Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8196 del 29/03/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 29/03/2017, (ud. 11/01/2017, dep.29/03/2017),  n. 8196

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28943-2015 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SERGIO BUZZI, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (CF. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2972/28/2015 della COMMISSIONE ‘TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 26/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. LUCA

SOLAINI;

Fatto

FATTO E DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ha emesso avviso di accertamento nei confronti del F., quale membro dell’Associazione sportiva Foglianese, per avere agito per conto di quest’ultima, e dunque per essere responsabile dei debiti dell’associazione ai sensi dell’art. 38 c.c.

L’Agenzia contesta alla associazione e dunque al ricorrente, di avere emesso fatture per circa 550 mila euro, e di avere dunque illegittimamente usufruito del regime contabile agevolato concesso alle associazioni sportive dilettantistiche. purchè la fatturazione non superi i 250 mila Euro, e ciò per l’anno 2007.

Il ricorrente, la società, ed altro associato (fratello del ricorrente), hanno proposto ricorso, che è stato rigettato dai giudici di merito.

Il F. ha proposto ricorso per Cassazione con quattro motivi. mentre l’Agenzia non ha spiegato difese scritte.

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 38 e 2727 e 2729 c.c. in quanto ritiene che, essendo emerso che lui era il cassiere, non poteva dedursene che agisse per conto della società in operazioni che potessero impegnare la sua personale responsabilità ai sensi dell’art. 38 c.c.

In realtà, la sentenza di secondo grado afferma che il ricorrente agiva di fatto non solo come cassiere ma intervenendo in operazioni finanziarie ed operando sul conto della associazione, e che le operazioni di carattere contabile erano compiute anche da lui.

Così che, accertati in tal modo i fatti, non solo è fondato presumere l’ingerenza del ricorrente nella gestione della associazione, ma l’art. 38 non può dirsi violato, proprio perchè postula l’avere agito “per conto”.

Altro discorso essendo quello della erronea ricostruzione del fatto, ossia dell’erroneità dell’affermazione secondo cui il ricorrente ha compiuto atti di carattere finanziario e contabile, accertamento di fatto che non è censurabile in questa sede.

Pertanto, sostanzialmente, la CTR ha ricostruito la vicenda personale e associativa del F., sussumendola correttamente nel perimetro normativo di cui all’art. 38 c.c., perchè come amministratore di fatto, agiva per conto della stessa.

Il secondo e il quarto motivo di censura, denunciano, sotto l’apparente rubrica di una violazione di legge, un difetto di motivazione della sentenza impugnata, perchè avrebbe fatto riferimento al materiale istruttorio raccolto dall’ufficio senza esaminarlo analiticamente, ed, inoltre, perchè gli indizi presi in considerazione dai giudici d’appello, non sarebbero gravi, univoci e concordanti e, quindi, non potevano fondare le ragioni dell’avviso d’ accertamento.

La censura è, in via preliminare, inammissibile, in quanto preclusa dalla “doppia conforme”, mentre, nel merito, i giudici d’appello indicano non solo la documentazione acquisita, ma altresì quanto emerso nel contraddittorio che gli operanti hanno avuto con gli interessati con esplicitazione delle fonti del loro convincimento.

Con il terzo motivo si denuncia omessa pronuncia su un motivo di appello, in quanto, il contribuente, in secondo grado aveva fatto valere la carenza di motivazione della decisione di primo grado.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, perchè non riporta e non localizza l’atto d’appello, ovvero il brano dove era inserita la censura rimasta disattesa, cosicchè questa Corte non è messa in condizione di valutare la doglianza.

La mancata costituzione dell’Agenzia delle Entrate, esonera il Collegio dal provvedere sulle spese.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso il Roma, nella camera di consiglio, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 29 marzo 2017

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