Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8194 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8194 Anno 2016
Presidente: VENUTI PIETRO
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

SENTENZA

sul ricorso 27490-2010 proposto da:
FIAT POWERTRAIN TECHNOLOGIES S.P.A. C.F. 07979870016,
già FIAT POWERTRAIN S.R.L., (in precedenza denomimata
FIAT-GM POWERTRAIN S.R.L.), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA CRESCENZIO 62, presso lo studio
2016
684

dell’avvocato FRANCESCO GRISANTI, rappresentata e
difesa dall’avvocato MARIANO MORGESE, giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 22/04/2016

I.N.P.S.
SOCIALE C.F.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
80078750587, in persona del legale

l rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

A

in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

MARITATO, giusta delega in atti;
RAMAGLIA

ROSARIO,

DI

BUCCI

ROBERTO

DBCRRT68M2418040, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato AMOS
ANDREONI, che li rappresenta e difende unitamente
agli avvocati PIETRO D’ADAMO, MARIANNA SALEMME,
giusta delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

MESSERE PASQUALE C.F. MSSPQL48A04C346F,

NICODEMO

NICOLA C.F. NCDNCL48C22F689G, C.F. PIUNNO ANTONIO
PNNNTN46H03H920Q, SIRAVO ATTILIO;
– intimati –

Nonché da:
MESSERE PASQUALE C.F.

MSSPQL48A04C346F,

NICODEMO

NICOLA C.F. NCDNCL48C22F689G, PIUNNO ANTONIO C.F.
PNNNTN46H03H920Q, domiciliati in ROMA, PIAllA CAVOUR,
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI
CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato
VINCENZO IACOVINO, giusta delega in atti;

avvocati ANTONINO SGROI, LUIGI CALIULO, LELIO

- controricorrente e ricorrente incidentale contro

/fIAT POWERTRAIN TECHNOLOGIES S.P.A. C.F. 07979870016,
già FIAT POWERTRAIN S.R.L., (in precedenza denomimata
FIAT-GM POWERTRAIN S.R.L.), in persona del legale

in ROMA, VIA CRESCENZIO 62, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO GRISANTI, rappresentata e
difes,v5 dall’avvocato MARIANO MORGESE, giusta delega
in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro

SIRAVO ATTILIO, DI BUCCI ROBERTO DBCRRT68M24I8040,
RAMAGLIA ROSARIO;
– intimati nonchè contro

I.N.P.S.

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

SOCIALE C.F.

80078750587,

in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati ANTONINO SGROI, LUIGI CALIULO, LELIO
MARITATO,

giusta

delega

in

calce

alla

copia

notificata del ricorso;
– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 601/2009 della CORTE D’APPELLO

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata

, di
CAMPOBASSO,
depositata
il
20/11/2009
r.g.n.
\i
I
227/2008;
,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/02/2016 dal Consigliere Dott. ANNALISA
DI PAOLANTONIO;

udito l’Avvocati ANDREONI AMOS;
udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO, che ha concluso
per l’accoglimento del primo motivo, assorbiti gli
altri, rigetto dell’incidentale.

udito l’Avvocato MORGESE MARIANO;

RG 27490/2010
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

\\,

– La Corte di appello di Campobasso, con sentenza depositata il 20 novembre
/2009, ha respinto l’appello di Fiat Powertrain Technologies s.p.a. avverso la
sentenza del Tribunale di Larino del 23 ottobre 2007 che, previa riunione dei
giudizi aventi tutti il medesimo oggetto, aveva rigettato le opposizioni proposte
dalla società avverso i decreti ingiuntivi emessi in favore di Pasquale Messere,

