Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8207 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8207 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: COSENTINO ANTONELLO

SENTENZA

sul ricorso 27083-2011 proposto da:
MANNINO FRANCESCO MNNFNC68B08G273P, nella

qualità di

erede con beneficio d’inventario di MANNINO DOMENICO,
deceduto, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA
DELL’OROLOGIO, 7, presso lo studio dell’avvocato PAOLA

MORESCHINI, rappresentato
201.6

e

difeso

dall’avvocato

ALESSANDRO PALMIGIANO;
– ricorrente –

154
contro

COMUNE di CONTESSA ENTELLINA, in persona del Sindaco
4

t

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 22/04/2016

APPIA NUOVA 96, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
ROLFO, rappresentato e difeso dall’avvocato GIROLAMO
CALANDRA;
– controricorrente nonchè contro

d’inventario di MANNINO DOMENICO;
– intimata

avverso la sentenza n. 1235/2010 della CORTE D’APPELLO

di PALERMO, depositata il 20/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/01/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO
COSENTINO;
udito l’Avvocato PAOLA MORESCHINI, con delega orale
dell’avvocato

ALESSANDRO PALMIGIANO difensore

del

ricorrente, che si è riportata alle difese depositate;
udito il

P.M.

in persona del Sostituto

Procuratore

Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso

per il

rigetto del primo e del terzo motivo e per
raccoglimento del secondo motivo di ricorso.

LO IACONO GIUSEPPA VITA erede con beneficio

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I sigg. Francesco Mannino e Giuseppa Vita Lo lacono ottennero un decreto ingiuntivo nei confronti

del comune di Contessa Entellina per il pagamento del corrispettivo asseritamente dovuto al loro
dante causa, ing. Domenico

Marlilit10,

per l’attività professionale da quest’ultimo resa per la

progettazione di una strada di collegamento dal centro abitato di Contessa Entellina alla strada a
negando la sussistenza del credito per intervenuta revoca del finanziamento e, in via
riconvenzionale, chiedendo la risoluzione del contratto d’opera per inadempimento del
professionista. Gli eredi Mannino, costituendosi nel giudizio di opposizione, proposero in via
subordinata l’azione generale di arricchimento cx 2041 cc. 11 tribunale di Palermo rilevò la nullità,
per difetto di prova scritta, del contratto d’opera professionale dedotto a fondamento della pretesa
monitoria e revocò il decreto, rigettando altresì le domande riconvenzionali del Comune. La Corte
di appello di Palermo, adita dagli eredi Mannino, ha rigettato l’appello, confermando la nullità del
contratto de quo per difetto di forma scritta e giudicando inammissibile l’azione generale di
arricchimento proposta in sede di costituzione nel giudizio di opposizione.
Avverso la sentenza di secondo grado il solo Francesco Mannino ha proposto ricorso per
cassazione, articolato su tre motivi.
Il Comune si è costituito con controricorso.
La signora Lo lacono non si è costituita in sede di legittimità.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memoria.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 25.1.16 nella quale il Procuratore Generale ha
concluso come in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo – riferito all’articolo 360 numeri 3 e 4 c.p.c., in relazione agli articoli 2909 c.c.
e 323, 324 e 819 ter c.p.c. – i ricorrenti censurano la sentenza gravata per avere violato il giudicato
esterno rappresentato dalla sentenza del tribunale di Palermo del 5.8.98 n. 2579 che, pronunciandosi
in altra causa tra le stesse parti sull’esistenza e la validità del contratto d’opera professionale
stipulato tra l’ingegner Domenico Mannino e il comune di Contessa Entellina, aveva dichiarato
l’incompetenza del giudice ordinario a favore degli arbitri. Al riguardo la Corte d’appello ha
argomentato che la sentenza suddetta non farebbe stato in ordine all’esistenza di un valido contratto

scorrimento veloce Palermo – Sciacca. Il Comune si oppose eccependo la competenza arbitrale,

