Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8210 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8210 Anno 2016
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

SENTENZA

sul ricorso 18514-2011 proposto da:
PRIMA SCR S.p.a. (già ABN AMRO ASSET MANAGEMENT ITALY
SGR S.p.a.) p.iva 12737400155, in persona
dell’Amministratore Delegato e legale rappresentante
pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL
CONSOLATO 6, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO
2016
292

SERRA, che la rappresenta e difende unitamente agli
avvocati ANDREA GALANTE, GIAN LUCA DE ANGELIS, PAOLO
LUCCARELLI;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 22/04/2016

CONSOB – COMMISSIONE NAZIONALE per le SOCIETÀ

e la

BORSA c.f. 80204250585, in persona del Presidente e
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA G.B. MARTINI 3, presso lo
studio dell’avvocato FABIO BIAGIANTI, che la

ANNUNZIATA PALOMBELLA, ROCCO VAMPA, MARIA LETIZIA
ERMETES;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 3249/2010 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 11/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/02/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito l’Avvocato MASSIMO SERRA, difensore della
ricorrente, che deposita n. 2 avvisi di ricevimento ed
che ha chiesto l’accoglimento delle difese esposte ed
in atti;
udito

l’Avvocato

ROCCO VAMPA,

difensore

della

controricorrente, che ha chiesto raccoglimento delle
difese esposte ed in atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per
rigetto del ricorso.

rappresenta e difende unitamente agli avvocati

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società Prima SGR (già ABN AMRO SGR) ricorre contro la CONSOB per la cassazione della
sentenza con cui la Corte di appello di Milano ha rigettato la sua opposizione ex art. 187 septies D.Lgs.
58/98 (in prosieguo: T.U.F.) avverso Ia delibera CONSOB n. 16987 del 4.8.09.
Con detta delibera i dipendenti della ABN A MRO SGR sigg. Roberto Lugari ed Emilio Dall’Acqua
(responsabili di diverse linee di gestione patrimoniale) erano stati ritenuti responsabili dell’illecito di cui

l’informazione (da loro conosciuta o conoscibile come) privilegiata, trasmessa dal sig. Claudio Ottolini
(all’epoca dei fatti Salesperson della filiale di Milano di Citigroup) ai Lugari e da quest’ultimo al
Dall’Acqua, relativa all’imminente pubblicazione da parte di Citigroup di una ricerca (Inillation of
coverage) del dott. Roberto Casoni sulla Banca ltalease, contenente una raccomandazione biry e un target
price significativamente superiore al prezzo di mercato. Tale informazione, secondo l’impugnata delibera,
avrebbe consentito di prevedere un rialzo dei prezzi dei titoli Italease e di lucrare sulla differenza tra

il

prezzo di acquisto e quello della successiva rivendita. Per tale ragione ai sigg. Roberto Lugari ed Emilio
Dall’Acqua erano state inflitte le sanzioni amministrative pecuniarie di, rispettivamente, E 310.000 e E 250.000
(oltre alla sanzione amministrativa accessoria ex art. 187 quater, primo comma, D.Lgs. 58/98) e alla ABN
AMRO SGR, quale soggetto obbligato in solido per le suddette sanzioni amministrative pecuniarie ex
art. 6, comma 3, l. 689/81, era stato ingiunto il pagamento di £ 560.000.
La Corte d’appello ha disatteso tutti i motivi spesi dalla A BN AMRO SGR nella propria opposizione alla
delibera della CONSOB, affermando, in sintesi, che nella specie:
a)

non ricorreva la lamentata violazione dei termini di contestazione della violazione di cui

all’articolo 14 1. 689/81;
b)

non ricorreva la lamentata violazione dell’articolo 187 septies T.U.F. e dei principi del

contraddittorio e della conoscenza degli atti istruttori e della distinzione tra funzioni istruttorie e
decisorie;
c)

l’informazione relativa alla imminente pubblicazione di una ricerca su Banca ltalease

doveva ritenersi informazione privilegiata e idonea ad influire sull’andamento dello strumento
finanziario;
doveva ritenersi provato che i sigg. Lugari e Dall’Acqua avessero utilizzato la suddetta
d)
informazione.
e)

non poteva ravvisarsi alcuna sproporzione quantitativa delle sanzioni irrogate rispetto ai

criteri fissati dagli articoli 11 1. 689/81 e 187 T.U.F..