Ramaglia.
2 – In sede monitoria i ricorrenti, tutti dipendenti della società cessati dal lavoro
nell’arco temporale compreso fra il 2003 ed il 2005, avevano chiesto il
pagamento delle somme che la Fiat Powertrain Techologies s.p.a. aveva
trattenuto “a titolo di recupero contributi sospesi” (per gli eventi sismici
verificatisi nel Molise nell’ottobre-novembre 2002) sugli emolumenti e sul TFR
erogati all’atto della cessazione dei rapporti.
3 – La Corte territoriale, pur riconoscendo che ai sensi della interpretazione
autentica di cui alla L. n. 290 del 2006, art. 6, comma 1 bis, il beneficio della
sospensione dei contributi previdenziali ed assistenziali opera esclusivamente in
favore dei datori di lavoro privati, confermava la illegittimità dell’unica trattenuta
effettuata dalla Fiat al momento della cessazione del rapporto, ritenendo
inapplicabile “l’autotutela dì cui alla L. n. 218 del 1952, art. 19, comma 2, …. data
l’assenza dei presupposti della fattispecie normativa in parola, che riconnette la
trattenuta della quota di contributi non alla retribuzione comunque corrisposta,
ma solo a quella che è erogata alla scadenza del periodo di paga cui il contributo
si riferisce”. La Corte aggiungeva che la Fiat non aveva esercitato una ordinaria
azione di rivalsa, comunque non esperibile, non potendo la stessa eccedere
l’importo delle rate scadute e dovendo, di conseguenza, avvenire anche per la
quota a carico del lavoratore con la rateizzazione prevista dalla normativa dettata
per la riscossione dei contributi sospesi.
La Corte evidenziava, inoltre, che non assumeva rilevanza l’avvenuto versamento
all’INPS dell’intero ammontare dei contributi sospesi, perché si trattava di
pagamento di un debito non scaduto, che in quanto tale, esorbitando dal debito
del lavoratore, non autorizzava alla rivalsa come operata dalla società.
Infine la Corte territoriale confermava il rigetto della domanda di manleva
proposta nei confronti dell’INPS rilevando che, avendo la Fiat operato il
pagamento di un debito non scaduto (stante la pendenza della sospensione e,

Nicola Nicodemo, Antonio Piunno, Attilio Siravo, Roberto Di Bucci e Rosario

RG 27490/2010
comunque, la previsione di una restituzione rateizzata) la ripetizione era esclusa
dall’art. 1185 c.c, comma 2.

4 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Fiat Powertrain
Technologies s.p.a. sulla base di cinque motivi. Nicola Nicodemo, Pasquale
Messere e Antonio Piunno hanno resistito con tempestivo controricorso,
proponendo ricorso incidentale avverso il capo della decisione relativo alla
interpretazione della 0.P.C.M. n. 3253 del 29.11.2002. Hanno resistito al ricorso

intimato Attilio Siravo. La Fiat ha resistito con controricorso alla impugnazione
incidentale ed ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Preliminarmente deve essere disposta la riunione, ex art. 335 c.p.c., delle
impugnazioni proposte avverso la stessa sentenza.

2 – E’ infondata l’eccezione di tardività del ricorso in quanto l’art. 327 c.p.c.,
come modificato dall’art. 46, comma 17, della legge 18 giugno 2009 n. 69, è
applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi
instaurati dopo la data della sua entrata in vigore. Nel caso di specie i giudizi di
opposizione

sono stati promossi con ricorsi depositati il 21 dicembre 2006 e

l’appello è stato proposto il 22 maggio 2008, sicché il termine per la proposizione
del ricorso per cassazione è quello annuale previsto dall’art. 327 c.p.c. nella sua
formulazione originaria.

3 – Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale,
giacché “in base al combinato disposto di cui agli artt. 334, 343 e 371 cod. proc.
civ., è ammessa l’impugnazione incidentale tardiva (da proporsi con l’atto di
costituzione dell’appellato o con il controricorso nel giudizio di cassazione) anche
quando sia scaduto il termine per l’impugnazione principale, e persino se la parte
abbia prestato acquiescenza alla sentenza, indipendentemente dal fatto che si
tratti di un capo autonomo della sentenza stessa e che, quindi, l’interesse ad
impugnare fosse preesistente, dato che nessuna distinzione in proposito è
contenuta nelle citate disposizioni, dovendosi individuare, quale unica
conseguenza sfavorevole dell’impugnazione cosiddetta tardiva, che essa perde
efficacia se l’impugnazione principale è dichiarata inammissibile” ( Cass.
27.6.2014 n. 14609).

