Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8206 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8206 Anno 2016
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso 22552-2011 proposto da:
NANNI

LUCA

NNNLCU65D29A944R,

MANFRHOlNi

MONICA

MNFMNC67M53A9441, COLLINA IADER CLLDRI52C22E289A,
CRISTOFORI PAOLA CRSPLA57C71A944P, domiciliati ex lege
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della
CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi
2016

dall’avvocato CRISTINA RIMONDI;
– r2lcorrenti –

138

contro

COOP. COSTRUZIONI s.c. p.iva 00291390375, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

Data pubblicazione: 22/04/2016

domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDORI n.4, presso
lo studio dell’avvocato LORENZO SPANGARO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAN
VITO CALIFANO ed all’avvocato SILVIA CALIFANO;
– controricorrente

di BOLOGNA, depositata il 05/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/01/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO
ORILTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 1130/2010 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1

Con citazione 21.12.1994 un gruppo di proprietari di

appartamenti facenti parte del fabbricato sito in Bologna in via
Martiri di Montesole 17

convenne rw

in giudizio davanti al

Tribunale di Bologna la società costruttrice

Edilfornaciari

il risarcimento dei danni per una serie

di difetti

Coop. a r.l. (oggi Cooperativa Costruzioni s.c.r.1.) chiedendo
alla

pavimentazione.
All’udienza del 25.9.1996 intervennero volontariamente nel

processo anche altri proprietari,

i signori Luca Nonni e Monica

Manfredini nonché Iader Collina e

Paola Cristofori, lamentando i

medesimi vizi e formulando anch’essi domanda risareitoria contro

il costruttore.
2 Per quanto ancora interessa in questa sede le domande di
questi ultimi vennero respinte dal Tribunale e la Corte
d’Appello di Bologna, rigettando l’impugnazione incidentale,
confermò tale decisione rilevando che mai la Cooperativa

Costruzioni aveva riconosciuto i vizi e che la sentenza di primo
grado aveva accolto non l’eccezione di decadenza, ma quella di
prescrizione sollevata dalla società costruttrice ex art. 1669
secondo comma cc. Ritenne quindi corretta la decisione del primo
giudice considerando le date delle

denunzie di vizi presentate

dai Collina-Cristofori e Nanni-Manfredini rispetto a quella del
Loro intervento in causa.

3 Questi ultimi hanno proposto ricorso per

cassazione

3

avverso tale decisione sulla base di tre motivi a cui resiste la
Cooperativa costruzioni.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1-2

Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi

dell’art. 360 n. 3 cpc la violazione dell’art. 1669 cc: a loro
avviso la Certe d’Appello ha errato nel ritenere che la mera
“segnalazione di interventi!”

potesse valere come denunzia di

vizi idonea a far decorrere il termine prescrizionale di cui
all’art. 1669 comma 2 cc; osservano i ricorrenti di avere invece
avuto compiuta conoscenza dei vizi solo al momento del deposito
della consulenza tecnica di ufficio

e richiamano una

pronuncia

di giurisprudenza ritenuta utile alla loro tesi difensiva.
Con la seconda censura si denunzia ai

sensi dell’art.

360

n. 5 cpc la motivazione contraddittoria e insuffici ente circa un
fatto controverso e decisivo per il giudizio: sostengono
ricorrenti che

giudice a quo era ben a conoscenza della

sentenza n. 11740/2003 avendola più volte menzionata; criticano
ancora

una volta la Corte d’Appello per

avere considerato

denunce di vizi quelle che – a loro parere – erano solo mere
lettere inviate prima della acquisizione della relazione e
quindi prima della completa e adeguata acquisizione del difetto.
Queste due censure – che ben si prestano a trattazione
unitaria – si espongono ad una pregiudiziale declaratoria di
inammissibilità per difetto di autosufficienza.
Come questa Corte ha precisato a più riprese e ribadito
4

anche recentemente

>40

a

seguito delJa novellazione dell’art.

366 c.p.c., ad opera della L. n. 40 del 2006, art. 5, che ha
aggiunto ai precedenti il n. 6, in forza del quale “1/ ricorso
deve contenere a pena di inammissibilità
indicazione degli atti prQcessuali, dei

la specifica
documenti

e

dei

contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso .9i fonda”,
codificando in tal modo il principio di autosufficienza, il
ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari a costituire
le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di
merito e,

altresì, a permettere la valutazione della fondatezza

di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a
fonti esterne allo stesso ricorso o, quindi, ad elementi o atti
attinenti al pregresso giudizio di merito. Si è perciò di nuovo
ricordato che la disposizione di cui all’art. 366 c.p.c., coma
1, n. 6, “costituente la conseguenza del principio di
autosufficienza

dell’esposizione del motivo di

cassazione”, impone di indicare specificamente,

ricorso per

a pena di

inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la
produzione, “gli atti processuali ed i documenti su cui il
ricorso si fonda mediante riproduzione diretta del contenuto che
sorregge la censura,

oppure attraverso

indiretta di esso con specificazione

una riproduzione

della parte del documento

cui corrisponde l’indiretta riproduzione” (v. Lra le varie, Sez.
5, Sentenza n. 14784 del 15/07/2015 Rv. 636120; v. altresì Sez.
L, Sentenza n. 14541 del 2014; Sez.

