Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8196 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8196 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: SPENA FRANCESCA

SENTENZA

sul ricorso 14748-2010 proposto da:
MANCINI MARIA C.F. MNCMRA45H58H034B,
ef-

in proprio

51 in qualità di titolare dellq omonima impresa

individuale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
RUGGERO FAURO 43, presso lo studio dell’avvocato UGO
PETRONIO, che la rappresenta e difende unitamente
2016

all’avvocato RICCARDO PINZA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

686
contro

I.N.P.S.
SOCIALE C.E.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
80078750587,

in persona del legale

Data pubblicazione: 22/04/2016

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati LUIGI CALIULO, ANTONINO SGROI, LELIO
MARITATO, giusta delega in atti;

avverso la

sentenza

n. 1065/2009 della CORTE

D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 24/12/2009 r.g.n.
937/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/02/2016 dal Consigliere Dott.
FRANCESCA SPENA;
udito l’Avvocato PETRONIO UGO;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto.

.

– controricorrente –

Proc. nr. 14748/2010

FATTO

Con ricorso depositato in data 22 marzo 2004 davanti al Tribunale di Forlì Mancini Maria
proponeva opposizione avverso il verbale dell’INPS del 26 maggio 2003i con il quale
veniva contestata la natura simulata dei contratti di associazione in partecipazione e dei
successivi contratti di collaborazione coordinata e continuativa intercorsi con i signori
AGNOLETTI FRANCESCO e BACCI ELIO- assumendo sussistere rapporti di lavoro

complessivo di C 145.721 oltre sanzioni aggiuntive per C 29.235; chiedeva dichiararsi
la nullità ed inefficacia dell’accertamento e, comunque, la insussistenza di qualsivoglia
rapporto di lavoro subordinato.
Si costituiva l’INPS, chiedendo il rigetto del ricorso e

proponendo domanda

riconvenzionale per la condanna di Mancini Maria al pagamento degli importi quantificati
nel verbale di accertamento per contributi e somme aggiuntive.
Con sentenza del 31 maggio- 29 giugno 2005 (nr. 138/2005) il giudice del lavoro
rigettava il ricorso e confermava il verbale di accertamento, dichiarando dovute le
somme in esso indicate.

Proponeva appello

Mancini Maria riproponendo le ragioni del ricorso di primo grado .

Resisteva l’INPS.
La Corte d’Appello di Bologna, istruita la causa documentalmente e mediante la
assunzione di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 22 ottobre-24 dicembre
2009,notificata il 16 aprile 2010, rigettava l’appello.

Per la Cassazione della sentenza ricorre Mancini Maria, articolando otto motivi.
Resiste con controricorso l’INPS.
La ricorrente ha depositato memoria.
DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente denunzia nullità della sentenza per omessa
pronunzia in ordine alla dedotta nullità dell’accertamento dell’INPS per violazione del
proprio diritto di difesa.
Espone che la questione era stata proposta sia in primo grado che in appello in ragione
del mancato rilascio da parte dell’ente , sebbene richiesta, di una copia della
documentazione afferente il verbale di accertamento, di cui era stata consentita
unicamente la visione ; censura inoltre la omessa pronunzia in merito alla dedotta
irritualità del procedimento accertativo, per essersi gli ispettori recati presso la
abitazione del signor Bacci per ottenere ulteriori dichiarazioni a sostegno della assunta

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subordinato- e venivano posti in recupero i contributi evasi, per un ammontare

Proc. nr. 14748/2010

esistenza del rapporto di lavoro subordinato laddove l’articolo 13 della L. 689/81
precludeva attività di indagine presso la privata dimora.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.
Perché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia ai
sensi dell’art. 112 cpc – fattispecie sussumibile nella ipotesi di cui all’articolo 360 nr. 4
cpc- è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda
o una eccezione di rilevanza autonoma e ritualmente ed inequivocamente formulate,

genericamente o per riassunto del loro contenuto- nel ricorso per cassazione, indicando
altresì specificamente l’atto difensivo (o il verbale di udienza) nel quale l’una o le altre
erano state proposte (onde consentire la verifica in primo luogo della ritualità e
tempestività della prospettazione e poi della decisività della questione). La non
rilevabilità del vizio ex officio comporta invero che il potere-dovere del giudice di
esaminare gli atti processuali – (giacchè in ipotesi di error in procedendo la Corte di
Cassazione è giudice anche del fatto processuale) – sia condizionato a pena di
inammissibilità all’adempimento da parte del ricorrente dell’onere di indicarli
compiutamente, ai sensi dell’art. 366 co. 1 nr. 6 cpc. e di provvedere, altresì, al
deposito degli stessi atti ai sensi dell’art. 369 co. 2 nr. 4 cpc.
Nella fattispecie difettano tanto la trascrizione nel ricorso per cassazione, per la parte
rilevante, dell’ atto con cui la domanda non esaminata veniva introdotta che il deposito
dell’atto stesso .