all’articolo 187 bis, comma 4, T.U.F., per avere effettuato acquisti di azioni Banca Italease utilizzando

Il ricorso si articola su quattro motivi, concernenti:
il primo, la violazione e falsa applicazione dell’ articolo 14 1. 689/81 in cui la Corte territoriale
sarebbe incorsa ritenendo rispettato il termine di gg. 90 per la contestazione dell’illecito;
il secondo, la violazione e falsa applicazione dell articolo 14 1. 689/81 in cui la Corte territoriale
sarebbe incorsa ritenendo necessaria una istruttoria unica riferita a tutti i soggetti coinvolti
nell’illecito utilizzo dell’informazione rappresentata dalla imminente pubblicazione dello studio dei
dott. Casoni su Banca Italease;
Corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo che i principi del contraddittorio, della conoscenza degli
atti istruttori e dalla distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie, previsti da tali disposizioni,
fossero rispettati dal procedimento sanzionatorio seguito dalla CONSOB e definito dalle delibere
della stessa CONSOB nn. 15131/05 e 1 5086/05;
il quarto, la contraddittorietà della motivazione, in relazione al disposto degli artt. 181 e 187 bis
T.U.F., in cui la Corte territoriale sarebbe incorsa ritenendo idonea ad influire sull’andamento dello
strumento finanziario l’informazione relativa alla imminente pubblicazione di una ricerca su
Banca Italease.
La CONSOB si è costituita con controricorso.
Solo la CONSOB ha depositato memoria ex art. 378 cpc.

Il ricorso é stato discusso alla pubblica udienza del 5.2.16 nella quale il Procuratore Generale ha concluso
come in epigrafe.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo di ricorso la ricorrente censura, sotto il profilo della violazione dell’articolo 14 1.
689/81, la statuizione della sentenza gravata secondo cui la CON SOB avrebbe rispettato il termine di
contestazione dell’illecito fissato in 90 giorni dall’articolo 14, secondo comma, 1. 689/81. Secondo la
ricorrente la contestazione effettuata dalla CONSOB il 19.8.08 sarebbe stata intempestiva, perché
avvenuta oltre due anni e mezzo dopo i fatti sanzionati, quasi due anni e mezzo dopo l’invio del primo
rapporto da parte di Citgroup, quasi un anno e mezzo dopo l’adozione del provvedimento definitivo
sanzionatorio adottata dalla FSA (Financial Service Autharity)
Casoni e oltre due anni dopo l’inizio dell’attività istruttoria.
Il motivo va disatteso.

britannica nei confronti dell’analista

il terzo, la violazione e falsa applicazione degli articoli 187 septies T.U.F. e 24 1. 262/05 in cui la

La censura si palesa infatti inammissibilmente generica, perché evoca il principio di diritto, fissato dalle
Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 5395/07, secondo cui, ai fini della decorrenza del
termine decadenziale de quo, non deve tenersi conto del tempo ascrivibile ad ingiustificati ritardi
derivanti da disfunzioni burocratiche o da artificiose protrazioni dello svolgimento delle attività
accertative, senza, tuttavia, precisare né quale sarebbe, nella specie, il dies a qua di tale termine, né quali
sarebbero (e come sarebbero state dedotte nel giudizio di merito) le artificiose protrazioni delle attività
di accertamento del procedimento conclusosi con la delibera impugnata. In sostanza il mezzo in esame si
da parte di Citgroup, l’adozione del provvedimento definitivo sanzionatorio dalla FSA nei confronti del
dott. Casoni, l’inizio dell’attività istruttoria), ma non indica il momento in cui il giudice di merito
avrebbe dovuto ritenere compiuto l’accertamento dell’illecito, né attinge adeguatamente la valutazione
contenuta nella sentenza gravata secondo cui, nella specie, non sarebbe possibile

