Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 819 del 16/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 819 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: ORICCHIO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 7096-2008 proposto da:
LINA

BALDELLI

BLDLNI25C66G478E,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo
studio dell’avvocato BARBANTINI MARIA TERESA, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ROSSI
CARLA;
– ricorrente contro

MERCANTILI

RAFFAELE,

in

qualita’

titolare

di

dell’IMPRESA MERCANTILI, elettivamente domiciliata in
ROMA,

PIAZZA BARBERINI

52,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 16/01/2014

dell’avvocato GOLINO VINCENZO, rappresentata e difesa
dall’avvocato CAMPIANI MARCO LUCIO;
– con troricorrente nonchè contro

COLETTI SEBASTIANO;

avverso la sentenza n. 49/2007 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 15/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 03/12/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
ORICCHIO;
udito l’Avvocato MARIA TERESA BARBANTINI difensore
della ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– intimato –

SVOLGIMENTO del PROCESSO
Con atto di citazione notificato, rispettivamente, il 12 ed il 31 marzo 1994
Baldelli Lina ved. Cosmi conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di
Perugia l’Impresa Mercantili in persona del suo titolare Mercantili
Raffaele e l’ing. Sebastiano Coletti.

condominale, danneggiato dal terremoto del 1984 e sito in via Manzoni
n. 160-162-164a di Ponte S. Giovanni, esponeva che il Condominio, con
contratto del 3 settembre 1991, aveva affidato all’impresa convenuta i
lavori di ristrutturazione dell’edificio condominiale sulla base del progetto
del professionista evocato in giudizio; deduceva la non perfetta
esecuzione a regola d’arte delle opere di consolidamento, riconosciuta
dall’impresa il 30 maggio 1993 e successivamente completata, nonché il
ritardo di circa venti giorni nella riconsegna delle chiavi del negozio da
parte dell’Impresa medesima, la quale peraltro lamentava, nell’occasione,
il mancato collaudo da parte del tecnico Coletti; chiedeva, quindi, la
condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni da essa subiti
ed il pagamento della penale per la mancata riconsegna dei locali nei
termini pattuiti nel contratto di appalto.
Costituitosi il contraddittorio entrambi i convenuti chiedevano,
deducendone l’infondatezza, il rigetto delle avverse domande attoree,
proponendo —in via riconvenzionale- domanda per la condanna
dell’attrice al pagamento del saldo del corrispettivo di loro spettanza,
rispettivamente, di £.6.656.561 per l’impresa Mercantili e £. 4.250.000
per l’ing. Coletti.
Con sentenza in data 21 maggio/10 giugno-2003 l’adito Tribunale
condannava l’impresa Mercantili e l’ing. Coletti al pagamento in favore
dell’attrice della somma di C 6.803,81 (pari al costo di opere ritenute
ancora necessarie per il perfezionamento della ristrutturazione), con
rivalutazione ed interessi al saldo e, per il resto, rigettava sia la domanda

L’attrice, proprietaria di un negozio a piano terra dello stabile

attorea per il risarcimento del danno per ritardo nella consegna dei lavori
che le domande riconvenzionali.
Avverso la decisione del Giudice di prime cure interponevano distinti
appelli sia la Baldelli, la quale chiedeva l’accoglimento della propria
domanda anche con riferimento alle spese per il ripristino del proprio
che chiedeva la declaratoria di inammissibilità e il rigetto integrale della
domanda proposta dall’attrice in primo grado, nonché l’accoglimento
della propria domanda riconvenzionale.
Nel giudizio di appello proposto dalla Baldelli si costituiva l’ing. Coletti
proponendo appello incidentale per l’accoglimento della riconvenzionale
relativa al saldo delle proprie spettanze professionali.
Riuniti i due giudizi, la Corte di Appello di Perugia con sentenza n. 49/07
del 26 ottobre 2006/15 febbraio 2007, in parziale riforma dell’impugnata
sentenza, condannava la Baldelli al pagamento in favore dell’Impresa
Mercantili e dell’ing. Coletti delle somme, rispettivamente, di C 3.165,71 e
di C 2.194,98, oltre IVA, condizionatamente all’effettuazione del
risarcimento dei danni in favore di essa Baldelli, oltre interessi legali dal
detto risarcimento, confermando nel resto la decisione del Giudice di
prime cure e compensando per intero le spese del secondo grado di
giudizio.
Per la cassazione della sentenza della Corte territoriale proponeva ricorso
la Baldelli Lina adducendo tre ordini di motivi, con formulazione dei
relativi quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..
Resistiva, con controricorso, in atti, l’Impresa Mercantili.
La ricorrente depositava memoria ex art. 378 c.p.c..

locale ed alla mancata percezione di un canone, sia l’Impresa Mercantili,

MOTIVI della DECISIONE
1.Con il primo motivo del ricorso parte ricorrente ha denunciato la
violazione e falsa applicazione di norme di diritto quali l’art. 115 c.p.c. (in
relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.) e l’ art. 61 c.p.c. (in relazione all’art. 360,
n. 3,c.p.c.).