tra le parti, in ragione della inidoneità delle sentenze sulla competenza a passare in cosa giudicata
sostanziale. Secondo i ricorrenti, per contro, la declinatoria di competenza a favore degli arbitri
avrebbe natura di pronuncia di merito, e non di pronuncia sulla competenza, e, pertanto,
implicherebbe l’accertamento positivo della esistenza e validità del contratto.
Il motivo va disatteso, giacché si fonda su un orientamento (che la sentenza del giudice ordinario
declinatoria della competenza in favore degli arbitri avrebbe natura di pronuncia di merito e non di
Sezioni Unite n. 24153/13 (resa in materia di arbitrato estero ma sulla base di una rivisitazione
complessiva dell’essenza dell’istituto); tale sentenza, ribaltando il precedente 4indirizzo espresso
dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza n. 527/2000, ha affermato che “l’attività degli arbitri
rituali anche alla stregua della disciplina complessivamente ricavabile dalla legge 5 gennaio
1994, n. 5 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione
del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del
secondo si configura come questione di competenza, mentre il sancire se una lite appartenga alla
competenza giurisdizionale del giudice ordinario e, in tale ambito, a quella sostitutiva degli arbitri
rituali, ovvero a quella del giudice amministrativo o contabile, dà luogo ad una questione di
giurisdizione». Il principio espresso nella sentenza n. 24153/13 è stato poi ripreso dalla sentenza n.
23176/15, che ha precisato che “Anche prima delle modifiche introdotte dal d lgs. n. 40 del 2006,
deve ritenersi che l’attività degli arbitri rituali abbia natura giurisdizionale e sostitutiva della
funzione del giudice ordinario, sicché lo stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei
primi o del secondo si configura come questione di competenza.” Alla stregua del più recente
orientamento della giurisprudenza di legittimità, da cui il Collegio non ha ragione di discostarsi,
deve quindi conclusivamente affermarsi che la sentenza del giudice ordinario declinatoria della
competenza in favore degli arbitri rituali ha natura di pronuncia sulla competenza (tanto che la
stessa è impugnabile solo con regolamento di competenza, vedi Cass. n. 17908/14); essa dunque,
contrariamente all’assunto dei ricorrenti, soggiace alla regola generale che le sentenze che
statuiscono sulla competenza – ad eccezione delle decisioni della Corte di Cassazione in sede di
regolamento di competenza – non sono suscettibili di passare in cosa giudicata in senso sostanziale,
poiché la decisione sulla questione di competenza, emessa dal giudice di merito con sentenza non
più impugnabile, dà luogo soltanto al giudicato formale, il quale si concreta in una preclusione alla
riproposizione della questione soltanto davanti al giudice dello stesso processo, ma non fa stato in
un distinto giudizio promosso dalle stesse parti dinanzi ad un giudice diverso (ex mu/tis, da ultimo,
Cass. 3291/13).

pronuncia sulla competenza) superato dalla giurisprudenza di questa Corte con la sentenza delle

