Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8190 del 22/04/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 8190 Anno 2016
Presidente: BRONZINI GIUSEPPE
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 20937-2011 proposto da:
CIAGLIA BARBARA C.F. CGLBBR67S52H501T, domiciliata in
ROMA, PIAZZA EUCLIDE 31, presso lo studio
dell’avvocato AMALIA FALCONE, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrente 2016
398

contro

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA LA SAPIENZA C.F.
80209930587, in persona del Rettore pro tempore,
rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui Uffici domicilia ope legis, in

Data pubblicazione: 22/04/2016

ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n.

12;

– controricorrente
avverso la sentenza n.

6097/2010

D’APPELLO di ROMA, depositata

della CORTE

il 26/08/2010

R.G.N.

3753/2007;

udienza del 02/02/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato FALCONE AMALIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per la
rimessione alle SS.UU., in subordine rigetto.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RG 20937/2011
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’azione proposta, innanzi al Tribunale di Roma, dalla sig.ra Barbara
Ciaglia nei confronti dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” di cui era dipendente dal
2 gennaio 1991 come agente dei servizi ausiliari, IV qualifica funzionale (quale vincitrice del
relativo concorso). L’attrice rivendicava di avere svolto, fin dall’inizio del rapporto di lavoro, le
mansioni proprie della VII qualifica nel profilo di collaboratore amministrativo e di avere, in
base a tale situazione di fatto, diritto ai benefici di cui alla L. n. 63 del 1989 e L. n. 236 del

scopo proposta, sull’erroneo presupposto che la richiedente non avesse i requisiti previsti,
essendo stata assunta su posti di ruolo delle carriere istituite ai sensi della L. n. 312 del 1980,
sebbene in altre situazioni analoghe l’ente fosse pervenuto a una diversa posizione (con
conseguente discriminanti nei confronti della ricorrente). Il Tribunale adito dichiarava il proprio
difetto di giurisdizione per le domande concernenti le questioni relative al periodo del rapporto
di lavoro fino al 30 giugno 1998 e rigettava per il resto il ricorso, compensando le spese. La
decisione era confermata dalla Corte d’appello di Roma, con la sentenza in epigrafe, che
rigettava l’appello della sig.ra Ciaglia, compensando le spese. Avverso tale sentenza, la sig.ra
Barbara Ciaglia propone ricorso per cassazione con tre motivi, con il secondo dei quali pone la
questione relativa al diniego di giurisdizione da parte del giudice adito per il periodo del
rapporto di lavoro fino al 30 giugno 1998. Resiste con controricorso l’Università degli Studi di
Roma “La Sapienza”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza con motivazione semplificata.
1.1. Deve essere esaminato preliminarmente il secondo motivo di ricorso, con il quale la
ricorrente contesta la denegata giurisdizione di giudice ordinario per il periodo antecedente al
30 giugno 1998 sostenendo che il provvedimento lesivo del diritto del dipendente è
rappresentato dal definitivo diniego dell’applicazione dei benefici cui alla L. n. 63 del 1989 e L.
n. 236 dei 1995 da parte dell’Università nel 2000-2001.
1.2. Rileva il Collegio che sulla questione controversa, facente parte di un più ampio
contenzioso avviato da alcuni dipendenti dell’Università degli Studi La Sapienza di Roma, si
sono già pronunciate le Sezioni Unite di questa Corte in due occasioni, esaminando fattispecie
del tutto analoghe a quella oggetto del presente giudizio quanto alla vicenda processuale e al
relativo esito giudiziale, salva la diversità data dalla qualifica rivendicata di volta in volta dai

i

1995. Tuttavia, l’Università che le aveva negato tali benefici respingendo la domanda allo

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dipendenti. Trattasi delle sentenze nn. 3269 e 3270 del 2013, il cui tenore testuale di seguito
• si riporta, dovendosi altresì osservare che l’esistenza di precedenti delle Sezioni Unite che
regolano la medesima questione di giurisdizione esime il Collegio dal rimettere il ricorso al
Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite in relazione alla previsione di
cui all’art. 374 cod. proc. civ., primo comma (cfr., tra le più recenti, Cass. n. 10277 del 2015).
“2. Il motivo è fondato sulla base del principio espresso da queste Sezioni Unite secondo cui:
“Ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo in relazione ai

destinato a conoscere della causa nel caso che la lesione del diritto azionato sia stata prodotta
da un provvedimento o da un atto negoziale del datore di lavoro, occorre fare riferimento alla
data di quest’ultimo, anche se gli effetti della rimozione dell’atto incidano su diritti sorti
anteriormente al 1 luglio 1998, e tale data del provvedimento rileva anche ai fini del decorso
iniziale del termine di prescrizione dei diritti dallo stesso disciplinati” Cass. S.U. 19 aprile 2012,
n. 6104; Cass. S.U. 22 maggio 2012, n. 8070; Cass. S.U. 8 agosto 2012, n. 14257).
2.1. Le Sezioni Unite hanno precisato che “la sopravvivenza della giurisdizione del giudice
amministrativo, regolata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 7, costituisce, nelle
intenzioni del legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, sicché, per evitare il
frazionamento della tutela giurisdizionale, quando il lavoratore deduce un inadempimento
unitario dell’amministrazione, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del
30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche per il periodo anteriore
a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due
giudici diversi, con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia” (Cass.
S.U. 1 marzo 2012, n. 3183).
2.2. Inoltre, le Sezioni Unite hanno precisato che la giurisdizione deve essere determinata
quoad tempus “con riferimento alla data dell’atto emesso dall’amministrazione datrice di lavoro
allorché il regime del rapporto preveda che la giuridica rilevanza dei fatti sia assoggettata ad
un preventivo apprezzamento dell’amministrazione medesima ed alla conseguente declaratoria
della sua volontà al riguardo (come è avvenuto nel caso di specie, in cui il diniego del possesso
in capo alla ricorrente dei requisiti per godere dei benefici di cui alla L. n. 63 del 1989 e L. n.
236 del 1995 è stato emesso nel periodo 2000-2001), potendosi, in questo secondo caso,
ritenere verificato il dato storico determinativo della “questione” solo in temporale coincidenza
di siffatta declaratoria” (Cass. S.U. 15 maggio 2012, n. 7504, in motivazione; nello stesso
senso Cass. S.U. 8 agosto 2012, n. 14257, in motivazione).