2

principale anche Roberto Di Bucci, Rosario Ramaglia e l’INPS, mentre è rimasto

RG 27490/2010
s,

4

Nel merito il Collegio intende dare continuità all’orientamento già espresso da

questa Corte che, con le sentenze n. 4963 del 28 marzo 2012 e n. 8646 del 30
maggio 2012, chiamata a pronunciare in fattispecie analoghe, ha ritenuto fondati
i ricorsi proposti dalla Fiat Powertrain Technologies s.p.a. ed infondati i ricorsi
incidentali dei lavoratori.
5

Con le richiamate pronunce si è osservato che “in ordine logico, in

considerazione sia della formulazione delle domande originarie sia dell’iter

incidentale proposto dai lavoratori legittimati. I detti lavoratori con l’unico
motivo, infatti, denunciando violazione della 0.P.C.M. n. 3253 del 2002, art. 7 e
della L. n. 290 del 2006, art. 6, comma 1 bis, in sostanza lamentano che
erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che la sospensione de qua “avrebbe
quali unici beneficiari i datori di lavoro, sicché i dipendenti ne risulterebbero
completamente esclusi anche per la quota di contribuzione a proprio carico”.
Al riguardo i ricorrenti incidentali evidenziano che, sul piano letterale, l’art. 7
dell’ordinanza citata si riferisce ai “soggetti”, nonché alla “residenza” e alla “sede
legale od operativa”, espressioni tutte comprensive sia dei datori di lavoro sia dei
lavoratori, e rilevano inoltre che la norma “è finalizzata ad assicurare ogni azione
utile a celere superamento della situazione emergenziale, così risultando
confermata la portata generale di applicazione della norma in questione”.
Nel contempo i ricorrenti incidentali sostengono che la 0.P.C.M. n. 3253 del
2002, non è stata interessata dalla interpretazione autentica di cui al D.L. n. 263
del 2006, art. 6, comma 1 bis, conv. in L. n. 290 del 2006, che attiene solo alla
quota a carico dei datori di lavoro, di guisa che “la norma sopravvenuta non
determina alcun mutamento della situazione previgente e lascia assolutamente
intatto ed inalterato il diritto del lavoratore a percepire la propria retribuzione
comprensiva della quota di contribuzione a proprio carico”.
Il motivo è infondato.
Come è stato di recente affermato da questa Corte e va qui ribadito, “la 0.P.C.M.
29 novembre 2002, n. 3253, art. 7, comma 1 – che prevede la sospensione dei
versamenti di contributi previdenziali per i soggetti residenti nelle zone colpite
dagli eventi sismici iniziati il 31 ottobre 2002 – va interpretato alla stregua del
disposto del D.L. 9 ottobre 2006, n. 263, art. 6, comma 1 bis, convertito in L. 6
dicembre 2006, n. 290 e, pertanto, come riferibile soltanto ai datori di lavoro
privati, essendo finalizzata la disciplina alla liberazione di risorse economiche da
destinare al sostegno delle attività imprenditoriali e non anche all’incremento