3,

Sentenza n. 7610 del

5

31/03/2006 Rv. 588134).
È del tutto evidente che, traguardate alla luce di questi
criteri, le doglianze in disamina si rivelano del tutto prive
della necessaria compiutezza atta ad assicurarne

l’autosufficienza, perché i ricorrenti – a fronte di una solida
argomentazione della Corte d’Appello fondata sul decorso del
termine prescrizionale di un anno alla data (25.9.1996) della
domanda giudiziale rispetto alle precedenti denunzie di vizi
presentate il 7.3.1994, il 6.5.1995 e, infine, il 3.6.1996 – si
sono limitati a dedurre semplicemente, sulla scorta di una
massima di giurisprudenza (la sentenza 11740/2003), che le “/e
lettere di

segnalazione e

richieste di intervento non possono

essere qualificate come denunzie di vizi nella accezione di cui
all’azt 1669 cc per carenza di informazioni tecniche necessarie
a qualificare la gravità dei difetto”,

senza tuttavia darsi cura

alcuna ne’ di allegare né almeno di riprodurre il contenuto
delle lettere costituenti il perno del convincimento della Corte
di merito ai fini dell’intervenuta prescrizione (essendo

(s

evidente che già tra la denunzia del 7.3.1994 e quella del
6.5.1995

era già decorso abbondantemente il termine annuale

previsto dal secondo

comma

dell’art.

1669

cc.): in tal modo i

ricorrenti si sono sottratti al prescritto adempimento in punto
di autosufficienza, precludendo alla Corte

di

Cassazione di

poter attingere il contenuto delle censure dalla diretta lettura
del ricorso e di verificare l’eventuale fondatezza dell’assunto.
6

La grave sanzione prescritta dalla citata disposizione si
rende pertanto inevitabile.
3

Col terzo ed ultimo motivo

ricorrenti denunziano

infine ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc la violazione degli

artt.

2938 cc e 112 cpc: a loro dire il giudice ha rigettato la

domanda di ufficio in assenza di eccezioni di prescrizione.
Rilevano in ogni caso di avere inviato raccomandate il 30.5.1995
e

il 30.6.1996 così interrompendo il corso della prescrizione

annuale. Contestano infine i calcoli fatti dai giudici di merito
sulle date delle denunzie.

Questa doglianza è in parte inammissibile e in parte
infondata.
Innanzitutto, è inammissibile perché pone una questione di
diritto (pronuncia

sulla prescrizione in assenza della relativa

eccezione) che non risulta abbia formato

oggetto di dibattito

nel giudizio di merito ed anzi la la Carte bolognese dà per
scontata la proposizione di una siffatta eccezione (v. pag. 25).
La giurisprudenza di legittimità è rigorosa in proposito:
qualora una determinata questione giuridica – che implichi un
accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella
sentenza impugnata né indicata nelle conclusioni ivi epigrafate,
il ricorrente che riproponga la questione in sede di
legittimità,

al fine di evitare una statuizione di

inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo
di allegare l’avvenuta

deduzione della questione innanzi al

7

giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto
difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde
dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la
veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la

593077; Sez. 3, Sentenza n. 15422 del 22/07/2005 Rv. 584872)
Sez. 3, Sentenza n. 5070 del 03/03/2009 Rv. 606945).
Per il resto, la doglianza è infondata parche si risolve
in una rivisitazione degli atti del giudizio (le lettere inviate
alla società) che – come già detto – neppure risultano allegate
o trascritte, sollecitando così ancora una volta la Corte di
Cassazione a compiere valutazioni di merito previa esame degli
atti di causa.
In conclusione, il ricorso va respinto con addebito di
spese ai ricorrenti in via solidale.
P Q . M_

la Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in

e_

2.200,00 di cui C. 200,00 per esborsi oltre accessori di

legge.
Così deciso in Roma il 25.1.201G.

questione stessa (sez. l, Sentenza n. 25546 del 30/11/2006 Rv.

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