Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8198 del 30/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 30/03/2017, (ud. 19/01/2017, dep.30/03/2017),  n. 8198

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2688/2016 proposto da:

R.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PREMUDA, 2,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO LUCCHETTI, che lo rappresenta

e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DEL COMUNE di

ROMA (A.T.E.R. ROMA), C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore

Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PAULUCCI DE CALBOLI 20-E, presso lo studio dell’avvocato EDMONDA

ROLLI, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4091/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

emessa e depositata il 07/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ENZO

VINCENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con sentenza resa pubblica il 7 luglio 2015, la Corte di appello di Roma rigettava il gravame interposto da R.E. avverso la decisione del Tribunale della medesima Città che, a sua volta, aveva respinto la domanda dallo stesso R. proposta, contro l’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (A.T.E.R.) del Comune di Roma, al fine di ottenere la declaratoria di nullità del decreto, in data 8 agosto 2013, di rilascio dell’alloggio per occupazione senza titolo;

che la Corte territoriale osservava che l’appellante non aveva fornito prova alcuna di rivestire la qualità di uno dei soggetti previsti dalla L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 12, in ordine al subentro dell’alloggio, sito in Roma, già assegnato a tale S.A.;

che per la cassazione di tale sentenza ricorre R.E. sulla base di un solo motivo, cui resiste l’A.T.E.R. del Comune di Roma;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico mezzo, è denunciata violazione o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, L.R. Lazio n. 12 del 1999, art. 12 e della L.R. Lazio n. 27 del 2006, art. 53, nonchè dedotta “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettata dalle parti o rilevabile d’ufficio”;

che il ricorrente insiste nel rappresentare di aver diritto, ai sensi dell’art. 12 della citata legge regionale, al subentro nell’alloggio già assegnato alla S., assumendo di aver “indicato e dimostrato di vivere nell’immobile… dal gennaio 2012”, inizialmente come ospite e poi di essere subentrato al momento del decesso della medesima S.;

che il motivo è manifestamente inammissibile, non veicolando alcuna censura effettiva contro la sentenza impugnata (anche a prescindere dal riferimento, del pari inammissibile, al vizio motivazionale di cui all’abrogato, ed inapplicabile al presente giudizio, dell’art. 360 c.p.c., n. 5), della quale non aggredisce la ratio decidendi, limitandosi a ribadire di aver allegato e dimostrato i requisiti del diritto al subentro nell’alloggio, senza tener conto affatto dell’opposto convincimento del giudice del merito (al quale soltanto spetta di valutare le prove ed apprezzare i fatti), i cui esiti sono messi in discussione come tali e in quanto non condivisi, ma non già perchè frutto di un (mai evidenziato) error in indicando o di una omissione di esame di fatti decisivi e discussi nel corso del giudizio di merito;

che, dunque, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 3.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2017

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