Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8209 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8209 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: FALABELLA MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso 26446-2011 proposto da:
DI PARDO MARIA CAMILLA DPRMCM41B61G506F, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo
studio dell’avvocato BRUNO NICOLA SASSANI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE
VETTA;
– ricorrente

2016
224

contro

DI PARDO FRANCESCA DPRFNC44C44G506S, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LUTEZIA 8, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO ROSI, rappresentata e difesa

Data pubblicazione: 22/04/2016

A

dall’avvocato LUIGI CESARE GRECO;
– controxicorrente –

avverso la sentenza n. 70/2011 della CORTE D’APPELLO
di CAMPOBASSO, depositata il 20/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

FALABELLA;
udito l’Avvocato BRUNO NICOLA SASSANI, difensore della
ricorrente, che ha chiesto raccoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dot_t. LUISA DE RENZIS che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 02/02/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 24 settembre
2004 Di Pardo Maria Camilla evocava in giudizio la

l’apertura della successione del padre Di Pardo
Pasquale, deceduto il 17 novembre 2000, oltre che la
simulazione relativa degli atti di vitalizio stipulati
tra il padre e la convenuta in data 7 settembre 1984 e
11 ottobre 1996, con i quali erano stati ceduti alla
seconda alcuni immobili. Secondo l’attrice detti atti
di disposizione ledevano la quota di legittima che le
spettava in quanto dissimulavano altrettante donazioni.
Infatti con

testamento pubblico dell’8 ottobre 1996

Pasquale Di Pardo aveva disposto un lascito in favore
dell’attrice limitatamente a un terreno, mentre aveva
attribuito

alla sorella il restante patrimonio

ereditario.
La convenuta si costituiva assumendo, anzitutto,
che i due atti di vitalizio erano pienamente validi e

quindi, produttivi di effetti giuridici e
sottolineando, inoltre,

come gli stessi non potessero

essere considerati donazioni, trattandosi di contratti
a titolo oneroso. Spiegava, poi ulteriori difese con
riguardo all’attività svolta in favore dell’anziano
genitore e alle spese a tal fine sostenute.

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sorella Di Pardo Francesca per sentire dichiarala

Il Tribunale di Larino rigettava la domanda.
La sentenza era gravata dall’attrice con esclusivo
riferimento al contratto del 1996 e, nel

anche nella fase di gravame, la Corte di appello di
Campobasso rigettava l’impugnazione. A fronte della
deduzione dell’appellante, che aveva censurato la
contraddittorietà della motivazione della sentenza
gravata – la quale, pur riconoscendo il carattere
aleatorio del contratto di mantenimento, aveva poi
affermato la validità del successivo negozio che aveva
eliminato il rischio al quale col precedente contratto
il vitalizianle si era sottoposto la corte
distrettuale evidenziava come le condizioni del padre,
a seguito di un intervento chirurgico, avevano imposto
una nuova attività di assistenza, qualificata dalla
insorta invalidità. 11 giudice dell’impugnazione negava
poi che il secondo contratto fosse nullo per mancanza
di alea, visto che Pasquale Di Pardo era deceduto nel
2000, a distanza, quindi, dalla stipula, avvenuta nel
1996. sottolineava, infine, che il contratto del 1996
aveva ad oggetto beni di modesto valore ed era, quindi,
del tutto consono alla nuova situazione di fatto che si
era determinata.
Questa pronuncia è stata impugnata da Maria
4

contraddittorio con la convenuta, che si costituiva

Camilla Di Pardo. Il ricorso per cassazione consta di
due motivi. Resiste con controricorso Francesca Di
Pardo. Quest’ultima ha depositato memoria.

Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione
e falsa applicazione degli artt. 1469, 1448 e 1362
c.c., nonché insufficienza della motivazione su un
fatto decisivo della controversia. Sottolinea che
Francesca Di Pardo era già obbligata, in virtù del
primo contratto di vitalizio, alle prestazioni
contemplate nel secondo.