Con il secondo motivo, riferito all’articolo 360 numeri 3 e 4 c.p.c. (in relazione agli articoli 112,
113, 183, 184 e 645 c.p.c., nonché 2041 e 1453 c.c.), si censura la statuizione della sentenza
gravata la quale – sul principio che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo l’opposto non
può introdurre domande nuove rispetto a quelle dispiegate nel ricorso per ingiunzione – ha
dichiarato inammissibile la domanda di arricchimento spiegata dagli eredi Marinino in sede di
costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo introdotto dal Comune ingiunto. Al
ed argomentano che la proposizione della domanda di arricchimento dovrebbe giudicarsi
ammissibile in quanto dipendente delle difese spiegate dal Comune.
11 motivo è infondato. Secondo SSUU 26128/10, nel procedimento di opposizione a decreto
ingiuntivo – al quale si devono applicare le norme del rito ordinario, ai sensi dell’art. 645, secondo
comma, e, dunque, anche l’art. 183, quinto comma, cod proc. civ. – la domanda di arricchimento
senza causa avanzata con la comparsa di costituzione e risposta dall’opposto (che riveste la
posizione sostanziale di attore) è ammissibile soltanto qualora l’opponente abbia introdotto nel
giudizio, con l’atto di citazione, un ulteriore tema di indagine, tale che possa giustificare l’esame di
una situazione di arricchimento senza causa. In ogni altro caso, all’opposto non è consentito di
proporre, neppure in via subordinata, nella comparsa di risposta o successivamente, un’autonoma
domanda di arricchimento senza causa, la cui inammissibilità è rilevabile d’ufficio del giudice.
Nella specie, già il tribunale (come risulta dallo stralcio della sentenza di primo grado trascritto a
pagina 5 del ricorso per cassazione) aveva rilevato che il Comune, nel proprio atto di opposizione al
decreto ingiuntivo, aveva proposto “domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto,
risarcimento dei danni e ripetizione delle somme versate e, quindi, domande fondate sull’esistenza
del titolo contrattuale, rispetto alle quali la domanda ex articolo 2041 c.c., che presuppone
l’assenza di un titolo, non può ritenersi consequenziale”. Il Collegio condivide il rilievo del
tribunale che la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto presuppone, al pari della
domanda principale di adempimento del medesimo, la sussistenza del contratto stesso; tale
domanda, pertanto, non introduce in causa il tema di indagine della inesistenza del contratto e,
conseguentemente, non determina un ampliamento dell’oggetto di lite tale da giustificare
l’introduzione di una domanda di arricchimento.
Con il terzo motivo, riferito all’articolo 360 numeri 3 e 4 c.p.c. (in relazione all’articolo 645 c.p.c.)
si censura la sentenza gravata per non aver dichiarato l’improcedibilità dell’opposizione per
j.g.1
ndicati dall’articolo 645 c.p.c..
indicati
violazione termini

riguardo i ricorrenti richiamano la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte numero 26128/10

In proposito i ricorrenti rilevano che il Comune di Contessa Entellina si è costituito nel giudizio di
primo grado senza il rispetto dei termini costituzione “ridotti a metà”, cosicché, alla stregua del
principio espresso da SSUU n. 19246/10, il tribunale, prima, e la Corte d’appello, poi, avrebbero
dovuto dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione.
Ti motivo va disatteso perché, posto che i ricorrenti non deducono che il termine per comparire
assegnato nell’atto di citazione in opposizione fosse inferiore a quello di cui all’articolo 163-bis,
cui stregua “Nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, l’articolo
165, primo comma, del codice di procedura civile si interpreta nel senso che la riduzione del
termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto
ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione inferiore a
quello di cui all’articolo 163-bis, primo comma, del medesimo codice.”. Come questa Sezione ha
già avuto modo di chiarire, infatti, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in applicazione
della suddetta norma di interpretazione autentica, la riduzione alla metà del termine di costituzione
dell’opponente si applica solo se questi abbia assegnato all’opposto un termine di comparizione
inferiore a quello di cui all’art. 163-bis, primo comma, c.p.c. (sent. n. 2242/12).
Può peraltro aggiungersi che, comunque, sulla procedibilità dell’opposizione del Comune al decreto
ingiuntivo è intervenuto il giudicato interno, non avendo gli eredi Mannino, soccombenti in primo
grado, appellato la sentenza del tribunale per l’omesso rilievo di tale improcedibilità (vedi Cass.
2427/11).
In conclusione, il ricorso va respinto in relazione a tutti i motivi nei quali si articola.
Le spese seguono la soccombenza.

PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna iericorrentiea rifondere al contrq_ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che
liquida in curo 5.000,00, oltre

e 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma il 25’gennaio 2016
Il Cons. estensore

Il Presidente

primo comma, c.p.c., deve farsi applicazione del disposto dell’articolo 2 della legge n. 218/11, alla

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