2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta nullità della sentenza per il mancato
esame della sollevata eccezione di decadenza dell’INPS da qualsiasi domanda
riconvenzionale, per non avere proposto appello incidentale avverso la omessa
pronunzia (nella sentenza di primo grado) sulla riconvenzionale.
Censura la sentenza di secondo grado per avere da un lato rilevato la inammissibilità
dei motivi di appello aventi ad oggetto la domanda riconvenzionale dell’INPSaffermando che a seguito delta mancata proposizione da parte dell’ INPS della
impugnazione incidentale si era formato giudicato interno- dall’altro omesso di trarre dal
predetto rilievo la necessaria conseguenza del rigetto di ogni pretesa avversaria, in
quanto trasfusa nella domanda riconvenzionale.
Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di considerazioni.
In primo luogo si rilevano le stesse carenze già evidenziate quanto al primo motivo in
punto di difetto di specificità, per non essere stato trascritto il motivo dell’appello.
Inoltre, resta comunque assorbente il rilievo che la Corte di merito non ha omesso la
pronunzia sulla sorte della domanda riconvenzionale e sulla decadenza dell’INPS dalla
facoltà di proporla, avendo invece affermato che la riconvenzionale avrebbe dovuto
essere proposta dall’INPS con appello incidentale, previa censura della omessa

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dall’altro che tali istanze siano riportate puntualmente e letteralmente -e non

Proc. nr. 14748/2010

pronunzia del giudice del primo grado, sicchè “in ordine a tutte le questioni processuali e
sostanziali afferenti alla domanda riconvenzionale proposta dall’INPS in primo grado si è
formato il giudicato interno”.
Invero il ricorrente – piuttosto che dedurre il vizio di cui all’art. 112 cpc.- si duole del
mancato rigetto della pretesa dell’INPS nonostante la dichiarata formazione del giudicato
interno sulla riconvenzionale e, dunque, del merito della decisione senza tuttavia
formulare sul punto censure diverse dalla generica deduzione di nullità della sentenza,

3. Con il terzo motivo è assunta la nullità della sentenza per omessa pronunzia in
ordine alla decadenza dell’INPS da qualsiasi domanda riconvenzionale diretta ad
ottenere la declaratoria di nullità dei contratti di associazione in partecipazione e di
collaborazione coordinata e continuativa.
Dalla lettura del motivo emerge che la parte si duole non già della omessa pronunzia
ma della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui si respinge il motivo
di appello fondato sulla assenza di qualsiasi domanda riconvenzionale dell’INPS tesa ad
ottenere la declaratoria di nullità dei contratti di associazione in partecipazione e di
collaborazione coordinata e continuativa.
Sul punto la Corte territoriale rilevava, da un lato, che con la proposizione della
domanda ríconvenzionale l’Istituto Previdenziale aveva implicitamente richiesto
dichiararsi la nullità dei rapporti formalmente intercorsi e che , comunque, la Mancini
aveva proposto una domanda di accertamento negativo dell’obbligo contributivo sicchè
l’INPS poteva limitarsi a resistere, senza essere tenuta a proporre domanda
riconvenziona le.
Il ricorrente assume la contraddittorietà della decisione rispetto al precedente rilievo,
nella sentenza, della formazione del giudicato interno sulla domanda riconvenzionale
per la mancata proposizione da parte dell’INPS di appello incidentale rispetto all’
omessa pronunzia (nel primo grado) sulla riconvenzionale.
Il motivo è inammissibile in quanto, come già rilevato in relazione al secondo motivo, la
censura della motivazione manca della indicazione delle ragioni per cui si chiede la
cassazione della sentenza e delle norme di diritto su cui si fondano (art. 366 co.1 nr. 4
cpc) .
Nella esposizione del motivo si contesta, poi, nel merito, il rilievo degli ispettori
dell’INPS della nullità dei contratti di associazione in partecipazione per
indeterminatezza dell’apporto dell’associato; la ricorrente deduce che la forma libera del
contratto di associazione in partecipazione consentiva la identificazione dell’oggetto
anche con accordo verbale, come nella specie avvenuto.
La censura così esposta è parimenti inammissibile, in quanto non investe le statuizioni
della sentenza impugnata ma direttamente il verbale di accertamento e, dunque,

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come invece richiesto dall’articolo 366 co. 1 nr. 4 cpc.