Persistendo un obbligo

assoluto di assistenza (medica, farmaceutica ed
ospedaliera) indipendente dalle condizioni di bisogno
dell’assistito, l’obbligo non poteva certo derivare dal
secondo negozio, che risultava pertanto privo della
funzione economico sociale propria del vitalizio. Tale
negozio non avrebbe del resto potuto trovare un
legittimo fondamento causale nella circostanza del
sopravvenuto aggravamento delle condizioni di salute di
Pasquale Di Pardo, visto che una tale evenienza era
ricompresa nell’ambito di efficacia del primo
contratto, il quale aveva natura tipicamente aleatoria.
In sostanza, quindi, l’esigenza di un riequilibrio
degli interessi contrapposti regolati doveva essere
esclusa in ragione di tale connotazione del contratto
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MOTIVI DELLA DECISIONE

di vitalizio.
Il secondo motivo si fonda su una violazione e
falsa applicazione degli artt. 1325, 1418, 1362 c.c. e

impugnata su fatti decisivi della controversia. Aveva
errato la corte di merito allorché aveva ritenuto che
l’eccepita nullità per mancanza di alea dovesse essere
esclusa in ragione del fatto che il padre delle due
contendenti era morto nel 2000, a sensibile distanza di
tempo dalla stipula. In tal modo, infatti, il giudice
di appello aveva impropriamente apprezzato l’alea
basandosi su di un giudizio ex post.

Inoltre la stessa

alea doveva essere esclusa, con conseguente nullità del
contratto ove, come nel caso in esame, già al momento
della stipula fosse prefigurarabile, con ragionevole
certezza, il tempo del decesso del beneficiato, e fosse
quindi possibile calcolare, per entrambe le parti,
guadagni e perdite.
Il primo motivo è fondato, con conseguente
assorbimento del secondo.
E’

pacifico

che,

in

base

al

principio

dell’autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c.,
sia configurabile il contratto atipico di cosiddetto
“vitalizio alimentare”, autonomo e distinto da quello,
nominato, di rendita vitalizia di cui all’art. 1872
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su una insufficienza motivazionale della sentenza

c.c., sulla premessa che i due negozi, omogenei quanto
al profilo della aleatorietà, si differenzino perché,
mentre nella rendita alimentare le obbligazioni dedotte

di dare prevalentemente fungibili, nel vitalizio
alimentare le obbligazioni contrattuali hanno come
contenuto prestazioni (di fare e dare) di carattere
accentuatamente spirituale e, in ragione di ciò,
eseguibili unicamente da un vitaliziante
specificatamente individuato alla luce delle qualità
personali proprie di questo (cfr. ad es.: Cass. 5
maggio 2010, n. 10859; Cass. 29 maggio 2000, n. 7033;
Casa. 8 settembre 1998, n. 8854).
Il vitalizio alimentare, come il contratto tipico
di rendita vitalizia, ha natura aleatoria: in esso
l’alea, lungi dal venire meno o attenuarsi, si correla
a un duplice fattore di incertezza, costituito dalla
durata della vita del vitalizio e dalla variabilità’ e
discontinuità delle prestazioni in rapporto al suo
stato di bisogno e di salute (Cass. 12 febbraio 1998,
n. 1502); si è detto, quindi, che nel vitalizio
alimentare lialea è più marcata rispetto al contratto
di rendita vitalizia configurato dall’art. 1872 c.c.,
in quanto le prestazioni non sono predeterminate nel
loro ammontare, ma variano, giorno per giorno, secondo
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nel rapporto hanno ad oggetto prestazioni assistenziali

i bisogni, anche in ragione dell’età e della salute del
beneficiario (Cass. 9 ottobre 1996, n. 8825, richiamata
in motivazione da Cass. 19 luglio 2011, n. 15848).

