Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8216 del 22/04/2016


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 8216 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA
sul ricorso 26012-2011 proposto da:
LO CASTO GIANFRANCO LCSGFR55H19L424M, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ULPIANO 29, presso lo studio
dell’avvocato ARMANDO PIPERNO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato WALTER ZIDARICH;
– ricorrente contro

2016
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FAGGIN CLARA, EAGGIN DARIO, CERNE SERGIO COSTITUITOSI

CON C/R IL 16/12/11 ,

REGGENTE IRENE,

elettivamente

domiciliatì in ROMA, VIA OVIDIO 20, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCA DELFINT, che li rappresenta e

Data pubblicazione: 22/04/2016

difende unitamente all’avvocato BOGDAN BERDON;

controricorrenti nonchè contro
DANIELI SILVESTRA;

– intimata

di TRIESTE, depositata il 30/08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/02/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO
FALABELLA;
udito l’Avvocato ZIDARICH Walter,

difensore del

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 391/2010 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell’anno 2005 Danieli Silvestra, Reggente Danieli
Irene, Faggin Clara e Faggin Dario introducevano un

l’accertamento dell’acquisto per usucapione, in loro
favore, della proprietà di un fondo censito nel catasto
di Prosecco a nome di Lo Casto Gianfranco, oltre che la
declaratoria di nullità del decreto speciale

di

usucapione agraria pronunciato dal pretore di Trieste

il 26 marzo 1999.
Il convenuto non si costituiva.
Istruita la causa con testimoni e produzioni
documentali, il tribunale accoglieva le domande
attrici.
Proponeva appello Lo Casto che eccepiva in via
pregiudiziale la nullità della citazione e della sua
notificazione per totale incertezza della data di
consegna dell’atto; nel merito, assumeva che il fondo
era stato da sempre da lui posseduto, come del resto
riferito dai testimoni escussi nel corso della
procedura relativa all’usucapione speciale.
La Corte di appello di Trieste, definendo il
giudizio di impugnazione, trattato nel contraddittorio
con i costituiti appellati, respingeva il gravame.
La sentenza della corte friulana, depositata il 30
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giudizio avanti al Tribunale di Trieste per ottenere

agosto 2010, è stata impugnata per cassazione da
Gianfranco Lo Casto con ricorso affidato a quattro
motivi. Resistono con controricorso Cerne Sergio, erede

Danieli Irene, Faggin Clara e Faggin Dario.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso lamenta violazione e
falsa applicazione dell’art.

345,

3 ° cc.

c.p.c..

Secondo il ricorrente, non essendosi svolto il
contraddittorio in primo grado per la sua contumacia, e
viste le contestazioni da lui mosse alla sentenza
impugnata e alle deposizioni testimoniali raccolte dal
tribunale in una fase del giudizio in cui lo stesso Lo
Casto non aveva potuto difendersi in modo adeguato, la
corte di merito avrebbe dovuto sentire, a norma
dell’art. 345, 3 ° co. c.p.c., i testimoni indicati
dall’appellante nell’atto d’impugnazione, rinnovando
eventualmente l’esame dei testimoni di controparte
escussi in primo grado, e – tenuto conto di quanto
documentato nella consulenza tecnica di parte del 17
gennaio 2011 -, avrebbe dovuto comunque disporre una
consulenza tecnica d’ufficio.
Il motivo è infondato.
L’istante, pur dolendosi del mancato esercizio, da
parte della corte di merito, del potere di dare

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della deceduta Danieli Silvestra, nonché Reggente

ingresso alle prove connotate dal nominato attributo
della indispensabilità, manca di chiarire, in modo
puntuale e analitico avendo cioè riguardo alle

la prova di cui ha richiesto l’ammissione debba
considerarsi munita di un’influenza causale più
incisiva rispetta a quella su cui i giudici di merito
hanno fondato la decisione finale della controversia.
Né una tale influenza è desumibile dal capitolato di
prova articolato dal ricorrente.
E’

da

rilevare,

in

proposito,

che

il

ridimensionamento del sistema delle preclusioni
consentito, in via eccezionale, dall’art. 345, 3 ° cc.
c.p.c. operi allorché si sia in presenza di prove che,
per il loro spessore, siano idonee a fornire un
contributo decisivo all’accertamento della verità
materiale, restando di contro salva in tutti i restanti
casi l’ultrattività delle preclusioni già verificatesi
in primo grado (Cass. S.U. 20 aprile 2005, n. 8203).
Infatti, le prove “indispensabili” di cui al cit. art.
345, 3 ° cc>, non si identificano di certo in quelle
“rilevanti”, da dedurre nei termini che, a seconda
della disciplina

ratione temporis

applicabile, sono

previsti dagli artt. 183 e 184 c.p.c.. Ebbene,
contrapporre a una prova già ammessa ed esperita in
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singole circostanze da dimostrarsi – le ragioni per cui

prima grado una prova contraria (diretta o indiretta)
non implica che quest’ultima sia, per ciò solo, munita
di una maggiore decisivita rispetto a quella già

