Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8197 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8197 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: SPENA FRANCESCA

SENTENZA

sul ricorso 17556-2010 proposto da:
CUPO ANGELA

C.F.

CPUMGL53A41G292R,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA NIZZA 59, presso lo studio
dell’avvocato AMOS ANDREONI, rappresentata e difesa
dall’avvocato MICHELE DE FELICE, giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2016
contro

687

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
80078750587,

in persona del legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato

SOCIALE C.F.

Data pubblicazione: 22/04/2016

in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati ANTONIETTA CORETTI, TRIOLO VINCENZO,
EMANUELE DE ROSE, giusta delega in calce alla copia
notificata del ricorso;

avverso la sentenza n. 1124/2009 della CORTE
D’APPELLO di SALERNO, depositata il 29/12/206jr.g.n.
1
1220/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/02/2016 dal Consigliere Dott.
FRANCESCA SPENA;
udito l’Avvocato ANDREONI AMOS per delega DE FELICE
MICHELE;
udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

– resistente con mandato –

FATTO

Con ricorso depositato al Tribunale di Salerno in data 3.7.2007 CUPO ANGELA , sulla
premessa di essere lavoratrice agricola iscritta nei relativi elenchi a far data dall’anno 1971
e di avere lavorato nell’anno 2005 per complessive 151 giornate ( tra il 22.5 ed il 13.10)quale dipendente della azienda “Della Nostra Terra di Menduti Romeo & C sas”- chiedeva al
Giudice del Lavoro di dichiarare il proprio diritto, previo accertamento del rapporto di lavoro

di condannare l’INPS al pagamento della prestazione- oltre interessi- essendo rimasta
senza esito la domanda amministrativa del 28.3.2006.
L’INPS, costituto tardivamente, esponeva che nel corso dell’anno 2006 la datrice di lavoro
era stata sottoposta ad accertamenti ispettivi, dai quali sarebbe risultata la non genuinità
dei rapporti di lavoro; eccepiva, altresì, la decadenza della lavoratrice dalla impugnazione
della cancellazione dall’elenco dei braccianti agricoli- ex art. 22 co. 1 L. 83/70- e la
prescrizione del diritto.

Il Tribunale di Salerno , con sentenza del 17.6- 25.9. 2008 (nr. 3687), rigettava la
domanda.

Proponeva appello la Cupo, contestando le ragioni della decisione; l’INPS resisteva al
gravame.

Con sentenza del 16 dicembre-29 dicembre 2009 nr. 1124 la Corte d’Appello di Salerno
rigettava l’appello.

Per la Cassazione della sentenza ricorre Cupo Angela, articolando quattro motivi.
La ricorrente ha depositato memori.
L’INPS ha depositato procura ed ha partecipato alla discussione orale.

DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce- ai sensi dell’art. 360 nr 3 cpc- violazione e
falsa applicazione di norme di diritto (art. 112 cpc) nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5
cpc- omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo.
La denunzia si riferisce alla omessa pronunzia sul primo motivo di appello, con cui veniva
contestata la sentenza di primo grado per avere valorizzato nella decisione di rigetto della
domanda la mancata produzione della certificazione aggiornata di iscrizione della istante
negli elenchi della manodopera agricola. Con l’atto di appello si rilevava che nel ricorso
introduttivo la parte aveva allegato di essere regolarmente iscritta negli elenchi dei
1

ove contestato, al pagamento della indennità di disoccupazione agricola per l’anno 2005 e

braccianti agricoli e di non essere stata cancellata; l’INPS non aveva contestato la avvenuta
iscrizione ma aveva eccepito la intervenuta decadenza dalla impugnazione della
cancellazione, senza tuttavia dare indicazione del relativo provvedimento né produrlo sicchè
il giudice, sulla base del principio di non contestazione, avrebbe dovuto ritenere, da un lato,
provata la iscrizione, dall’altro, non provata la cancellazione.

tti ricorrente cesura la medesima omissione anche sotto il profilo della mancanza di
motivazione in ordine al fatto- decisivo e controverso- costituito dalla iscrizione negli
elenchi della mano d’opera agricola.

2. Con il secondo motivo è dedotta- ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cpc- violazione e falsa
applicazione di norme di diritto (art. 112 cpc) nonché – ai sensi dell’art. 360 nr. 5 cpc omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo.
La censura investe la omessa pronunzia sul motivo di impugnazione concernente l’erronea
attribuzione alla parte ricorrente nella sentenza di primo grado dell’onere probatorio
relativo alla sussistenza del rapporto di lavoro, quale conseguenza della affermata assenza
di prova della iscrizione nell’elenco dei lavoratori agricoli.

I motivi, in quanto connessi, devono essere esaminati congiuntamente.
Gli stessi risultano infondati.
Il vizio di omessa pronuncia su un motivo di appello – configurabile allorchè manchi
completamente il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso
concreto – non ricorre nel caso in cui, seppure manchi una specifica argomentazione, la
decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto,
o il suo assorbimento in altre statuizioni; ne consegue che tale vizio deve essere escluso in
relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni
della sentenza (Cass. 25 febbraio 2005, n. 4079).
In altri termini, non è configurabile il vizio di omessa pronuncia quando il rigetto di una
domanda sia implicito nella costruzione logico-giuridica della sentenza, con la quale venga
accolta una tesi incompatibile con tale domanda (Cass. 18 aprile 2007, n. 9244 Cass. 21
luglio 2006, n. 16788; Cass. 19 maggio 2006, n. 11756; Cass. 29 aprile 2006, n. 10052;
Cass. 12 gennaio 2006, n. 407).
Nella fattispecie il giudice d’appello non ha omesso la pronunzia ma ha ritenuto non provata
la effettiva intercorrenza del rapporto di lavoro agricolo, confermando sul punto le
valutazioni del giudice del primo grado, con una statuizione che in sé comporta il rigetto dei
motivi d’appello di cui si assume il mancato esame .