Proc. nr. 14748/2010

sollecita un esame di merito precluso in questa sede; né coglie nel segno la censura
della sentenza, esposta solo a conclusione del motivo, per l’ omesso rilievo della
infondatezza dell’assunto degli ispettori, che del pari involge il profilo dì merito e non
quello di legittimità.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per illogicità e
contraddittorietà della motivazione e per violazione ed errata applicazione dell’art. 416

costituzione dell’INPS.
Il motivo investe il passaggio motivazionale in cui la Corte territoriale rilevava, da un
lato, la mancanza di interesse di essa appellante alla riproposizione della questione di
nullità della memoria difensiva dell’INPS nel primo grado- per essersi comunque svolto
il contraddittorio-

dall’altro la infondatezza della questione per la riproduzione nella
/
memoria dell’INPS dei contenuti del verbale ispettivo, contenente ampia descrizione
della situazione di fatto e considerazioni atte a contestare le deduzioni del ricorso
introduttivo.
Il motivo è inammissibile quanto al preteso vizio di illogicità e contraddittorietà della
motivazione, atteso che manca la specifica indicazione del “fatto controverso e decisivo”
di cui all’art. 360 nr. 5 cpc, non potendosi identificare come tale la questione di nullità
della memoria difensiva. In punto non può che rinviarsi al principio già affermato da
questa Corte per cui: “i/ motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 così
come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 2 – si denuncia omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione, deve specificamente indicare il fatto
controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi
intendere per fatto non una questione o un punto della sentenza, ma un fatto vero e
proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo,
modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto
in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo” (Cass. civ.
sez. 2^, 31/03/2014 n. 7517, sez. 5^, 5 febbraio 2011, n. 2805).
Del pari inammissibile è la censura di violazione dell’art. 416 cpc; la condotta di non
contestazione riguarda i fatti storici allegati, che, come tali, abbisognano di prova e non
già le deduzioni difensive, che vengono direttamente sottoposte al giudice per il vaglio di
fondatezza/infondatezza ; ed invero l’articolo 416 cpc. prevede l’onere del convenuto di
prendere posizione nella memoria difensiva – in maniera precisa e non limitata ad una
generica contestazione – “circa i fatti affermati dall’attore a fondamento della domanda”
e non già- come invece si legge in ricorso- ”

in ordine alle questioni sollevate dal

ricorrente”.
Il ricorrente non indica i fatti storici non contestati nella memoria difensiva dell’INPS ed
il punto della sentenza nel quale si rileverebbe il vizio di violazione de art. 416 cpc. ; a
4

cpc, in relazione alla eccepita nullità, genericità ed incompletezza della memoria di

Proc. nr. 14748/2010

ciò deve aggiungersi che trattandosi di ricostruzione del fatto storico il vizio della
sentenza avrebbe dovuto essere dedotto nei termini di cui all’articolo 360 nr. 5 cpc .

Il quinto, sesto e settimo motivo concernono la ricostruzione del fatto storico operata
nella sentenza impugnata.
5 . Con il quinto motivo la ricorrente denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; errata ed omessa

della consulenza tecnica d’ufficio.
Viene censurata in particolare:

la mancata valorizzazione della volontà dichiarata dalle parti nel senso della

instaurazione di un rapporto associativo ovvero di collaborazione senza che la sentenza
individui le modalità di effettivo svolgimento del rapporto, tali da contraddire l’assetto
negoziale dichiarato;
– la omessa valutazione delle prove documentali del pagamento agli associati delle
somme previste dai contratti di associazione in partecipazione, la errata ed imprecisa
lettura delle dichiarazioni testimoniali dei signori AGNOLETTI FRANCESCO e BACCI ELIOcomunque non significative della esistenza dei rapporti di lavoro subordinato- e la
omessa considerazione delle dichiarazioni del teste MAMBELLI DAVIDE;
– la erronea lettura delle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio nonché la erronea
affermazione da parte del ctu della incoerenza – comunque lieve e per i soli anni 1998 e
1999- tra l’ importo delle ricevute firmate dai signori Agnoletti e Bacci e la quota del
5% dell’ utile prevista quale corrispettivo dell’ apporto dell’associato nel contratto di
associazione in partecipazione .

6. Con il sesto motivo si denunzia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo; errata e omessa valutazione della totale assenza
di prova in ordine agli indici del lavoro subordinato; erronea applicazione dell’art. 2697
cc.
La ricorrente assume che l’INPS non abbia fornito la prova, a suo carico, circa il vincolo
di subordinazione dei lavoratori e che la subordinazione era esclusa dalle acquisizioni
documentali circa l’importo degli utili percepiti, corrispondente a quanto previsto nel
contratto di associazione in partecipazione; ritiene che la sentenza abbia
pregiudizialmente ritenuto non compatibile con il rapporto associativo un apporto di
lavoro manuale, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte; censura l’omesso
rilievo della assenza di un vincolo di orario, di presenza e di controllo e della
registrazione dell’ Agnoletti e del Bacci nel libro paga e nel libro matricola come
associati in partecipazione .

