12.6.18 – come si evincebbe dal verbale – dopo l’intervento delle parti e dei difensori, “la Corte d’appello, senza aver consentito la discussione tra le parti sul merito della causa, nè la precisazione delle conclusioni, ha poi trattenuto la causa a riserva, inequivocabilmente sulle istanze istruttorie formulate nel corso della medesima udienza”.

Con il secondo motivo si denunzia la nullità del procedimento e della sentenza impugnata per mancata convocazione degli affidatari del minore, con violazione della L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, avendo la Corte d’appello respinto un’istanza di loro audizione finalizzata all’acquisizione di aggiornamenti in merito alle condizioni di vita del minore e alle sue esigenze d’accudimento e cura.

In particolare, la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia rigettato la suddetta istanza, poichè destinata ad un’attività meramente ripetitiva che non avrebbe apportato nessun nuovo elemento di giudizio considerato che i coniugi affidatari avevano già esternato con una missiva indirizzata al Tribunale – ed inserita agli atti – la loro valutazione circa le condizioni del bambino, rilevando che tale documento non poteva essere considerato un aggiornamento utile sulla situazione del minore da giustificare la mancata convocazione degli affidatari.

Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 184, art. 8 e art. 15, lett. b e c, lamentando il mancato accertamento della situazione di abbandono del minore, in quanto dall’istruttoria compiuta (attraverso l’audizione dei nonni materni, le relazioni dei Servizi Sociali e del Sert, la c.t.u.) non era emersa al riguardo una situazione di grave criticità, avendo peraltro il c.t.u. ritenuta la necessità di approfondire le capacità della ricorrente di gestire la complessa situazione del figlio, mentre il Procuratore Generale aveva chiesto un’integrazione della c.t.u..

In particolare, la ricorrente si duole che, nonostante abbia rispettato le indicazioni e i suggerimenti forniti dagli operatori dei Servizi Sociali, quest’ultimi abbiano avuto spesso un atteggiamento di pregiudizio nei suoi confronti, esprimendo giudizi fondati più su valutazioni personali che su osservazioni concrete, e che la Corte d’appello abbia espresso valutazioni sommarie e ipotetiche slegate da un accertamento concreto ed effettivo.

I primi due motivi del ricorso dei coniugi C. – P. denunziano violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, art. 17 e degli artt. 24 e 111 Cost., lamentando la mancata discussione orale della causa; il terzo denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 173 del 2015, art. 2, in ordine alla mancata audizione degli affidatari del minore in appello; il quarto denunzia la violazione della L. n. 184, artt. 1, 8 e 15, in ordine alla ritenuta sussistenza dello stato di adottabilità sulla base degli elementi probatori utilizzati.

Preliminarmente, va osservato che il ricorso di C.M. e P.C. è improcedibile poichè non risulta depositato, in conformità del consolidato principio affermato da questa Corte a tenore del quale l’omesso o tardivo deposito del ricorso per cassazione dopo la scadenza del ventesimo giorno dalla notifica del gravame comporta l’improcedibilità dello stesso, rilevabile anche d’ufficio e non esclusa dalla costituzione del resistente, posto che il principio – sancito dall’art. 156 c.p.c. – di non rilevabilità della nullità di un atto per mancato raggiungimento dello scopo si riferisce esclusivamente all’inosservanza di forme in senso stretto e non di termini perentori, per i quali vigano apposite e separate norme (Cass., n. 25453/17; n. 22092/19).

Quanto al ricorso di C.V., va premesso che è stata redatta memoria pervenuta a mezzo-posta il 30.1.2010 e dunque tardiva. Sul punto, va osservato che secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di giudizio di cassazione, le memorie ex art. 380 bis c.p.c., se depositate a mezzo posta, devono essere dichiarate inammissibili ed il loro contenuto non può essere preso in considerazione, non essendo applicabile per analogia l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, disposizione che riguarda esclusivamente il ricorso ed il controricorso (Cass., n. 7704/16; n. 31041/19).

Il ricorso è infondato.

Il primo motivo non può essere accolto. A norma della L. n. 184 del 1983, art. 17, comma 3, “all’udienza fissata il tribunale per i minorenni sente il ricorrente, le persone convocate, nonchè quelle indicate dalle parti e, quindi, sulle conclusioni di queste e del pubblico ministero, ove non occorra ulteriore istruttoria, decide immediatamente dando lettura del dispositivo della sentenza; questa deve essere depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla pronuncia e notificata d’ufficio nel testo integrale al pubblico ministero, all’opponente e al curatore speciale del minore”.

Ora, la ricorrente si duole di non aver potuto – unitamente al Procuratore Generale e al tutore – discutere e svolgere le sue difese in contraddittorio, nè precisare le conclusioni e replicare alla costituzione delle altre parti.

Contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, all’udienza camerale del 12.6.18 innanzi alla Corte d’appello – sezione speciale per i Minorenni – come si evince dal relativo verbale, e chiaramente esplicitato nella sentenza impugnata, il contraddittorio risulta pienamente osservato. Invero, vi è stata l’audizione di tutte le parti e sono stati sentiti vari informatori; indi, i difensori delle parti e il procuratore Generale hanno concluso e formulato le proprie istanze; in particolare, il difensore della C. ha chiesto l’integrazione della c.t.u. sulla capacità genitoriale, insistendo perchè si verificassero incontri più lunghi, come prospettato dal c.t.u..