“negare la

ragionevolezza del lasso temporale impiegato da Consob per giungere all’accertamento”;

valutazione

costituente giudizio di fatto, non censurabile sotto il profilo del vizio di violazione di legge (denunciato
con il motivo in esame), ma sindacabile in sede di legittimità solo con il mezzo di cui al numero 5
dell’articolo 360 cpc, come questa Corte ha reiteratamente chiarito (sentenze nn. 25916/06, 9311/07,
26734/11).
La sentenza gravata, per contro, si è attenuta ai principi fissati nella suddetta sentenza n. 5395/07,
operando una disamina dell’attività di indagine svolta dalla CONSOB espressamente volta a verificare se
nella stessa fosse riscontrabile una protratta ed ingiustificata inerzia. Tale disamina si è conclusa col
motivato giudizio che nessun “apprezzabile intervallo temporale”

era ravvisabile nella sequenza di atti di

indagine posti in essere dalla CON S013 e che il tempo impiegato per giungere alla relazione per il
Funzionario generale (nel quale la sentenza gravata identifica il momento di compiuto accertamento
dell’illecito) va giudicato ragionevole, in ragione della considerazione che detto illecito è maturato
nell’ambito di una vicenda unitaria che coinvolgeva numerosi soggetti ed andava investigata nel suo
complesso.

Con il secondo mezzo di ricorso, anch’esso riferito alla violazione dell’articolo 14 l. 689/81, la ricorrente
censura l’affermazione con cui la Corte territoriale, per argomentare la ragionevolezza dei tempi impiegati
per pervenire all’accertamento dell’illecito contestato ai sigg. Lugari e Dall’Acqua (e, quindi, disattendere
l’eccezione di mancato rispetto del termine di contestazione), ha richiamato la necessità delta CONSOB di
acquisire informazioni presso tutte le società ove operavano i gestori che avevano ricevuto l’informazione
privilegiata relativa all’imminente pubblicazione dello studio su Banca ltalease, nonché l’opportunità che
l’indagine sulla vicenda fosse condotta unitariamente in relazione a tutti tali gestori. Con tali argomenti,
secondo la ricorrente, la sentenza gravata si porrebbe in contrasto con il principio della responsabilità

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limita ad evidenziare i! tempo, superiore all’anno, trascorso tra alcuni eventi (l’invio del primo rapporto

diretta dei singoli intermediari e con il relativo corollario che l’accertamento a cui ancorare la decorrenza
del termine di contestazione va identificato autonomamente per ciascuno dei soggetti sanzionati.
Il motivo va disatteso perché la ratio decidendi della sentenza gravata non si fonda su alcuna affermazione
in diritto che neghi, nel caso di illeciti collegati commessi da una pluralità di soggetti, l’individualità
dell’accertamento di ciascun illecito (e quindi l’individualità del dies a quo del termine di contestazione),
ma poggia sul giudizio di fano che nella specie, per pervenire alla esatta definizione delle responsabilità
dei sigg. Lugari e Dall’Acqua – e, dunque, all’accertamento individuale nei loro confronti – era opportuna

