Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8197 del 22/03/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/03/2019, (ud. 27/02/2019, dep. 22/03/2019), n.8197

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sui ricorsi riuniti ed iscritti ai nn. 24555/12 e 4089/13 R.G.

proposto da:

M.R., rappresentata e difesa dagli avv.ti Manlio Gallo e

Alessandro Gallo, presso cui è elettivamente domiciliata in Palermo

alla via Jacopo Tintoretto n. 4;

– ricorrente – controricorrente incidentale –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 161/30/11 della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia, emessa il 22/11/2011, depositata in data

12/12/2011 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2019 dal Consigliere Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. M.R., con atto notificato in data 31/10/2012, ricorre con due motivi contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza n. 161/30/11 della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia (di seguito C.T.R.), emessa il 22/11/2011, depositata in data 12/12/2011 e non notificata, che ha parzialmente accolto l’appello dell’Ufficio, riformando la sentenza della C.T.P. di Palermo, che a sua volta aveva parzialmente accolto il ricorso della contribuente, in controversia avente ad oggetto l’impugnativa dell’avviso di accertamento, che aveva rideterminato con metodo analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), il reddito per l’anno 2003, conseguentemente calcolando maggiori Irpef, Irap ed Iva;

2. per quanto di interesse, con l’avviso oggetto di impugnazione l’Amministrazione accertava: 1) ricavi non contabilizzati per Euro 1.214.897,00, applicando al costo del venduto la percentuale di ricarico del 15% dichiarata dalla contribuente; 2) escludeva la deducibilità delle quote di ammortamento per l’anno 2003, pari ad Euro 59.024,00, per l’irregolarità delle registrazioni e la non corrispondenza tra le risultanze del libro cespiti ammortizzabili e quelle del bilancio; 3) riprendeva a tassazione l’importo di Euro 74.660,00 per note di credito non esibite;

3. con la sentenza impugnata, la C.T.R., in parziale accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate, riteneva legittimo il recupero a tassazione di cui ai punti 2) e 3), mentre confermava la sentenza dei giudici di primo grado, parziale accoglimento del ricorso della contribuente, sul punto 1), attinente alla percentuale di ricarico sul venduto;

4. a seguito del ricorso, l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata;

5. con distinto ricorso, notificato a controparte in data 28/1/2013, l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi avverso la medesima sentenza;

6. a seguito del ricorso dell’Ufficio, la contribuente resiste con controricorso;

7. i ricorsi sono stati fissati per la camera di consiglio del 27 febbraio 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. e dell’art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. preliminarmente va disposta la riunione del ricorso dell’Agenzia delle Entrate a quello della contribuente, aventi ad oggetto l’impugnazione della stessa sentenza, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.;

“il principio di unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbano essere proposte in via incidentale nello stesso processo e, perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso. Tuttavia tale modalità formale non può considerarsi essenziale ed ogni ricorso successivo, anche se proposto con atto a sè stante, si converte in ricorso incidentale. La sua ammissibilità ancorchè si tratti di un’impugnazione (di parte diversa dall’impugnante principale) avente natura adesiva (rispetto ad altra già formulata), perseguendo l’intento di rimuovere il medesimo capo di sentenza sfavorevole – resta condizionata, senza che rilevi più il termine (breve o lungo) di impugnazione in astratto operativo, al rispetto del termine di quaranta giorni per la notificazione del controricorso (emergente dal combinato disposto dell’art. 370 c.p.c., comma 1 e dell’art. 369 c.p.c., comma 1)”(Sez. 3, Sentenza n. 8906 del 25/08/1999);

quindi, “l’impugnazione proposta per prima assume caratteri ed effetti d’impugnazione principale e determina la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti di impugnazioni incidentali, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti, con la conseguenza che il ricorso per cassazione, validamente ed autonomamente proposto dopo che altro ricorso sia stato già notificato ad iniziativa della controparte, si converte, riunito a questo, in ricorso incidentale, semprechè siano stati rispettati i relativi termini” (Cass. n. 26723 /2011; vedi anche Cass. nn. 15199/2004; 15/5695; 1425662; 14/16221; 05/26622; 02/12342; 02/10226);

nel caso di specie, il ricorso della contribuente avverso la sentenza della C.T.R. risulta notificato all’Agenzia delle Entrate il 31/10/2012 e ricevuto in pari data, mentre il ricorso dell’Ufficio risulta inoltrato per la notifica solo il 28 gennaio 2013, oltre il termine di quaranta giorni di cui all’art. 371 c.p.c., per la presentazione del ricorso incidentale;

pertanto il ricorso dell’Ufficio, riunito a quello della contribuente perchè avente ad oggetto la stessa sentenza della C.T.R., è inammissibile;