Pertanto, è evidente l’infondatezza della doglianza della ricorrente, la quale ha esposto le proprie difese, nel contraddittorio con le altre parti, formulando le conclusioni, a seguito delle quali la Corte si è riservata la decisione.

Il secondo motivo è infondato. La Corte d’appello ha ritenuto non necessaria l’audizione dei coniugi affidatari poichè essi avevano inviato al Tribunale una lettera nella quale avevano espresso le loro valutazioni sulle condizioni del bambino. Al riguardo, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio d’appello sull’adottabilità del minore deve essere disposta l’audizione degli affidatari stante la previsione di cui alla L. n. 183 del 1984, art. 5, comma 1 (come modificato dalla L. n. 173 del 2015, art. 1, comma 2), norma che ha natura processuale e che, come tale, trova applicazione anche per i processi in corso (Cass., n. 22934/17), con l’ulteriore precisazione secondo cui non è sufficiente che l’audizione predetta sia già stata effettuata in primo grado, dovendo essere garantita anche in appello (Cass., n. 23574/17).

Ora, giova rilevare che la ratio della nuova versione della L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, riguarda il potenziamento della partecipazione degli affidatari nei giudizi relativi alla dichiarazione di adottabilità di minore sotto un duplice profilo. Essa deve essere rinvenuta, in primo luogo, nel riconoscimento del ruolo degli affidatari nello sviluppo psico-fisico del minore, specie quando si sia stabilita una relazione affettiva di media o lunga durata, dovendosi rilevare che la valutazione del tempo cambia in relazione all’età del minore, essendo verosimilmente sufficiente una durata minore nei primi anni di vita a fondare una relazione significativa. In particolare, il ruolo degli affidatari consiste nella costruzione del contesto relazionale del minore, spesso primario, e nella conseguente conoscenza della sua indole e dei suoi comportamenti, bisogni e criticità, secondo una valutazione fondata sull’esperienza relazionale; in secondo luogo, nell’esigenza di conservare figure significative e caratterizzanti fasi decisive dello sviluppo psico-fisico del minore (v. Cass., n. 23574/17).

Tuttavia, la stessa giurisprudenza da ultimo citata ha altresì significativamente affermato che non è sufficiente, alla luce della più rigorosa formulazione della norma di cui alla L. n. 184, art. 5, comma 1, l’audizione degli affidatari in primo grado senza alcuna giustificazione dell’omessa reiterazione della loro convocazione, nel giudizio d’appello.

Ora, nel caso concreto, la Corte d’appello ha ritenuto superflua una nuova audizione degli affidatari, in quanto le loro osservazioni erano già state acquisite in primo grado; in particolare, gli stessi affidatari avevano dichiarato la loro disponibilità a proseguire nell’affido ma solo temporaneamente, considerati i loro impegni familiari. Deve dunque ritenersi che la Corte territoriale abbia considerato giustificata l’omessa reiterazione della convocazione degli affidatari in appello; può altresì soggiungersi che un’eventuale nuova audizione degli affidatari in appello avrebbe avuto rilevanza nel solo caso in cui la ricorrente avesse allegato la necessità di tale adempimento per la mutata l’intenzione dei coniugi, o perchè fossero variate le circostanze della vicenda processuale, ma ciò deve escludersi alla luce degli atti processuali e della sentenza impugnata.

Il terzo motivo è inammissibile poichè diretto al riesame dei fatti in ordine all’accertamento dello stato di abbandono del minore, legittimante la dichiarazione della sua adottabilità, atteso che la ricorrente ha contestato genericamente gli accertamenti acquisiti e posti a sostegno della sentenza impugnata; peraltro, la doglianza investe vagamente le relazioni dei Servizi Sociali, del Sert, e la ctu, senza attingere l’effettivo contenuto di tali accertamenti.

In particolare, la doglianza, nella sua frammentarietà espositiva, tende in sostanza a dimostrare l’insussistenza dei presupposti dell’adottabilità del minore alla luce dell’impegno profuso dalla ricorrente, del suo legame con il bambino e dell’affetto dimostrato; tuttavia, la Corte territoriale ha ritenuto l’inadeguatezza della ricorrente in ordine alle sue capacità genitoriali, attraverso un esame complessivo dei vari elementi probatori acquisiti, non censurabile in questa sede.

Al riguardo, la sentenza impugnata è conforme al consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “il prioritario diritto dei minori a crescere nell’ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l’impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli, e non risulti possibile prevedere con certezza l’adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l’esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica” (Cass., n. 16537/18; n. 17603/19). Le spese seguono la soccombenza; in particolare, le due parti ricorrenti vanno condannate al relativo pagamento, in solido, a favore di ciascuna parte controricorrente. Rilevato che il ricorso di C.V. è stato proposto anche nei confronti di C.M. e P.C., ricorrono i presupposti per compensare tra loro le spese, in considerazione sia degli stretti rapporti familiari, sia del fatto che il ricorso di quest’ultimi è in sostanza fondato sulle medesime critiche poste a sostegno del ricorso di C.V..

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso proposto da C.M. e P.C.. Rigetta i ricorso di C.V..

Condanna C.V. e, in solido, C.M. e P.C. al pagamento, a favore di ciascuna parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di Euro 2200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge. Compensa le spese del giudizio di legittimità nel rapporto tra le due parti ricorrenti.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2020

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