3

argomentativo seguito dalla Corte di merito, va esaminato dapprima il ricorso

RG 27490/2010

delle retribuzioni dei pubblici dipendenti” (v. Cass. 24-11-2011 n. 4526). In
specie questa Corte ha, tra l’altro, precisato che “la ridetta 0.P.C.M. n. 3253 del
2002 fa espresso e prioritario riferimento alla L. n. 225 del 1992” e nel
preambolo richiama anche il D.L. n. 245 del 2002, con significativo riferimento,
“in particolare” all’art. 2, comma 2, “con il quale si rinvia la disciplina e la
definizione delle modalità degli interventi di emergenza ad ordinanze di
protezione civile”, per cui “deve convenirsi che anche l’O.P.C.M. n. 3253 del 2002
rientra fra le ordinanze di protezione civile contemplate dal D.L. n. 263 del 2006,

art. 6, comma 1 bis, conv. in L. n. 290 del 2006”, con la conseguente “sua
applicabilità anche alla disposizione di cui al ricordato art. 7 di tale Ordinanza”.
Inoltre è stato anche chiarito che il predetto art. 6, comma 1 bis del D.L. citato,
“è norma di interpretazione autentica, secondo quanto esplicitato dal dato
testuale e, come tale, di portata retroattiva”, così escludendosi “una sua efficacia
soltanto innovativa rispetto al contenuto precettivo dell’art. 7, poiché
l’interpretazione autenticamente affermata rientra fra quelle possibili della norma
in esame, alla luce in particolare del riferimento testuale ai “versamenti” – ossia
agli adempimenti dell’obbligo previdenziale riservati alla parte datoriale e
f/z4±.10″
successivi alla trattenuta delle quote a carico dei lavoratori – e della rami della
,

disposizione, individuabile nell’intento di favorire la liberazione di risorse
economiche da destinare al sostegno delle attività imprenditoriali”.
Tale norma di interpretazione autentica è stata peraltro ritenuta
costituzionalmente legittima dalla Corte Costituzionale (v. C. Cost. n. 325/2008).
Infondata è pertanto la tesi dei lavoratori, il cui ricorso incidentale va respinto.”
6- Con il primo motivo del ricorso principale la società denuncia “violazione e
falsa applicazione degli artt. 112, 416, 437 c.p.c.; nullità consequenziali”.
Premette la ricorrente che il titolo azionato e controverso in prime cure era
consistito soltanto nella pretesa dei lavoratori “di restituzione derivante dal
diritto, previsto dalla richiamata normativa emergenziale, alla rateizzazione del
versamento della quota di contributi previdenziali a loro carico che erano stati già
versati dal datore di lavoro all’INPS prima delle richieste d’ingiunzione”. Aggiunge
la Fiat che la Corte d’Appello doveva limitarsi a verificare la correttezza della
statuizione di primo grado “ricognitiva del preteso diritto” così azionato e, una
volta accertata la insussistenza di tale diritto, accogliere senz’altro le opposizioni
alle ingiunzioni. La Corte territoriale, invece, ha “inammissibilmente immutato la
sopra ricordata unica ragione giustificatrice delle originarie domande proposte”
nei confronti della società, “convertendola ex officio in altra, mai addotta ne’

4

J°1

RG 27490/2010
esplicitata dagli interessati, consistente nel diritto all’integrità della retribuzione”.
In tal modo, secondo la ricorrente principale, la Corte di merito ha violato il
principio fondamentale della corrispondenza tra chiesto e pronunciato,
modificando radicalmente d’ufficio in appello la causa petendi della pretesa dei
lavoratori.

7 – Non sono fondate le eccezioni di inammissibilità del motivo sollevate, per
ragioni diverse, dai difensori dei controricorrenti.

n. 28066, poiché il motivo denuncia con chiarezza la nullità della sentenza
derivata dalla violazione degli artt. 112,416,437 c.p.c., sicché non rileva che nella
rubrica non sia stato espressamente richiamato il n. 4 dell’art. 360 c.p.c..
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, infatti, affermato che l’onere della
specificità imposto dall’art. 366 n. 4 c.p.c. non deve essere inteso quale assoluta
necessità di formale ed esatta indicazione della ipotesi, tra quelle elencate
nell’art. 360 c.p.c., comma 1, cui si ritenga di ascrivere il vizio, nè di precisa
individuazione, nei casi di deduzione di violazione o falsa applicazione di norme
sostanziali o processuali, degli articoli, codicistici o di altri testi normativi,
comportando solo l’esigenza di una chiara esposizione, nell’ambito del
motivo,delle ragioni per le quali la censura sia stata formulata e del tenore della
pronunzia caducatoria richiesta, che consentano al giudice di legittimità di
individuare la volontà dell’impugnante e stabilire se la stessa, così come esposta
nel mezzo di impugnazione, abbia dedotto un vizio di legittimità sostanzialmente,
ma inequivocamente, riconducibile ad alcuna delle tassative ipotesi di cui all’art.
360 c.p.c. (Cass. S.U. 24.7.2013 n. 17931).

