Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8201 del 06/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 06/04/2010, (ud. 16/02/2010, dep. 06/04/2010), n.8201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 26141/2006 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Ovidio n.

32, presso lo studio dell’Avv. Viglione Giancario, rappresento e

difeso dall’Avv. Caldarulo Nicola Marco Antonio del foro di Pistoia

come da procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BE.DO., elettivamente domiciliato in Roma, Via

Trionfale n. 5697, preso lo studio dell’Avv. Domenico Battista, che

lo rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente, con l’Avv.

Bujani Ermanno del foro di Pistoia come da procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 19/06 della Corte di Appello di

Firenze del 16.12.2 005/10.01.2006 nella causa iscritta al n. 257

R.G. dell’anno 2004;

Udita la relazione della causa svolta n ella pubblica udienza del

16.02.2010 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;

udito l’Avv. Caldarulo Nicola Marco per il ricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Matera

Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, depositato il 22.07.1997, BE.DO., premesso di avere lavorato come operaio verniciatore alle dipendenze di B.A. dal 2.02.1993 al 5.08.1996, conveniva quest’ultimo per sentirlo condannare al pagamento delle differenze di retribuzione imputabili a lavoro straordinario e a diversi istituti contrattuali.

Il convenuto costituendosi deduceva che il rapporto di lavoro era iniziato il 2.12.1993 e sosteneva che il dipendente aveva percepito quanto a lui spettante, escluso lo straordinario, perchè non svolto.

All’esito, espletata consulenza tecnica di ufficio, il Tribunale di Pistoia con sentenza n. 500 del 2003 riconosceva a favore del ricorrente una differenza a credito di L. 1.443.6 18 (Euro 745,57).

Tale decisione, appellata dal Be., è stata riformata dalla Corte di Appello di Firenze con sentenza n. 19 del 2006, che, all’esito di rinnovata consulenza contabile, ha riconosciuto a favore dell’appellante l’importo di Euro 34.040.99, oltre accessori. Il giudice di appello in particolare ha rilevato che tra le parti era intervenuto un accordo in base al quale la retribuzione oraria era stata determinata nel contratto individuale, richiamando al riguardo la deposizione della teste G.E.. Il B. ricorre per cassazione con tre motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Be. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso il B. deduce violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

In particolare sostiene che il giudice di appello non ha tenuto conto delle dichiarazioni rese dal Be. di avere percepito gli emolumenti a lui spettanti.

Il motivo è infondato, in quanto il giudice di appello ha ricostruito i r apporti d i d are ed avere attraverso la consulenza contabile e ha considerato quanto percepito dal Be. in epoca antecedente all’instaurarsi del rapporto di lavoro.

Trattasi di valutazione in fatto, adeguatamente e coerentemente motivata, cui il ricorrente oppone un diverso apprezzamento, non consentito in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo del ricorso il B. lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2722 e 2723 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

Sul punto afferma che la Corte territoriale ha erroneamente fondato il proprio convincimento in merito all’esistenza di un accordo verbale che sarebbe stato stipulato tra le parti ed avente ad oggetto il compenso del Be. per le proprie prestazioni di lavoro, esclusivamente su quanto emerso da una parte estrapolata della sola testimonianza della teste G.E.. La censura è priva di pregio e va disattesa.

Secondo costante orientamento di questa Corte è devoluta al giudice di merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta – tra le risultanze probatorie – di quelle ritenute idonee ad accertare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro spessore probatorio, con l’unico limite dell’adeguata e congrua motivazione del criterio adottato (ex plurimis Cass. sentenza n. 9834 del 1995; Cass. sentenza n. 10896 del 1998).

La Corte territoriale nel caso di specie ha fatto corretta applicazione del richiamato orientamento giurisprudenziale, dando conto della dichiarazione della teste G., la quale, come addetta alla contabilità del datore di lavoro, ha riferito che le parti avevano concordato una retribuzione oraria superiore a quella tabellare, confermando i biglietti, spillati alle buste paga, contenenti l’indicazione del maggiore compenso orario; pari a L. 17.000.

Il ricorrente da parte sua si è limitato ad eccepire la non ammissibilità di tale testimonianza ed anche la non attendibilità della teste con apprezzamento, non consentito in sede di legittimità.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza o del procedimento, per essere stata fissata l’udienza collegiale, in violazione dell’art. 435 c.p.c., oltre il sessantesimo giorno dalla data del deposito del ricorso.

Il motivo infondato, atteso che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale nel giudizio di appello regolato da rito del lavoro il temine di sessanta giorni, entro cui il presidente – a sensi dell’art. 435 c.p.c. – deve fissare l’udienza di discussione davanti al collegio ha natura meramente sollecitatoria, con la conseguenza che il suo mancato rispetto non è causa di nullità (Cass. Sezioni Unite n. 10728 del 28 ottobre 1998).

4. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 11,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari ed otre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, il 16 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2010

 

 

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