Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8200 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 8200 Anno 2016
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 28616-2010 proposto da:
SIENI GIUSEPPE SNIGPP54PO1I 1501L, dettivamente domiciliato
in Roma, P.zza •ignandli 3, presso lo studio dell’avvocato
ANTONIO BALDASSARRE, che lo rappresenta e difende, come da
procura speciale in calce al ricorso;

ricorrente

contro
BO ATIG’N01,1 SIMONE, elettivamente domiciliato in Roma, Via
Biella, 4, presso lo studio dell’avvocato MATILDE COZZOLINO,
rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO CAMPEGIANI,
come da procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente nonché contro
GFCB IMMOBILIARE GRANDI

– CONDOMINIO VI A

TORBOLE 15 ROMA

– intimati –

Data pubblicazione: 22/04/2016

avverso la sentenza n. 2783/2010 della COIrrE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 28/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
08/10/2015 dal Consigliere Ippolisto Parziale;
udito l’Avvocato Patrizia Maring delega Baldassare, e l’avvocato

memorie depositate.
Udito il sostituto procuratore generale, Carmelo Sgroi, che conclude
per l’improcedibilità del ricorso e in subordine per il suo rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
• Il Condominio di via Torbole 15 in Roma e SIMONE HO
VIGNOl .1, proprietario in quell’edificio di un appartamento al piano
terra cori giardino, chiamavano in giudizio, avanti al Tribunale di
Roma, Giuseppe Sieni, proprietario, nell’ambito di un edificio sito in
via Mendola n. 28, di un giardino confinante con quello del Bo
Vignoli, per far accertare la violazione delle distanze legali previste per
le costruzioni e per le vedute ad opera del convenuto, che aveva
edificato nel suo giardino una serie di manufatti abusivi, nonché per
ottenere la condanna alla demolizione delle predette costruzioni ed il
conseguente risarcimento dei danni.
2. Si costituiva in giudizio Giuseppe Sieni che eccepiva in primo luogo
il difetto di legittimazione attiva del Condominio di via Torbole 15,
non essendo esso proprietario dell’appartamento a piano terra
confinante con il proprio giardino; eccepiva altresì il proprio difetto di
legittimazione passiva in quanto l’appartamento ed il giardino a lui in
uso erano di proprietà della Cooperativa edilizia “Va/ Solatici

merito chiedeva il rigetto delle domande attorce, affermando che non
vi fosse comunque alcuna violazione delle distanze legali, in quanto il
manufatto abusivo (poi sanato ai sensi della L n. 47/1985) era
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Campegiani, che si riportano agli atti e alle conclusioni assunte e alle

comunque a distanza di circa 5 metri dal confine con il giardino di
proprietà di SIMONE BO VIGNOLI.
3. Il Tribunale di Roma con sentenza n.30803/2000, riteneva infondate
le eccezioni di carenza di legittimazione attiva del Condominio e
passiva del Sieni; nel merito riteneva altresì che dagli atti di causa non

oggetto della citazione, sicché rigettava le domande. del Condominio di
via Torbole 15 e di SIMONE HO VIGN01,1.
4.

Avverso tale decisione proponeva appello SIMONE BO

VIGNOLI, cui resisteva il Sieni, ribadendo le proprie eccezioni.
Interveniva in giudizi() la società G.F.C.13. Immobiliare Grandi Terme
srl, la quale, dichiarandosi attuale proprietaria dell’appartamento e del
giardino abitato dall’appellato Sieri, eccepiva la violazione del
contradditorio in primo grado in quanto l’azione volta alla rimozione
dei manufatti oggetto della controversia non poteva che investire
anche il titolare del diritto reale sul bene. Chiedeva pertanto che fosse
dichiarata la nullità della sentenza del Tribunale di Roma e la
rimessione della causa in primo grado per integrare il contraddittorio
nei suoi confronti.
4.1 – Nel corso del giudizio di appello la Corte territoriale affidava ad
un CTU l’incarico di accertare se nel giardino dell’appellato fossero
stati effettivamente realizzati manufatti e vedute in violazione delle
distanze legali,
4.2 – Con sentenza 11.2783/20 – 10 emessa il 01.12.2009 e depositata il
28.06.2010, la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento
di SIMONE BO VIGNOLI e della domanda dell’interveniente
G.F.C.B. Immobiliare Grandi Terme srl, dichiarava la nullità del
giudizio di primo grado, relativamente alla domanda di demolizione (lei
manufatti posti a distanze illegali, disponendo la riassunzione del
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emergessero prove sufficienti in ordine alla violazione delle distanze

giudizio dinanzi al Tribunale di Roma entro i successivi tre mesi.
Condannava invece Giuseppe Sieni a risarcire all’appellante il danno
conseguente alla violazione delle distanze per gli edifici e per le vedute,
quantificando il danno in via equitativa in complessivi curo 24.000,
oltre a condannarlo per le spese processuali per i due gradi di giudizio.