7.1 – Non sussiste, poi, la denunciata violazione del principio dell’autosufficienza,
giacché “il ricorso per cessazione deve ritenersi ammissibile in generale, in
relazione al principio dell’autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur
mancando l’esposizione dei motivi del gravame che era stato proposto contro la
decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata
contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, della materia che
era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni che i ricorrenti avevano
inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da
quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza
impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte.” ( Cass. 17.8.2012 n.
14561).

Non si attaglia alla fattispecie il principio di diritto affermato da Cass. 25.11.2008

RG 27490/2010
Nel caso di specie la causa petendi della domanda azionata in sede monitoria ed
il thema decídendum del giudizio di appello si desumono, oltre che dalla sintesi
dei fatti di causa, anche dal contenuto della sentenza impugnata, integralmente
trascritta nel ricorso, che, quindi, contiene tutti gli elementi necessari alla Corte
per statuire sulla fondatezza della censura.
7.2

Non sussiste, poi, la asserita novità della questione, giacché la società

ricorrente addebita sostanzialmente al giudice di appello di avere respinto la

enunciato dalla parte a sostegno della propria domanda. Si tratta, all’evidenza, di
un vizio che poteva essere fatto valere solo con il ricorso per cassazione.
7.3.

Nel merito il motivo è fondato per le ragioni già indicate da questa Corte

nelle pronunce sopra richiamate.
Occorre ribadire che “il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato,
previsto dall’art. 112 cod. proc. civ., implica il divieto di attribuire alla parte un
bene non richiesto, o comunque di emettere una statuizione che non trovi
corrispondenza nella domanda, e deve ritenersi violato ogni qualvolta il giudice,
interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi
identificativi dell’azione (“petitum” e “causa petendi”), attribuendo o negando ad
alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso,
nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda. In particolare, dal
divieto di pronunciare su un’azione diversa da quella espressamente proposta
consegue che è inibito al giudice, con riferimento alla “causa petendi”, basare la
decisione su fatti costitutivi diversi da quelli dedotti, ponendo a fondamento della
domanda un titolo nuovo e difforme da quello indicato dalla parte” (v. Cass. 1612-2005 n. 27727).
In tema, poi, di procedimento per ingiunzione, in base alla giurisprudenza
consolidata di legittimità “per effetto dell’opposizione non si verifica alcuna
inversione della posizione sostanziale delle parti nel giudizio contenzioso, nel
senso che il creditore mantiene la veste di attore e l’opponente quella di
convenuto, ciò che esplica i suoi effetti non solo in tema di onere della prova, ma
anche in ordine ai poteri ed alle preclusioni processuali rispettivamente previsti

per ciascuna della parti” (v. fra le altre Cass. 1-3-2007 n. 4800, Cass. 27-1-2003
n. 1185, Cass. Cass. 27-6-2000 n. 8718).
In tale quadro generale, come pure è stato precisato, “anche all’interno del rito di
lavoro il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si configura come giudizio
ordinario di cognizione e si svolge secondo le norme del procedimento ordinario