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rapporti di lavoro dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, per individuare il giudice

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2.3. Sicché nel caso di specie deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario anche
per il periodo precedente al 30 giugno 1998.
2.4. La subordinata questione di giurisdizione sollevata dalla parte controricorrente in relazione
al merito della controversia è questione nuova e, pertanto, inammissibile, nemmeno essendo
essa oggetto di un ricorso incidentale.
3. Occorre, quindi, passare all’esame degli altri motivi di ricorso.
3.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per la non
corrispondenza tra chiesto e pronunciato, sottolineando: a) sotto un primo profilo, la mancata
valutazione della singola posizione di essa ricorrente, dimostrata dalla erronea ricostruzione dei
fatti di causa (affermando, in contraddizione con i dati esposti nel ricorso, che la ricorrente
avesse la quinta – e non la quarta – qualifica); b) sotto un secondo profilo, la mancata
valutazione della domanda che atteneva all’applicazione della L. n. 63 del 1989 e L. n. 236 del
1995 ai dipendenti dell’Università “La Sapienza” e non sic et simpliciter ad un superiore
inquadramento superiore D.Lgs. n. 29 del 1993, ex art. 56 e successive modifiche.
3.2. Il motivo, sotto il primo profilo, è inammissibile per difetto di interesse, essendo
ininfluente ai fini della decisione del merito della controversia, l’errata indicazione della
qualifica posseduta dalla ricorrente e di quella dalla stessa reclamata.
3.3. Il motivo è parimenti inammissibile, sotto il secondo profilo. La ratio decidendi della
sentenza impugnata è costituita dalla ritenuta mancanza di specificità dei motivi d’appello e sul
punto nessuna adeguata censura è formulata nel motivo di ricorso in esame. Ne consegue che
devono ritenersi irrilevanti le considerazioni che ad abundantiam la sentenza svolge in ordine
alla disciplina dettata dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 56, e successive modificazioni, bastando
la ratio indicata (e non impugnata) a sorreggere autonomamente la decisione.
4. Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia una nullità della sentenza ex art. 360
c.p.c., n. 4, contestando l’erroneità della ritenuta genericità delle allegazioni e delle prove che
la ricorrente aveva dedotto in giudizio.
4.1. In proposito la ricorrente afferma: a) da un lato, che la L. n. 63 del 1989 “non richiedeva
alcun obbligo di allegazione di prove circa le mansioni superiori svolte ai fini del corrispondente
inquadramento, essendo demandato all’Amministrazione l’accertamento della congruità tra il
profilo per il quale veniva presentata la domanda suddetta e l’organizzazione de/lavoro proprio
della struttura presso la quale gli aventi titoli prestano servizio”; b) dall’altro, che la

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documentazione che era stata allegata al ricorso era sufficiente a dimostrare adeguatamente le
ragioni della domanda proposta.
4.2. Le censure sono inammissibili in quanto, sotto il primo profilo, integrano una denuncia
come error in procedendo di quello che invece, come è prospettato, consisterebbe in un error
in iudicando, rispetto al quale alcuna critica appare convenientemente sviluppata, e, sotto il
secondo profilo, richiedono una revisione del merito senza che nemmeno sia prospettato un

5. Pertanto deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo e il terzo. In
conseguenza deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario anche per il periodo
antecedente al 30 giugno 1998, e la sentenza deve essere cassata, in relazione al motivo
accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma (v. Cass. S.U. n. 6102 del 2002),
Sezione lavoro, in diversa composizione, per la valutazione della domanda attrice
relativamente al periodo antecedente al 30 giugno 1998. Il giudice del rinvio provvederà anche
in ordine alle spese della presente fase del giudizio”.
6. Il presente ricorso va deciso in conformità, con accoglimento del secondo motivo, rigettati il
primo e il terzo. La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio, anche per le spese, alla
Corte di appello di Roma in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo, rigettato il primo e il terzo; dichiara la giurisdizione del
giudice ordinario per il periodo antecedente al 30 giugno 1998; cassa la sentenza impugnata in
relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione, per la valutazione della domanda attrice relativamente al periodo antecedente al
30 giugno 1998.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 2 febbraio 2016
Il Cons. est.

Il Presidente

supposto vizio di motivazione (che, in ogni caso sarebbe, peraltro, insussistente).

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