5

valutazione della volontà delle parti, delle dichiarazioni testimoniali e delle risultanze

Proc. nr. 14748/2010

7. Con il settimo motivo si assume omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo; infondatezza della supposta natura retributiva dei
compensi percepiti da parte dei signori Agnoletti e Bacci e della parametrazione della
retribuzione su base oraria; contraddittorietà della diversa valutazione operata per il
contratto di associazione in partecipazione della signora Mambelli Elisabetta;
infondatezza della supposta mancanza dell’obbligo di rendiconto; errata applicazione
dell’art. 2552 cc.

partecipazione agli utili dei lavoratori e l’esercizio da parte di essi del diritto di
rendiconto .
In punto di fatto la ricorrente si duole del mancato esame della documentazione
comprovante la percezione degli utili – come attestato anche dal consulente d’ufficiononché della contraddittorietà della motivazione rispetto alle conclusioni assunte dagli
quay.h9
ispettori dell’INPS rispetto al terzo rapporto di associazione in partecipazione instaurato,
quello intercorso con la signora Mambelli Elisabetta, per il quale i verbalizzanti non
avevano sollevato alcuna censura nonostante la identità di contenuti ( consistendo
l’unica diversità nel rapporto familiare della Mambelli con il datore di lavoro).
Assume la erroneità delle osservazioni svolte in sentenza sulla inosservanza da parte di
Mini Maria dell’obbligo di rendiconto, alla luce della documentazione prodotta e dei
contenuti dei contratti di associazione in partecipazione e richiama le pronunzie di
questa Corte dalle quali si desumerebbe che l’obbligo di rendiconto non è l’elemento
qualificante del rapporto di associazione in partecipazione

e che esso ben può essere

assolto- piuttosto che con il formale invio del rendiconto annuale agli associati – con la
messa a disposizione della relativa documentazione.
I motivi possono essere congiuntamente esaminati e si prestano ad analoghi rilevi di
inammissibilità .
Con gli stessi la ricorrente, piuttosto che muovere specifiche censure alla motivazione
della sentenza, propone una diversa valutazione delle fonti di prova e, dunque, un
riesame del merito.
Per costante giurisprudenza di legittimità l’ articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella
formulazione vigente anteriormente alle modifiche apportate dal DL 83/2012 applicabile ratione temporis

in ragione della data di pubblicazione della sentenza

d’appello- non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il
merito della causa ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della
correttezza giuridica, la valutazione operata dal giudice del merito, al quale soltanto
spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove,
controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie,
quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ad esempio, in termini,
Cassazione civile, sez. III, 04/03/2010, n. 5205 Cass. 6 marzo 2006, n. 476. Sempre
6

La censura investe la parte della sentenza in cui si afferma non provata la

Proc. nr. 14748/2010

nella stessa ottica, altresì, Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 19 dicembre 2006, n.
27168; Cass. 8 settembre 2006, n. 19274; Cass. 25 maggio 2006, n. 12445). Non
incorre, dunque, nel vizio di omesso esame o di insufficiente motivazione su fatti
decisivi il giudice del merito che, nel sovrano apprezzamento delle prove, attinga il
proprio convincimento Sagli elementi istruttori che ritenga più attendibili ed idonei alla
risoluzione della controversia.
In coerenza con le suddette affermazioni, dunque,

la Corte non realizzerebbe il

consentito) giudizio di merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie
– prendesse d’ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a
quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della decisione, accogliendo il ricorso
sub specie di omesso esame di un fatto decisivo.
Nei motivi la parte ricorrente oppone alla valutazione delle fonti di prova operata dal
giudice del merito una propria diversa ricostruzione dei fatti e valorizzazione delle prove
e dirige l’esame non già sulle parti della sentenza affette dal preteso vizio logico- che
neppure vengono indicate- ma direttamente sui documenti, sulle prove orali e sugli esiti
della consulenza, con ciò sollecitando il riesame del merito.

8. Con l’ottavo motivo la ricorrente chiede la “riforma della sentenza” nella parte in cui
si accerta la natura subordinata dei rapporti intercorsi con i signori Agnoletti e Bacci nel
periodo di vigenza dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa “per i motivi
tutti già indicati al punti da 1 a 7 del presente ricorso da intendersi in questa sede
ritrascritti specificamente e pedissequamente”.
Ai rilievi di inammissibilità già svolti si aggiunge la notazione del difetto di formulazione
del motivo, che non deduce un vizio specificamente riferito alle parti della sentenza
concernenti il periodo di formale svolgimento del rapporto in regime di collaborazione
coordinata e continuativa.

Le spese,liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese che liquida in C 100,00 per esborsi ed C 4.000,00 per compensi professionali, oltre
spese generali nella misura del 15%.
Così deciso In Roma, il 18.2.2016

controllo sulla motivazione che le è demandato ma inevitabilmente compirebbe un (non

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