Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8203 del 11/04/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/04/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 11/04/2011), n.8203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ADAMO Mario – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BIRRERIA TRENTI DI FERRARO MAURIZIO & C SAS, in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA

MOROSINI 12 presso lo studio dell’avvocato DE MARCHI ANDREA,

rappresentato e difeso dall’avvocato TASSOTTI TEOBALDO, giusta delega

in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI BASSANO DEL GRAPPA, in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 32/2007 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 14/09/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato CONTESTABILE SILVIA per delega

dell’Avvocato TASSOTTI TEOBALDO, che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato TIDORE BARBARA, che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti del giudizio di legittimità.

Il 23.6.2008 è stato notificato all’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Bassano del Grappa un ricorso della “Birreria Trenti di Ferraro Maurizio & C. sas” per la cassazione della sentenza della CTR di Venezia descritta in epigrafe (depositata il 14.9.2007), che ha respinto il ricorso proposto dalla parte contribuente e volto ad ottenere la revocazione della sentenza n. 40/20/2005 della stessa CTR di Venezia.

Il 20.9.2008 è stato notificato alla ricorrente il controricorso dell’Agenzia.

La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 27.1.2011, in cui il PG ha concluso per il rigetto del ricorso.

2. I fatti di causa.

Con avviso di liquidazione l’Agenzia ha richiesto il versamento delle imposte e conseguenti sanzioni correlate al trasferimento di un fabbricato avvenuto “a seguito di sentenza civile n. 617/00 del Tribunale di Bassano del Grappa”. Impugnato detto avviso avanti alla CTP di Vicenza. la Commissione adita aveva accolto il ricorso e dichiarato nullo l’avviso per la carente motivazione dell’atto. Detta decisione (n. 550/2002, depositata il 5.7.2002) era stata impugnata in appello dall’Agenzia delle Entrate, con atto notificato il 29.10.2003, avanti alla CTR di Venezia, processo nel quale la parte contribuente non si era costituita. L’adita Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la sentenza impugnata con la sentenza n. 40/20/2005 avverso la quale la parte contribuente ha proposto ricorso per revocazione, sul presupposto che quest’ultima fosse “contraria alla sentenza inter partes n. 550/2002 della 5^ sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, passata in giudicato per mancata impugnazione entro il termine di decadenza di cui all’art. 327 c.p.c.”.

Il ricorso per revocazione è stato rigettato dalla CTR adita.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata – da una parte – nel senso che l’assunto circa l’intervenuto passaggio in giudicato della sentenza della CTP di Vicenza n. 550/2002. depositata in data 5.7.2002, doveva considerarsi infondato, attesa la sospensione dei termini feriali disposta dalla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 6, per i giudizi pendenti alla data della sua entrata in vigore, e – d’altra parte – nel senso che dovevano considerarsi infondati i motivi di doglianza rivolti nei confronti della notifica dell’appello proposto dall’Agenzia avverso la predetta sentenza della CTP di Vicenza, siccome ritualmente effettuata a mezzo posta.

4. Il ricorso per cassazione.

Il ricorso per cassazione è sostenuto con tre distinti motivi d’impugnazione e – previa indicazione del valore della lite in Euro 48.759.21 – si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, “di guisa che la sentenza n. 550/02 della 5 sezione della CTP di Vicenza abbia ad avere efficacia di giudicato irrevocabile inter partes”, con la condanna di parte avversaria al pagamento delle spese di lite.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Il primo motivo d’impugnazione.

a) Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 1, 16, 49, 53 e art. 6 nonchè della L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 2, comma 3 e art. 14”.

La parte ricorrente lamenta, con riferimento alla notifica dell’atto di appello contro la menzionata sentenza della CTP di Vicenza, che “l’Amministrazione ha eseguito la spedizione dell’atto si direttamente, ma senza attenersi alle prescrizioni di cui alla citata legge” (e cioè la L. n. 890 del 1982). Infatti, l’atto di appello era stato notificato “piegato su sè stesso” senza l’impiego di una busta di colore vede … e per giunta senza relata di notificazione;

senza che nel piego vi sia apposto in numero del registro cronologico, nè il nome nè la sottoscrizione del funzionario che ha curalo il procedimento di notifica.

La censura si conclude con la formulazione di un quesito che qui non mette conto trascrivere.