di vitalizio alimentare nel 1984 e un secondo contratto
dal medesimo oggetto 1 1 11 ottobre 1996: è della
validità di questo secondo negozio che si dibatte.
In forza di questo secondo contratto fu disposto,
in favore dell’odierna controricorrente,

il

trasferimento di tre fondi rustici. Come si legge nella
sentenza impugnata il contratto del 1996 era
“dichiaratamente integrativo del primo”: l’elemento di
novità, rispetto a quanto specificamente convenuto nel
contratto nel 1984, è costituito, senz’altro, dalla
disposta alienazione dei tre cespiti immobiliari; non è

indicato

né nel provvedimento oggetto del ricorso per

cassazione, né nel ricorso, e nemmeno nel controricorso
che il secondo contratto prevedesse prestazioni
assistenziali diverse e ulteriori rispetto a quelle
convenute nel 1984. E infatti, la corte di merito
individua il fondamento giustificativo della seconda
attribuzione patrimoniale non già in una nuova e
diversa pattuizione circa gli obblighi di assistenza
nei confronti del vitaliziato,

quanto, piuttosto,

nel

modificarsi della situazione che si era nel frattempo

Nel caso di specie fu concluso un primo contratto

determinata, giacché Pasquale Di Pardo, a seguito di un
delicato intervento chirurgico, necessitava “di
un’assistenza non meramente derivante dal trascorrere

aveva colpito il vitaliziato, divenuto del tutto
incapace di badare a se stesso”.
Come si è rilevato, la connotazione di aleatorietà
del contratto di vitalizio alimentare involge, oltre
all’elemento della durata della prestazione
assistenziale (che non è prevedibile, costituendo la

morte del vitaliziato un evento incertus quando), anche
quello della obiettiva consistenza della prestazione
che il vitaliziante è tenuto ad eseguire: prestazione
suscettibile di modificarsi nel tempo, in ragione di
fattori molteplici e non predeterminabili (tra cui
quelli inerenti alle condizioni di salute del
beneficiato).
Tale aleatorietà qualificava il rapporto in
contestazione fin dal momento della sua nascita, nel
1984, il quale prevedeva, come si legge nella sentenza
impugnata (pag. 4), l’assistenza medica, farmaceutica
ed ospedaliera, oltre che un generico impegno di
assistenza con riferimento a qualsiasi bisogno del
vitaliziato.

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del tempo, bensì qualificata dalla nuova invalidità che

Deve quindi ritenersi che l’insorgere di un stato
patologico (quale quello diagnosticato a Pasquale Di
Pardo nel 1994), come pure il manifestarsi di una

contratto.
Non rileva, quindi, che per effetto di tale nuova
invalidità il padre delle odierne contendenti fosse
divenuto incapace di badare a se stesso, giacché tale
stato di fatto, peggiorativo delle condizioni di salute
del vitaliziato r era ricompreso nella prestazione
originaria, la quale non risultava in alcun modo
delimitata da fatti o situazioni totalmente o
parzialmente
vitaliziante

inabilitanti
dalla

che

prestazione

esimessero

la

dell’attività

assistenziale promessa.
Va quindi fatta applicazione del principio, già
affermato da questa Corte, per cui il trasferimento di
un altro bene, con un contratto così detto di
mantenimento, quale compenso della maggiore gravosità
sopravvenuta dell’assistenza materiale e morale da
prestare, è privo di causa perché in tal modo
l’ulteriore attribuzione patrimoniale rispetto alla
precedente con identico contratto elimina il rischio
connaturale a questo di sproporzione tra le due
prestazioni: sicché non essendo giustificata da un

lo

conseguente invalidità, rientrasse nell’alea del primo

diverso corrispettivo, la causa di scambio dissimula
quella di liberalità (Cass. 19 ottobre 1998, n. 10332).
Il secondo motivo è assorbito.

al giudice di rinvio, il quale dovrà fare applicazione
del principio di diritto sopra richiamato. Allo stesso
giudice

del rinvio competerà di statuire in punto di

spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte

accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia la
causa alla Corte di appello di L’Aquilar—j177-1-t-ba
rIomposizion.e, la quale provvederà anche sulle spese del
presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio
della 2″ Sezione Civile, in data 2.2.2016.

La sentenza va quindi cassata e la causa rimessa

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