Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8203 del 27/04/2020

Cassazione civile sez. I, 27/04/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 27/04/2020), n.8203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33752/2018 proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avv. M. Gilardoni, per procura rilasciata con atto separato;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS), Procura Generale Corte Di

Cassazione;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1136/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/11/2019 da Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’Appello di Brescia ha respinto il gravame proposto da B.M. cittadino ivoriano, avverso l’ordinanza del tribunale di Brescia che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di una vicenda nella quale scoppiò un incendio nell’officina dove lavorava (non ricorda se aveva chiuso il gas quando si era allontanato) ed in esso aveva perso la vita il datore di lavoro. Allora, il figlio del datore di lavoro, avendo visto quanto era successo aveva cominciato a picchiarlo, poi era andato a chiamare i parenti per picchiarlo con il machete. Lui scappò allora da un amico dove rimase due mesi e poi, informato che la polizia lo stava cercando in Costa d’Avorio, lasciò definitivamente il proprio paese.

Contro la sentenza della medesima Corte d’Appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo (rubricato come secondo), per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7,14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, artt. 2 e 3 CEDU, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per avere la Corte d’appello escluso la protezione sussidiaria senza esaminare la situazione generale della Costa d’Avorio e per aver omesso di esaminare la situazione del paese di provenienza condizione di vulnerabilità del ricorrente e dei paesi di permanenza, in particolare la Libia; (ii) sotto un secondo profilo (rubricato come terzo), per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2, avuto riguardo al percorso d’inserimento sociale.

In via preliminare, il ricorso è tempestivo, come dedotto dal ricorrente, secondo la normativa applicabile ratione temporis, in quanto il giudizio è iniziato prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, introdotto con il D.L. n. 13 del 2017, art. 6, convertito nella L. n. 47 del 2017.

Il primo motivo è inammissibile, perchè solleva censure di merito all’accertamento di fatto della Corte d’appello sulla situazione generale della Costa d’Avorio, in particolare che nella zona di provenienza del ricorrente, non vi è conflitto al livello di guerra civile, nè violenza indiscriminata, tale da costituire grave pericolo di vita qualora il ricorrente dovesse tornare nel proprio paese, il giudizio emesso sulla base di fonti informative autorevoli e aggiornate (Human Rights Watch – World Report 2017), come richiesto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3.

Il secondo motivo è infondato, in quanto la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dalla Corte d’appello che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione, non rientrando la vicenda narrata nel perimetro normativo del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 18,19 e 20 (v. p. 4 della sentenza impugnata).

La mancata predisposizione di difese scritte da parte del ricorrente esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2020

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