all’utilizzo dell’informazione relativa all’imminente pubblicazione della ricerca Casoni/Banca ltalease”.
Il mezzo in esame, in sostanza, pretende, al pari del primo motivo, di censurare sotto il profilo della
violazione di legge un accertamento di fatto operato dal giudice di merito in ordine alla congruità delle
attività di indagine svolte dall’amministrazione. Detto accertamento di fatto è censurabile, si ripete, solo
sotto il profilo dell’articolo 360 n. 5 epc e, peraltro, nei limiti derivanti dal principio, fissato da questa
Corte con la sentenza n. 16642/05, che, in tema di sanzioni amministrative, il giudice dell’opposizione
dinanzi al quale sia stata eccepita la tardività della notificazione degli estremi della violazione, deve valutare,
per individuare la decorrenza del termine di contestazione, il complesso degli accertamenti compiuti dalla
amministrazione procedente e la congruità del tempo complessivamente impiegato in relazione alla
complessità degli accertamenti compiuti, senza potersi sostituire alla stessa amministrazione neI valutare
l’opportunità di atti istruttori collegati ad altri e compiuti senza apprezzabile intervallo temporale.
Con il terzo mezzo la ricorrente censura la sentenza gravata per aver disatteso, in violazione degli articoli
187 septies T.U.F. e 24 1. 265/05, le doglianze proposte in sede di merito con riferimento alla mancata
comunicazione alla stessa ricorrente della relazione emessa dall’Ufficio Sanzioni Amministrative della
CONSOB all’esito della fase istruttoria e contenente le conclusioni rimesse da tale Ufficio alla
Commissione in ordine alla sussistenza delle violazioni contestate ed alla quantificazione delle sanzioni
da irrogare; tale mancata comunicazione – e la conseguente impossibilita di interloquire, per iscritto od
oralmente, con la Commissione (organo decisorio) – costituirebbe, secondo la ricorrente, violazione dei
principi del contraddittorio, della piena conoscenza degli atti istruttori e della distinzione tra funzioni
istruttorie e funzioni decisorie.
Il motivo non può trovare accoglimento.
Osserva il Collegio che la questione della mancata comunicazione agli interessati della relazione conclusiva
rimessa alla CONSOB dall’Ufficio Sanzioni Amministrative, con particolare riguardo alla compatibilità di
tale mancata previsione con il principio del contraddittorio (del quale i principi della piena conoscenza
degli atti istruttori e della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie costituiscono
articolazioni specifiche) è stata definita dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 20935/09,
ove si è appunto affermato che, ai fini del rispetto del principio del contraddittorio, è sufficiente che venga
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la “conduzione di una indagine unitaria sul nucleo comune agli illeciti contestati, tutti ruotanti intorno

effettuata la contestazione dell’addebito e siano valutate le eventuali controdeduzioni dell’interessato; con la
precisazione che i precetti costituzionali riguardanti il diritto di difesa (art. 24 Cost.) e il giusto processo (art.
111 Cosi) riguardano espressamente e solo il giudizio, ossia il procedimento giurisdizionale che si svolge
avanti al giudice e non il procedimento amministrativo, ancorché finalizzato all’emanazione di provvedimenti
incidenti su diritti soggettivi; cosicché l’incompleta equiparazione dei procedimento amministrativo a quello
giurisdizionale non viola in alcun modo la Costituzione.
Il Collegio ritiene che tale conclusione – ribadita da questa Sezione con le sentenze n. 27225/13 e 18683/14

mantenuta ferma, nonostante le indicazioni offerte dalla Corte EDU con la sentenza 4.114 Grande Stevens
e. Italia.
Con detta pronuncia, come è noto, la Corte EDU – premesso che la sanzione amministrativa prevista
dall’articolo 187 ter, primo comma, T.U.F. deve considerarsi appartenente alla “materia penale”, con la
conseguenza che il procedimento per 1a relativa irrogazione deve conformarsi al disposto dell’articolo 6
della Convenzione EDU – ha affermato che il procedimento seguito dalla CONSOB per l’applicazione di
tale sanzione ai ricorrenti contrastava con i principi fissati dal suddetto articolo 6 della Convenzione
“soprattutto per quanto riguarda la parità delle armi tra accusa difesa ed il mancato svolgimento di una