perciò a censura.
Con particolare riguardo alla consulenza tecnica
d’ufficio,

va poi osservato che la stessa non

costituisce, notoriamente, un mezzo di prova, sicché
non può farsi rientrare nella invocata previsione
dell’art. 345, 3 ° cc. c.p.c.. Oltretutto, il ricorrente
si duole del mancato esperimento di un accertamento
peritale, condotto attraversa l’operato di un C.T.U.,
sulla base di quanto risulterebbe esposto in una
consulenza tecnica di parte. Atto, questo, che – oltre
a non essere riprodotto nel ricorso, il quale, perciò,
sul punto si mostra carente di autosufficienza
contiene, per sua natura, delle semplici allegazioni
difensive di contenuto tecnico, che il giudice di
merito poteva disattendere senza obbligo di analizzarle
e confutarle (per tutte: Cass. 26 settembre 2006, n.
20821; Cass. 29 gennaio 2010, n.
Col

secondo

è

mezzo

2063).
denunciata

omessa,

insufficiente e contraddittoria motivazione circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio. La corte
distrettuale – spiega il ricorrente – non aveva preso

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assunta. Sul punto, la pronuncia impugnata si sottrae

nella debita considerazione il dato della totale
difformità tra quanto affermato dai testimoni da lui
indicati ed escussi nel corso del procedimento per

quanto dichiarato avanti al tribunale dai testimoni
della parte avversa.
Il motivo è anzitutto carente di autosufficienza
in quanto non riproduce i contenuto delle deposizioni
testimoniali contrastanti.
Peraltro, la corte di appello ha adeguatamente
spiegato le ragioni che l’hanno indotta ad attribuire
maggior credito ai testimoni escussi nel corso del
presente giudizio (rispetto a quelli sentiti nel
procedimento per l’accertamento dell’usucapione della
piccola proprietà rurale ex art. 1159 bis c.c.). Né il
sindacato della Corte sulla sufficienza e congruità
della motivazione può tradursi in un riesame delle
risultanze probatorie, essendo la stessa investita
della facoltà di controllo, sotto il profilo della
correttezza giuridica e della coerenza logico-formale,
delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al
quale spetta, in via esclusiva, il compito di
individuare le fonti del proprio convincimento, di
controllarne l’attendibilità e la concludenza e di
scegliere, tra le complessive risultanze del processo,

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l’usucapione speciale della piccola proprietà rurale e

quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la
veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di

dalla legge (Cass. 4 novembre 2013 n. 24679; Cass. 16
novembre 2011, n. 27197; Cass. 6 aprile 2011, n. 7921;
Cass. 21 settembre 2006, n. 20455; Cass. 4 aprile 2006,
n. 7846; Cass. 89 settembre 2004, n. 18134; Cass. 7
febbraio 2004, n. 2357).
Col terzo motivo la sentenza impugnata è censurata
per violazione e falsa applicazione dell’art. 160
c.p.c.. Deduce il ricorrente che in base a detta norma
la notificazione è nulla se vi è incertezza assoluta
sulla data; nel caso in esame l’atto di citazione in
primo grado risultava redatto il

22 luglio 2005, data

in cui risultava rilasciata anche la procura alle liti,
mentre la notificazione dell’atto risultava essere
avvenuta un giorno prima, e cioè il 21 luglio 2005: ciò
che era evidentemente impossibile. Né poteva ritenersi
che l’atto avesse raggiunto il suo scopo, posto che il
ricorrente non si era costituito in primo grado e con
la prima difesa aveva eccepito la nullità della
notificazione.
Il quarto motivo prospetta infine la nullità delle
due sentenze e dei due procedimenti,

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di

primo e di

prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti

secondo grado, siccome dipendenti dalla nullità della
notificazione denunciata con il terzo motivo.
I due motivi non appaiono fondati.

della notifica della citazione avanti al tribunale
riportata nell’esemplare dell’atto in possesso
dell’appellante – 21 luglio 2005 – divergeva da quella
che figurava nell’esemplare dell’atto nella
disponibilità degli appellati, nel quale era riportata
la diversa data del 22 luglio 2005.
E’ inoltre pacifico che la citazione recasse la
data del 22 luglio 2005.
Come è evidente, la copia della notificazione
ricevuta dall’odierno ricorrente presenta un mero
errore materiale, dal momento che la citazione datata
22 luglio non poteva essere recapitata al destinatario
il giorno precedente. E l’errore è confermato dal fatto
che la relata dell’originale notificato, tornato nella
disponibilità degli odierni controricorrenti, indica la
diversa data del 21 luglio, che deve invece reputarsi
corretta.
Ciò

posto,

l’incertezza

della

data

di

notificazione, per spiegare effetti invalidanti a norma
dell’art. 160 c.p.c., deve essere assoluta, tale, cioè,
da non permettere di individuare la data effettiva,
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Ha osservato la corte distrettuale che la data

neppure per relationem, e perciò non è ipotizzabile nel
caso di errore materiale riconoscibile alla stregua
degli elementi forniti dall’atto notificato (Cass. 14

Il ricorso va in conclusione respinto, con il
favore delle spese per i controrioorrenti.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese processuali, liquidate in
3.200,00, di cui E 200,00 per esborsi.
Così deciso

in

Roma, nella camera di consiglio

della 2^ Sezione Civile, in data 23.2.2016.

dicembre 1983, n. 7374).

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