Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8201 del 27/04/2020
Cassazione civile sez. I, 27/04/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 27/04/2020), n.8201
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2111/2016 proposto da:
Banca Monte Dei Paschi Siena Spa, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via
A. Bosio 2, presso lo studio dell’avvocato Luconi Massimo, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati Corsani Carlotta,
Nidiaci Tommaso, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
B.E., H.S.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 1295/2015 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 07/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
30/10/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.
Fatto
RILEVATO
che:
MPS Gestione Crediti Banca SpA sottoponeva a pignoramento la quota del 50% appartenente a B.E. di due immobili in comproprietà con il marito della stessa. Quest’ultimo proponeva opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., depositando il ricorso davanti al Tribunale di Livorno e deducendo che i beni erano stati costituiti in fondo patrimoniale. Si costituivano anche il creditore procedente e la B..
Il ricorrente evidenziò che il fondo patrimoniale fu costituito con atto pubblico del 30 aprile 2008 da parte di entrambi i coniugi e che a quella data la B. risultava fideiussore di un finanziamento erogato dalla banca Antonveneta spa alla Linea Traffic srl – di cui era amministratore unico fino al (OMISSIS) – per l’importo di Euro 300.000,00. I due immobili erano stati pignorati dalla banca creditrice, mentre l’atto costitutivo di fondo patrimoniale era divenuto oggetto di azione revocatoria ovvero in subordine di simulazione proposta dalla stessa banca. Il ricorrente contestava l’ammissibilità del pignoramento, trattandosi di beni sottratti a quella procedura ex art. 170 c.c., mentre, la banca creditrice contestava il fondamento della domanda allegando che l’attività imprenditoriale della B., nel cui ambito era stato contratto il debito, non era estranea ai bisogni della famiglia.
Il Tribunale rigettava il ricorso, sull’assunto che era ragionevole ritenere che la B. ritraesse dall’attività imprenditoriale, nel cui ambito il debito era stato contratto, proventi destinati anche alle necessità della famiglia.
B.E. proponeva appello, lamentando che il primo giudice aveva ritenuto il suo pieno inserimento nella Linea Traffic srl, società che aveva ricevuto il finanziamento, e che il denaro proveniente dal finanziamento era stato interamente utilizzato per acquistare un bene sociale, mentre dall’entità dei redditi del marito non poteva farsi discendere alcuna presunzione relativa alla destinazione dei proventi della fideiussione alle esigenze della famiglia.
Nella resistenza della banca, la Corte d’appello accoglieva il gravame, sull’assunto che vi era documentazione in atti, che dimostrava che il finanziamento ottenuto dalla Linea Traffic srl e garantito con la fideiussione, era stato interamente speso dalla società per l’acquisto di beni strumentali e la banca aveva effettuato il pagamento della somma direttamente alla società fornitrice; quindi il finanziamento era destinato all’attività d’impresa e non a soddisfare esigenze familiari, se non in via assai mediata.
MPS spa ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi, mentre la parte debitrice non ha spiegato difese scritte.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo, la banca ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la Corte d’appello aveva erroneamente operato, un’inversione dell’onere probatorio, ritenendo che la banca non avesse provato che il debito contratto dalla Sig.ra B. riguardasse bisogni propri della famiglia e ritenendo che la banca era consapevole che il provente di quel finanziamento fosse destinato a finalità aziendali.
Con il secondo motivo, la banca ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 170 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’appello aveva sancito l’impignorabilità degli immobili oggetto del fondo patrimoniale, benchè il debito fosse stato contratto per l’interesse della famiglia, in un’accezione non restrittiva, che ricomprenda in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonchè al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi.
Il primo motivo è infondato perchè la Corte d’appello, lungi dall’invertire l’onere probatorio, ha invece accertato in fatto la effettiva destinazione del finanziamento, oggetto di fideiussione, all’acquisto di beni strumentali da parte della società favorita, ed ha, poi, escluso (in diritto, sul che verte il secondo motivo di ricorso) che tale finalità possa qualificarsi inerente ai bisogni della famiglia ai sensi dell’art. 170 c.c..
Il secondo motivo è infondato.
Infatti, se il credito per cui si procede è solo indirettamente destinato alla soddisfazione delle esigenze familiari del debitore, rientrando nell’attività professionale da cui quest’ultimo ricava il reddito occorrente per il mantenimento della famiglia, non è consentita, ai sensi dell’art. 170 c.c., la sua soddisfazione sui beni costituiti in fondo patrimoniale. La giurisprudenza di questa Corte richiamata in ricorso (Cass. n. 4011/13, 5385/13, 5684/06) si limita ad affermare la necessità di una interpretazione non restrittiva delle esigenze familiari, da non ridurre ai soli bisogni essenziali della famiglia, ma non si spinge certo sino a sostenere la tesi della ricorrente.
La mancata predisposizione di difese scritte da parte dei debitori esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto,
da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 ottobre 2019.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2020