udienza pubblica che permettesse un confronto orale” (punto 123); ciò in quanto, da un lato, il documento
che conteneva le conclusioni dell’ufficio sanzioni, destinato a servire poi da base alla decisone della
Commissione, non era stato comunicato ai ricorrenti (punto 117) e, d’altro lato, questi ultimi non avevano
avuto la possibilità di partecipare all’unica riunione tenuta dalla Comrnissione, alla quale non erano ammessi
(punto 118). Nella medesima sentenza tuttavia, sulla scorta della pregressa giurisprudenza della stessa Corte
EDU, si precisa che le carenze di tutela del contraddittorio che caratterizzino un procedimento
amministrativo sanzionatorio non consentono di ritenere violato l’articolo 6 della Convenzione EDU quando
il provvedimento sanzionatorio sia impugnabile davanti ad un giudice indipendente ed imparziale, che sia
dotato di giurisdizione piena e che conosca dell’opposizione in un procedimento che garantisca il pieno
dispiegamento del contraddittorio delle parti (punti 138 e 139).
In sostanza, conformemente ad una opinione sostenuta in dottrina (e che trova riscontro nella giurisprudenza

del Consiglio di Stato, cfr. sent. n. 1596/15), deve affermarsi che – in materia di irrogazione di sanzioni che,
pur qualificate come amministrative, abbiano, alla stregua dei criteri elaborati dalla Corte EDU, natura
sostanzialmente penale – gli Stati possono scegliere se realizzare le garanzie del giusto processo di cui
all’articolo 6 della Convenzione EDU già nella fase amministrativa (nel qual caso, nella logica di tale
Convenzione, una fase giurisdizionale non sarebbe nemmeno necessaria) o mediante l’assoggettamento del
provvedimento sanzionatorio applicato dall’autorità amministrativa (all’esito di un procedimento non
connotato da quelle garanzie) ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva,
attuato attraverso un procedimento conforme alle prescrizioni dell’articolo 6 della Convenzione. Nel secondo
caso, non può ritenersi che il procedimento amministrativo sia illegittimo, in relazione ai parametri fissati
5

ed alla quale la decisione della Corte territoriale risulta perfettamente allineata – sia da condividere e vada

dell’articolo 6 della Convenzione, e che la successiva fase giurisdizionale determini una sorta di sanatoria di
tale originaria illegittimità; al contrario, i! procedimento amministrativo, pur non offrendo esso stesso le
garanzie di cui all’articolo 6 della Convenzione, risulta ab origine conforme alle prescrizioni di detto
articolo, proprio perché è destinato a concludersi con un provvedimento suscettibile di un sindacato
giurisdizionale pieno, nell’ambito di un giudizio che assicura le garanzie del giusto processo.
Tanto premesso, risulta decisivo il rilievo che le delibere sanzionatorie adottate dalla CONSOB sono
impugnabili davanti alla Corte di appello territorialmente competente e non è dubitabile che la Corte

(nonché, con specifico riferimento al profilo della “full giurisidiction”, dalla sentenza 27.9.11 Menarini
Diagnosties e. Italia), un giudice indipendente ed imparziale, dotato di giurisdizione piena e davanti al
quale – anche alla stregua del disposto dell’articolo 187 septies T.U.F. vigente all’epoca in cui si svolse il
procedimento definito con la delibera qui impugnata (che richiamava la procedura di cui all’articolo 23 1. n.
689/81) – era garantita la pienezza del contraddittorio e la pubblicità dell’udienza.
Alia stregua delle esposte considerazioni deve dunque escludersi che la lamentata mancanza di
comunicazione agli interessati