6

impugnazione, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello

RG 27490/2010

dinanzi al giudice adito, con la conseguenza che la memoria difensiva
dell’opposto, attesa la sua posizione sostanziale di attore, deve osservare la
orma della domanda (di cui all’art. 414 cod. proc. civ.) e, pertanto, deve recare,
tra l’altro, la determinazione dell’oggetto di essa e l’esposizione dei fatti e degli
elementi di diritto sui quali si fonda; ne consegue che, nella stessa memoria
difensiva, è possibile specificare e meglio chiarire detti elementi, al fine di
adeguare al carattere e ai principi della cognizione ordinaria la pretesa azionata in

libelli, la domanda proposta in sede monitoria” (v. Cass. 22-4-2004 n. 7688, cfr.
fra le altre Cass. 13-9-2003 n. 13467).
Orbene nella fattispecie con i ricorsi in sede monitoria gli ex dipendenti, sulla
premessa di aver diritto alla sospensione de qua, avevano sostenuto che la
illegittimità della trattenuta consisteva sia nell’aver avviato il recupero prima del
31-12-2005, sia nell’aver recuperato i contributi sospesi in un’unica soluzione e
non nelle 304 rate mensili previste.
Tale tesi, a seguito della opposizione della società, è stata ribadita da parte degli
opposti con le relative memorie di costituzione, ed è stata poi accolta dal primo
giudice, il quale, però, ad abundantiam, ha altresì disatteso le ulteriori difese
avanzate dalla società opponente.
Avverso tale pronuncia, con il primo, principale e assorbente, motivo di appello la
società ha ribadito l’infondatezza della tesi attorea e l’insussistenza del
presupposto stesso delle domande degli ex dipendenti (in sostanza il loro preteso
diritto alla sospensione de qua e alla conseguente rateizzazione).
Orbene tale motivo è stato espressamente ritenuto fondato dalla Corte d’Appello,
la quale, legittimamente (come sopra è stato già affermato rigettandosi il ricorso
incidentale), ha affermato che “beneficiario della sospensione contributiva non è il
lavoratore ma il datore di lavoro”.
Sennonché la Corte territoriale, anziché accogliere semplicemente il detto motivo
e con esso le opposizioni della società, con conseguente revoca dei decreti
ingiuntivi e rigetto delle domande degli ex dipendenti, così come proposte, ha
respinto in toto l’appello, considerando, invece, assorbente la ritenuta
infondatezza delle ulteriori tesi difensive avanzate dalla società, con il secondo
motivo di gravame, contro le argomentazioni ad abundantiam svolte dal primo
giudice.
In tal modo la Corte di merito, ribaltando le posizioni sostanziali delle parti, ha, in
definitiva, accolto le domande sulla base di una causa petendi diversa da quella

7

via monitoria, nonché modificare., nei limiti della emendatio, e non della mutati°

RG 27490/2010
prospettata ed azionata dagli attori- opposti, in effetti scaturita soltanto dalle
citate ulteriori tesi difensive della società.
ertanto la Corte territoriale è incorsa nel vizio di violazione degli artt. 112, 416 e
437 c.p.c., denunciato con il primo motivo del ricorso principale, che va accolto,
,…j
restando così assorbiti gli altri motivi dello stesso ricorso (riguardanti appunto le
dette ulteriori argomentazioni difensive).
8 – La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione alla censura accolla
e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, vanno accolte le
opposizioni della società con la revoca dei decreti ingiuntivi opposti e con il rigetto
delle domande dei lavoratori intimati.
Ricorrono giusti motivi, ex art. 92 c.p.c., nel testo vigente ratione temporis, in
ragione della complessità della vicenda e della questione principale che ha trovato
soluzione soltanto nella pronuncia di questa Corte successiva al deposito del
ricorso, per compensare le spese dell’intero processo fra tutte le parti.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti
gli altri, e rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata in relazione
al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta le originarie domande dei
lavoratori e revoca i decreti ingiuntivi opposti.
Compensa integralmente fra tutte le parti le spese dell’intero processo.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 18 febbraio 2016
Il Consigliere estensore

Il Presidente

di

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