1.2. passando al ricorso principale, con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16 ed il travisamento della norma con l’inserimento di adempimenti non previsti;

in particolare, la ricorrente deduce che i giudici di appello hanno ritenuto che fossero obbligatori adempimenti non previsti dal citato art. 16, quali l’intestazione a ciascun bene di una pagina del libro dei cespiti ammortizzabili, l’indicazione di tutti i dati del cespite, compresi i documenti di acquisto (fornitore, estremi della fattura e della registrazione contabile); inoltre, la ricorrente lamenta che la C.T.R. non avrebbe tenuto conto che la documentazione inerente all’acquisto dei beni era stata poi depositata presso l’Agenzia delle Entrate insieme con una memoria difensiva in data 8/8/2006, mentre la non corrispondenza tra le risultanze del libro cespiti ammortizzabili e quelle del bilancio sarebbe dovuta ad una lettura disattenta del libro cespiti ammortizzabili;

il motivo è fondato e va accolto;

ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16, vigente ratione temporis (prima cioè delle modifiche apportate dalla L. n. 266 del 2005, che peraltro ha inciso in minima e ininfluente parte sul solo comma 3), le società, gli enti e gli imprenditori commerciali devono compilare il registro dei beni ammortizzabili entro il termine stabilito per la presentazione della dichiarazione;

nel registro devono essere indicati, per ciascun immobile e per ciascuno dei beni iscritti in pubblici registri, l’anno di acquisizione, il costo originario, le rivalutazioni, le svalutazioni, il fondo di ammortamento nella misura raggiunta al termine del periodo d’imposta precedente, il coefficiente di ammortamento praticato nel periodo d’imposta, la quota annuale di ammortamento e le eliminazioni dal processo produttivo;

per i beni diversi le indicazioni possono essere effettuate con riferimento a categorie di beni omogenee per anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento;

ai fini della deducibilità dal reddito di impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 74, le quote di ammortamento dei beni strumentali debbono comunque essere registrate nel registro dei cespiti ammortizzabili, a norma del citato art. 16 (v. Sez. 5 n. 9876-11);

per i contribuenti tenuti ad allegare alla dichiarazione il conto economico, la deduzione di costi e oneri è subordinata, oltre che all’imputazione degli stessi al conto economico, all’osservanza dell’obbligo di contabilizzazione nelle scritture nelle quali è prescritto debba avvenire la registrazione;

nel caso di specie, la C.T.R. effettivamente individua una serie di adempimenti specifici non richiesti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 16, comma 2, da cui erroneamente trae l’indeducibilità delle quote di ammortamento;

deve, quindi, accogliersi il primo motivo e cassare sul punto la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, che valuterà la deducibilità delle quote di ammortamento, con riferimento ai requisiti espressamente richiesti dalla legge, esaminando anche la corrispondenza tra i dati indicati nel libro dei cespiti ammortizzabili e quelli indicati in bilancio (dato che secondo la ricorrente emergerebbe dalla semplice lettura del libro cespiti ammortizzabili, sommando gli ammortamenti fiscalmente deducibili a quelli indeducibili);

1.3. con il secondo motivo, la ricorrente denunzia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè, con riferimento alla ripresa a tassazione di Euro 74.660,00 per note di credito non esibite, la C.T.R. non avrebbe tenuto conto della ricevuta rilasciata in data 8/8/2006 dall’Agenzia delle Entrate, prodotta dalla contribuente in allegato al ricorso di primo grado e con successivo atto di controdeduzioni in appello, che proverebbe la consegna dei documenti (in particolare delle note di credito) che l’Ufficio nega;

il motivo è inammissibile;

invero, a parte ogni considerazione sulla decisività della ricevuta menzionata, di cui la ricorrente non specifica il contenuto, nè la riferibilità proprio alle note di credito oggetto di contestazione, deve rilevarsi che la C.T.R. ha ampiamente motivato sulla mancata produzione della documentazione in oggetto, rilevando come la contribuente non avesse mai prodotto la memoria difensiva, che assume di aver inviato all’Ufficio, nè la documentazione ad essa allegata;

la ricorrente, nel dolersi del fatto che il giudice di appello non abbia esaminato i documenti, che assume mancanti, e che invece sarebbero stati depositati, fa riferimento alla mera ricevuta di consegna rilasciata dall’Agenzia e non ai documenti veri e propri;

1.4. la Corte, quindi, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate e rigettato il secondo motivo del ricorso della contribuente, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, cassa sul punto la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale (R.G. n. 24555/12), rigettato il secondo e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate (R.G. n. 4089/13); cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla C.T.R. della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2019

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