Quanto al vizio di omesso esame di un fatto decisivo- individuato dalla ricorrente nella
mancanza di contestazione da parte dell’INPS della propria iscrizione nell’elenco dei
braccianti agricoli- è pregiudiziale il rilievo della mancanza di specificità del motivo, per la

2

,..

mancata trascrizione della memoria difensiva dell’INPS relativa al giudizio di primo grado,
onde consentire a questa Corte la verifica della assunta non contestazione della iscrizione.
Peraltro la condotta processuale di non contestazione della iscrizione appare prima facie
contraddetta, per quanto si legge nel ricorso, dalla allegazione da parte dell’INPS della
intervenuta cancellazione dagli elenchi dei lavoratori agricoli, giacchè la prova della
iscrizione deve essere fornita non come dato storico ma in relazione agli anni rilevanti per

3. Con il terzo motivo viene dedotta- ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cpc – violazione o falsa
applicazione delle norme di cui agli artt. 115,116, 246 cpc ed all’ art. 2697 cc. nonché – ai
sensi dell’art. 360 nr. 5 cpc- omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo.
Preliminarmente la Corte rileva che il vizio dedotto, ad onta del formale richiamo alla
fattispecie di cui al nr. 3 dell’articolo 360, si declina come vizio della motivazione, in
quanto investe la ricostruzione del fatto materiale operata nella sentenza impugnata e non
già la violazione di norme di diritto.
Si censura la mancata indicazione delle ragioni di condivisione della decisione di primo grado
e la apodittica conferma del giudizio di inattendibilità dei testi; si deduce il vizio della
motivazione circa il fatto controverso e decisivo costituito dalla sussistenza del rapporto di
lavoro.
In particolare la Corte territoriale :
– aveva richiamato a fondamento della decisione un elenco dei lavoratori che non avevano
prestato attività effettiva nell’anno 2005, prodotto dall’INPS, nel quale (così in sentenza )
“risultano i nominativi e della ricorrente che delle due testimoni escusse”; la ricorrente
rilevava trattarsi non già di un elenco ma dagli esiti delle verifiche ispettive, dai quali non
risultavano i suddetti nominativi, come già affermato nella sentenza di primo grado, non
impugnata sul punto. La verifica ispettiva aveva accertato un presumibile fabbisogno dì
giornate lavorative inferiore a quelle dichiarate- ma comunque cospicuo- sicchè la sentenza
di primo grado aveva rilevato :

“l’ispezione non ha condotto a risultati favorevoli o

sfavorevoli circa la sussistenza o l’insussistenza di singoli rapporti bracciantili” .

In queste

condizioni l’accertamento non era concludente ad escludere la effettività di tutti i rapporti di
lavoro, come sarebbe in ipotesi avvenuto a voler condividere la motivazione della sentenza
impugnata.
– non aveva chiarito le ragioni della ritenuta inattendibilità dei testi, richiamando
unicamente la loro qualità di parti in giudizi analoghi e così trasformando un interesse di
mero fatto in una incapacità a testimoniare.
Il motivo è fondato.
Sussiste invero il vizio di insufficienza della motivazione, in quanto la Corte territoriale senza
prendere affatto in esame il contenuto della deposizione delle due testimoni escusse si è

3

92—

la decisione .

arrestata al rilievo della loro qualità di parti in un giudizio contro l’INPS avente oggetto
analogo.
Tale qualità, tuttavia, non determina una incapacità a testimoniare (peraltro neppure in
discussione) come da orientamento costante di questa Corte, cui si conforma lo specifico
precedente richiamato nella stessa sentenza impugnata (Cass. nr 4500/2007).
A fronte della adesione formalmente prestata nella sentenza impugnata alla massima di
legittimità, dalla quale derivava la capacità a testimoniare delle due lavoratrici escusse

primo grado, nel senso del rigetto della domanda, resta del tutto sfornita di
consequenzialità.
Né fornisce adeguato supporto argomentativo alla decisione la mera inclusione della Cupo e
delle due testimoni in un elenco di lavoratori prodotto dall’INPS “da ritenere non effettivi
prestatori di attività bracciantile nell’anno 2005” giacchè – (in disparte ogni considerazione
circa la dedotta difformità delle valutazioni espresse sul punto dal giudice di primo grado) resta del tutto inespressa la ragione per cui le lavoratrici di cui all’elenco stesso siano
ritenere non effettivi prestatori di attività bracciantile nell’anno 2005′;

“da

sicchè ancora una

volta il rigetto della domanda della Cupo resta sostanziaitifiko di una base argomentativa.

Resta assorbito l’esame del quarto motivo- ( con il quale la ricorrente censura il punto in
cui la sentenza assume che nell’ elenco dei lavoratori che non avevano prestato attività
effettiva nell’anno 2005 risultava il nominativo della Cupo e delle due testimoni)- formulato
in via subordinata.

La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa
rinviata ad altro giudice, che si individua nella Corte d’Appello di Salerno, in diversa
composizione, perché provveda a rinnovare il giudizio in modo da renderlo immune dal
vizio rilevato.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese.

PQM
Rigetta i primi due motivi; accoglie il terzo, dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza
impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia- anche per le spese- alla Corte d’ Appello
di Salerno in diversa composizione.
Così deciso in Napoli, il 18.2.2016

perché portatrici di interessi di mero fatto, la conclusione di condivisione della pronunzia di

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