Il motivo di ricorso è improcedibile, per violazione dell’art. 369 c.p.c., n. 4 e cioè per omessa produzione/specifica indicazione dei documenti che sono necessari ai fini della decisione sul motivo di ricorso.

E’ infatti Giurisprudenza di questa Corte che: “In tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta: a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile; b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento; C) qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso” (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010).

Per quanto attiene, in particolare, agli oneri di produzione afferenti alla speciale materia del processo tributario, vale la pena di evidenziare che è già stato precisato in precedenti arresti di questa Corte che “l’onere di depositare, nel termine perentorio fissato per il deposito del ricorso per cassazione, i documenti su cui lo stesso si fonda – imposto, a pena di improcedibilità, dall’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, nella formulazione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – si applica anche nel processo tributario, non ostandovi il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 25, comma 2, per il quale “i fascicoli delle parti restano acquisiti al fascicolo d’ufficio e sono ad esse restituiti al termine del processo”, in quanto la stessa norma prevede, di seguito, che “le parti possono ottenere copia autentica degli atti e documenti contenuti nei fascicoli di parte e d’ufficio”. con la conseguenza che non è ravvisatole alcun impedimento all’assolvimento dell’onere predetto. polendo la parte provvedere al loro deposito anche mediante la produzione in copia, alla quale l’art. 2712 cod. civ. attribuisce lo stesso valore ed efficacia probatoria dell’originale, salvo che la sua conformità non sia contestata dalla parte contro cui è prodotta” (Cass. Sez. 5. Ordinanza n. 24940 del 26/11/2009).

Trattandosi qui di documento (quello afferente l’avvenuta notifica dell’atto di appello menzionato in precedenza) prodotto dalla controparte dell’odierno ricorrente, quest’ultimo avrebbe dovuto assolvere (e non lo ha fatto) a quanto prescritto analiticamente sub lettera b) della massima sopra riportata, sicchè non resta che ritenere improcedibile la censura ora in esame.

6. Il secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione dell’art. 327 c.p.c., nonchè degli artt. 324 e 2909 c.c., probabile violazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 16”.

La parte ricorrente lamenta che l’atto impugnato non poteva essere collocato nel novero degli atti impositivi di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 3, lett. a), trattandosi di “atto impositivo meramente liquidatorio”, sicchè la controversia avente ad oggetto l’impugnazione di detto atto non era affatto suscettibile di definizione agevolata, e neppure della sospensione dei termini processuali. Di qui l’errore commesso dal giudice della revocazione in ordine alla tempestività della proposizione dell’atto di appello.

La censura si conclude con la formulazione di un quesito che qui non mette conto trascrivere.

Il motivo di ricorso è improcedibile, per violazione dell’art. 369 c.p.c., n. 4 e cioè per omessa produzione/specifica indicazione dei documenti che sono necessari ai fini della decisione sul motivo di ricorso. Si tratta qui – in particolare – del provvedimento impositivo oggetto della controversia decisa con la sentenza della cui revocazione si tratta, il cui esame diretto è indispensabile ai lini di decidere sul motivo d’impugnazione ora in esame.

Valgono le considerazioni già formulate in relazione al motivo che precede.

7. Il terzo motivo d’impugnazione.

Il terzo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per diletto, ovvero contradditorietà della motivazione circa il punto decisivo della effettiva illustrazione delle ragioni sottese all’emissione dell’originario avviso di liquidazione”.

La parte ricorrente lamenta che la sentenza di appello n. 40/2005 della CTR del Veneto (e quindi non la sentenza qui oggetto di impugnazione) sarebbe “immotivata sulla questione, decisiva, della perplessità soggettiva ed oggettiva stando alla quale la 5 sezione della CTP aveva accolto l’originario ricorso di Birreria Trenti sas dando atto che, in difetto di prova contraria dell’Agenzia delle Entrate non si sapeva cosa la stessa Birreria Trenti sas avesse sottoscritto sub rep. n. 617/2000”.

La censura si conclude con la formulazione di un quesito che qui non mette conto trascrivere.

Il motivo di impugnazione è inammissibile.

Esso non è in alcun modo correlato con il provvedimento qui oggetto di impugnazione ma si riferisce bensì alla pronuncia che costituisce l’antecedente logico di quello. Non vi è quindi ragione alcuna perchè questa Corte se ne occupi “incidentalmente”; come chiede la parte ricorrente.

La regolazione delle spese di lite è informata al criterio della soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere all’Agenzia le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 2.700,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2011

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