della relazione dall’Ufficio Sanzioni Amministrative possa anche

astrattamente costituire violazione dei principi di cui all’articolo 6 della Convenzione EDU.
Né, sotto altro aspetto, nel presente giudizio possono rilevare le affermazioni svolte nella sentenza del
Consiglio di Stato n. 1596/15, già sopra citata, in ordine alla illegittimità del procedimento sartzionatorio
della CON SOB. Nella parte motiva di tale sentenza il Consiglio di Stato – dopo aver escluso che il
procedimento sanzionatorio della CON S013 (nel testo anteriore alle modifiche al medesimo recate con la
delibera della stessa CONSOB n. 29158 del 29.5.15 ed alle modifiche apportate all’articolo 187 septies
T.U.F. dall’art. 5 d.lgs. n. 72 del 12.5.2015) presentasse profili di illegittimità in riferimento all’articolo 6
della Convenzione EDU ed agli articoli 24 e 111 della Costituzione – afferma che il medesimo procedimento
risulterebbe tuttavia illegittimo con riguardo al disposto degli articoli 187 septies e 195 T.U.F., giacché esso
non assicurerebbe il rispetto dei principi del contraddittorio e della piena conoscenza degli atti,

in tali

disposizioni espressamente menzionati. Osserva al riguardo il Collegio che – a prescindere da qualunque
vaglio sulla intrinseca condivisibilità delle suddette valutazioni (peraltro non tradottesi in alcuna statuizione
di annullamento del regolamento contenente la previgente disciplina del procedimento sanzionatorio
CONSOB, giacché il decisum della sentenza CdS n. 1596/15 si risolve in una declaratoria di inammissibilità
del ricorso delle parti private, per carenza di interesse) – risulta assorbente la considerazione che in questa
sede non è impugnato il regolamento che disciplina il procedimento sanzionatorio della CONSOB, ma
è impugnato un provvedimento sanzionatorio e che nella impugnativa di tale provvedimento la
ricorrente non ha dedotto alcuna concreta lesione che al suo diritto di difesa sarebbe derivata dalla
mancata comunicazione della relazione conclusiva dell’Ufficio Sanzioni Amministrative. A tal proposito
va qui ribadito il principio, enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la più volte citata sentenza n.
20935/09, che la doglianza relativa alla violazione del diritto al contraddittorio presuppone

la
6

d’appello debba essere considerata, alla stregua dei parametri indicati dalla stessa sentenza Grande Stevens

deduzione di una lesione concreta ed effettiva del diritto di difesa specificamente conculcato o compresso
nel procedimento sanzionatorio. Detto principio, ripreso in tema di contraddittorio nel procedimento per
l’applicazione delle sanzioni irrogate dalla Banca d’Italia dalla sentenza n. 27038/13 e in tema di
contraddittorio nel procedimento per l’applicazione delle sanzioni irrogate dalla CONSOB dalla sentenza n.
24048/15, è condiviso dal Collegio e si colloca nella medesima prospettiva ermeneutica ancora di recente
indicata dalle medesime Sezioni Unite con la sentenza n. 24823/15, ove, in tema di contraddittorio nel
procedimento tributario, si è affermato che “la violazione del diritto al contraddittorio comporta l’invalidità