SIMONE BO VIGNOI A in entrambi i gradi di giudizio aveva
proposto due distinte domande, una finalizzata ad ottenere la
riduzione in pris tino di quanto realizzato in violazione delle distanze
legali, e l’altra volta a chiedere la condanna al risarcimento del danno
nei confronti dell’autore delle opere abusive. Con riguardo all’azione
reale era necessario il contradditorio con la proprietaria
dell’appartamento, per cui il giudizio andava rimesso in primo grado,
previa dichiarazione di nullità della sentenza del tribunale di Roma, per
integrare il contradditorio ab origine. L’azione risarcitoria, che invece
riguardava solo l’autore dell’illecito, poteva essere definita in appello
disponendo la separazione dei giudizi. Nel merito, tenuto conto delle
ammissioni fatte in primo grado dal convenuto nella comparsa di
risposta, nonché delle risultanze della C.,TU disposta in appello, la
Corte affermava che vi era una violazione degli artt. 901 e 905 c.c., e
che perciò l’appellato Sieni doveva essere condannato al risarcimento
del danno, liquidato in via equitativa.
5. Avverso la predetta sentenza Giuseppe Sieni propone ricorso per
Cassazione, formulando un unico motivo. Resiste SIMONE BO
V1GNOLI con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. 11 ricorrente con un unico motivo eccepisce la «Viola.tzione e ./alsa
applitnione degli arti. 354, 331,112 q5. c. in relxzione all’art. 360 n. .3 e.p.c..
Violnione e falsa applicaiane art. 2967, 2727, 2729 c.c: in materia di
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4.3 – A sostegno della decisione la Corte d’Appello rilevava che

presunzioni relative all’art. 360 n. 3 c.p.c. e conseguente e collegata erronea,
insu ‘ciente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.
Violazione e falsa applicazione degli art”. 101 c.p.e. e 111 Cosi. in relazione
all’art.360 n.3 cod proc. civ».
Si duole il ricorrente della decisione di scindere le due domande, quella

utilizzato prove ed atti prodotti nel giudizio di primo grado poi
dichiarato nullo. Ad avviso del ricorrente si tratta di domande
inscindibili o comunque dipendenti, in quanto il risarcimento del
danno può essere affermato solo dopo aver accertato, in
contradditorio anche con il proprietario, l’illegalità dei manufatti di cui
è causa, donde la violazione dell’art. 331 cod. proc. civ., che impone
procedersi a contradditorio integro. Eccepisce poi la violazione dell’art.
354 cpc, atteso che la sentenza impugnata, per affermare la
responsabilità del Sieni, si è fondata su un atto prodotto nel giudizio di
primo grado che è stato dichiarato nullo e di cui era necessario
ricostruire il contradditorio. Infine, contesta la violazione dell’art. 2729
c.c.. in quanto la sentenza impugnata avrebbe operato un erroneo uso
delle presunzioni, in quanto le dichiarazioni rese dal ricorrente nella
comparsa di risposta non sarebbero idonee a fondare la prova della
violazione delle distanze legali.
2. 11 ricorso è improcedibile.
2.1 – 11 ricorrente, nel suo ricorso nell’ultima riga della prima pagina, ha
affermato che la sentenza impugnata è stata notificata il 28 ottobre
(così corretta a penna, con sigla a margine, l’indicazione a stampa del
“luglio’) del 2010. In sede di indicazione degli allegati da depositare
(pag. 13 del ricorso), il ricorrente indica al n. 1 la copia autentica della
sentenza e al n. 2 “originale della sentenza Corte di appello civile di
Roma Sezione IV, depositata il 28 giugno 2010, notificata il 28 ottobre
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reale e quella risarcitoria, per la quale il giudice di appello ha poi

(anche in questo con correzione a penna, con sigla a margine, del testo
riportato a stampa) 2010.
Dagli atti non risulta depositata la sentenza notificata, mentre è stata
depositata la copia autentica della sentenza.
2.2 – Il mancato deposito della sentenza che lo stesso ricorrente

eccezione in tal senso della controparte. Questo collegio aderisce
all’orientamento ormai consolidato e risalente nel tempo, secondo cui

«la previsione – di cui al secondo comma, n. 2, dell’ad. 369 cod proc. civ. dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al primo
comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la rekizione cli
notificazione, ove questa sia avvenuta, è finizionale al riscontro, da parte della
Corte di eassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e, quindi, non di.00nibile
dalle parti) del riq)etto del vincolo della cosa giudicata fOrmale – della tempestività
dell’esercizio del diritto di impugnazione, il quale„ una mita aveim/a la
170fienidlle della sentenza, è esereitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto
termine breve. Nell’ipotesi in cui il iicorrente, espressamente od implicitamente,
alleghi che la sentenza impugnata gli è stata nofificata, limitandosi a produrre una
copia autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso
per cassa ione dev’essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare la
declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di una
copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art. 372 cod. proc.
civ., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al primo COM171a
dell’art. 362 cod. proc. civ., e dovendosi, invece, escludere ogni rilievo dell’eventuak
non contestazione dell’osservanza del termine breve da parte del controricorrente
(Cass. n. 25070 del 10/12/2010, Rv. 615089, principio affermato
ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, cod. proc. civ).
3. Le spese seguono la soccombenza.

P.T.M.
Ric. 2010 n. 28616 sez. 52 – ud. 08-10-2015

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afferma notificata rende il ricorso improcedibile, anche in mancanza di

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Condanna la parte ricorrente
alle spese di giudizio, liquidate in 3.000,00 (tremila) curo per compensi
e 200,00 (duecento) curo per spese, oltre accessori di legge.
Sentenza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott.
Giuseppe Marra.

L’ESTENSZ

IL P

Così deciso in Roma, Camera di Consiglio dell’S otto e _015

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