Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8205 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/04/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 11/04/2011), n.8205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, ed AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12,

presso l’Avv. Generale dello Stato, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

IMMOBILPALACE s.a.s. di Marzadro Claudio & C, in persona del

legale

rappresentante pro tempore, A.N. e M.C.,

elettivamente domiciliati in Roma, via Celimontana n. 38, presso

l’avv. Panariti Benito Piero, che li rappresenta e difende unitamente

all’avv. Mario Dapor giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di

Trento n. 6/02/05, depositata l’11 marzo 2005.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

febbraio 2011 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio;

udito l’Avvocato dello Stato Giancarlo Caselli per i ricorrenti e

l’avv. Benito Pananti per i controricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate propongono ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Trento indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità degli avvisi di accertamento emessi, ai fini ILOR, nei confronti della Immobilpalace s.a.s. di M.C. e, ai fini IRPEF per il conseguente reddito di partecipazione, nei confronti dei soci M.C. e A.N., a titolo di plusvalenza derivante da cessione di azienda.

Il giudice a quo ha ritenuto che il valore dell’avviamento non poteva derivare direttamente da quello accertato ai fini dell’imposta di registro, il quale poteva essere assunto dall’Ufficio “solo come uno degli elementi di riscontro alla cui stregua rideterminare la plusvalenza, ovviamente con l’ausilio di un’indagine approfondita riferita alla produttività dell’azienda compravenduta”.

2. I contribuenti resistono con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va in primo luogo dichiarata l’inammissibilità per difetto di legittimazione, in base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, del ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze, il quale non è stato parte del giudizio di merito, instaurato nei confronti dell’Agenzia delle entrate nel 2001.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio, in considerazione dell’epoca in cui si è formata la detta giurisprudenza.

2. Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 54 e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere il giudice ritenuto che il valore di avviamento determinato, in via definitiva, ai fini dell’imposta di registro non avesse valore vincolante per l’Ufficio ai fini dell’accertamento della plusvalenza.

Il motivo è fondato nei sensi di seguito precisati.

Costituisce orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità, quello secondo cui l’amministrazione finanziaria è legittimata a procedere in via induttiva all’accertamento del reddito da plusvalenza patrimoniale relativa al valore di avviamento, realizzata a seguito di cessione di azienda, sulla base dell’accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell’imposta di registro, ed è onere probatorio del contribuente superare (anche con ricorso ad elementi indiziali) la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell’imposta di registro, dimostrando di avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore (Cass. nn. 21055 del 2005, 4057 e 12899 del 2007).

Il giudice d’appello, con la motivazione riportata in narrativa, non si è attenuto a tale principio.

3. Il ricorso va, pertanto, accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria di secondo grado di Trento, la quale procederà a nuovo esame della controversia, uniformandosi al detto principio, oltre a provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze e compensa le spese.

Accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria di Secondo grado di Trento.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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