potuto far valere”. Tale affermazione privilegia una lettura sostanzialistica (della tutela del) del diritto al
contraddittorio, che il Collegio condivide perché richiama il pragmatico canone giuspubblicistico della
strumentalità delle forme e risulta in piena sintonia can il diritto dell’Unione europea e, in particolare, con
gli approdi della giurisprudenza elaborata dalla Corte di giustizia sull’articolo 41 della Carta dei diritti
fondamentali (cfr. CGEU sentt. 3.7.2014, Kamino International Logistics, ove si afferma che la violazione
dei diritti di difesa, in particolare del diritto ad essere sentiti prima dell’adozione di provvedimento lesivo,
determina l’annullamento dell’atto adottato al termine del procedimento amministrativo soltanto se, in
mancanza di tale irregolarità, detto procedimento “avrebbe potuto comportare un risultato diverso”; nello
stesso senso, si veda anche la sentenza 26.9.2013, Texdata Software). Correttamente, quindi, il giudice
territoriale ha rigettato la doglianza con cui la ABN AMRO SGR aveva lamentato la violazione del principio
del contraddittorio, anche nelle articolazioni concernenti la piena conoscenza degli atti istruttori e la
distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie, sul rilievo, di per sé sufficiente a sorreggere
autonomamente la decisione, che l’opponente non aveva “allegato e tanto meno dimostrato di aver subito
un concreto pregiudizio al proprio diritto di difesa a causa delle lamentate violazioni, non avendo
indicato in che modo e in che misura l’ignoranza del contenuto della relazione U.S.A. e l’impossibilità di
interloquire in merito le abbia impedito di infrodurre rilievi difensivi ulteriori rispetto a quelli già svolti
e, soprattutto, in grado di giustificare conclusioni diverse da parte della Commissione” (pag. 14 della
sentenza).
Con il quarto mezzo di ricorso si denuncia, con riferimento agli articoli 181 e 187 bis T.U.F., il vizio di
motivazione della statuizione della sentenza gravata che qualifica come informazione privilegiata la
comunicazione inviata via sms dal sig. Ottolini, dipendente Citigroup, al sig. Lugari (“Finalmente ci
siamo! Lo studio su banca Italease sta per uscire con un target price di circa 40 euro!”); in particolare, la
ricorrente — dopo aver evidenziato come tale comunicazione nulla riferisse in ordine al contenuto, all’autore
ed alle metodiche dello studio di cui preannunciava l’uscita – censura la contraddittorietà in cui la Corte
d’appello sarebbe incorsa giudicando detta informazione idonea ad influenzare l’andamento del titolo (e
quindi suscettibile di esser posta a fondamento delle scelte di un operatore ragionevole) ed al contempo

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dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe

giudicando inidonei a spiegare analoga influenza gli studi effettuati su Banca Italease da altri operatori
(Intermonte SIM, Mediobanca, Banca Akros).
11 motivo va giudicato infondato.
I! denunciato vizio di contraddittorietà è insussistente, posto che la Corte d’appello si fa carico di
differenziare le caratteristiche dello studio Citigroup da quelle degli studi lntermonte SIM, Mediobanca,
Banca Akros, sottolineando come questi ultimi costituissero una Continuation of coverage, mentre il
primo era una Initiation of coverage e, pertanto, contenesse “informazioni più accurate e con un maggior
Quanto alle altre considerazioni sviluppate nel motivo, sostanzialmente fondate sul rilievo che nel
messaggio via sms sopra trascritto non erano contenute informazioni relative al contenuto, all’autore ed
alle metodiche dello studio di cui si preannunciava la diffusione, esse non attingono il nucleo del
ragionamento della sentenza gravata, che si fonda sull’affermazione che dette informazioni erano già note
ai clienti istituzionali di Citigroup e che “l’unico dato che assumeva rilevanza per i destinatari
dell’informazione e che è stato puntualmente fornito” era il fatto che la ricerca su Banca Italease “stava per
uscire”. In definitiva, quindi, la censura della ricorrente si risolve in una critica dell’apprezzamento delle

risultanze istruttorie operato dal giudice di merito che non individua specifiche lacune motivazionali, ma
contrappone l’apprezzamento del materiale probatorio operato da tale giudice a quello auspicato dalla
parte; non ricorre quindi il lamentato vizio di motivazione (in termini, in ordine alla esatta identificazione del
vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 cpc, nel testo anteriore alla novella recata dal decreto legge 83/12,
SSUU n. 24 i 48/13).

Il ricorso va quindi in definitiva rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali esso si articola.
Le spese seguono la soccombenza.
PQM

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in
10.000, oltre E 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 5 febbraio 2016
Il Cons. estensore

Il Presidente

e

numero di elementi acquisiti”.

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