testuale tenore :
“dica la Suprema Corte se, in sede di valutazione della relazione tecnica
del C.T.U., il giudice sia tenuto ad evincere dall’elaborato peritale gli
elementi fondanti del proprio convincimento in relazione alla debenza o
meno del risarcimento per poi procedere alla quantificazione del danno
secondo criteri sottratti alla perizia del consulente tecnico”.
2.Con il secondo motivo parte ricorrente ha denunciato la violazione e
falsa applicazione di norme di diritto ovvero dell’art. 2043 c.c. (in
relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.), con formulazione del quesito di seguito
riportato:
“dica la Suprema Corte se sia compito del giudice individuare, sulla base
di un fatto determinato accertato dal C.T.U., le dovute conseguenze circa
il risarcimento dei danni mediatamente connessi al fatto medesimo,
seguendo il criterio del nesso di causalità rispetto ai danni
immediatamente collegati all’evento lesivo”.
3. Con il terzo motivo del ricorso la stessa parte ha denunciato l’omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della
controversia (in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c.) ovvero il mancato
riconoscimento : a) dei danni tutti correlati alla imperfetta esecuzione
delle opere; e b) della responsabilità per i danni mediati, nonché della
condanna sub condicione per il risarcimento dei danni immediati.

Al riguardo la medesima parte ha formulato il quesito del seguente

4. Data l’evidente connessione logica fra i tre cennati motivi del ricorso,
gli stessi possono essere trattati unitariamente.
Con i primi due motivi parte ricorrente tende, in sostanza, allo scopo —
comunque in questa sede non ammissibile- di un vero e proprio riesame,
nel merito, delle risultanze —già valutate dal Giudice del merito- della

Del resto anche la formulazione dei connessi quesiti innanzi trascritti
risente del detta scopo e si appalesa inconferente.
Le prospettate censure sono infondate.
Le asserite violazioni o la falsa applicazione delle norme di cui all’art. 115
c.p.c. o all’art. 61 c.p.c. (peraltro semplicemente menzionate in ricorso)
non risultano suffragate dall’esame degli atti.
Il Giudice del merito, in entrambi i gradi del giudizio, non si è affatto
discostato dalle risultanze emerse dalla relazione di consulenza tecnica di
ufficio svolta nel corso del giudizio, terminato —quest’ultimo- con
decisione correttamente adottata sulla base delle emergenze istruttorie
e delle prove offerte dalle parti.
La valutazione degli esiti emergenti dalla detta relazione costituisce
attività decisionale tipica dell’apprezzamento del giudice del merito e,
quindi, ove (come in ipotesi) sorretta da adeguata e corretta motivazione
incensurabile in questa sede.
Per di più, volendo fornire una più chiara intelligibilità ai due motivi di
ricorso in esame, le conclusioni assunte dall’ausiliario del Giudice sono
impugnabili con ricorso per cassazione solo qualora le censure ad esso
relative siano state documentatamente e tempestivamente prospettate
innanzi al Giudice del merito (Cass. n. 2707/2004), circostanza —
quest’ultima- peraltro neppure allegata e comprovata in ipotesi.

espletata consulenza tecnica di ufficio.

D’altro canto il Giudice del merito, allorchè aderisce alle conclusioni del
consulente tecnico di ufficio, ritenendone convincenti le conclusioni,
esaurisce l’obbligo di motivazione allo stesso incombente ( Cass. n.ri
12080/2000; 19475/2005 e 2881/2006).
Anche a voler considerare, così meglio ricostruendo la ratio dei motivi del
sottratti alla perizia del consulente” o “seguendo il criterio del nesso di
causalità rispetto ai danni immediatamente collegati all’evento”, le
doglianze così sollevate dalla parte ricorrente sono insussistenti.
Le censure mosse dalla parte ricorrente e dedotte come vizi ex art. 360,
co. I, n. 3 c.p.c. sono, difatti, infondate.
Il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea
ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie
astratta recata da una norma di legge, implicando conseguentemente e
necessariamente un problema interpretativo della stessa (Cass.
26.3.2010, n. 7394).
Nella concreta ipotesi dedotta in giudizio non poteva di certo farsi ricorso
all’applicazione (come oggi pretenderebbe parte ricorrente) della norma
di cui all’art. 2043 c.c. al fine della determinazione del “risarcimento dei
danni mediamente connessi al fatto medesimo, seguendo il criterio del
nesso di causalità rispetto ai danni immediatamente collegati all’evento
lesivo”. Tanto in quanto l’applicazione della suddetta norma non sarebbe
stata per nulla pertinente alla fattispecie poiché la tutela contrattuale
apprestata al committente e come tale richiesta nel giudizio è quella
prevista dall’art. 1668 c.c.. Essa, in particolare, ha natura di responsabilità
contrattuale ed alla stessa è e resta completamente estranea la differente
disciplina della responsabilità extracontrattuale, prevista dall’art. 2043
c.c. e solo ora invocata in giudizio al fine di una pretesa, ma impossibile
complessiva rivalutazione della “debenza o meno del risarcimento per poi
procedere alla quantificazione del danno”.

ricorso, come rilievo di errata quantificazione del danno “secondo criteri

Non sussiste, quindi, il denunciato vizio di legge sotto il profilo di un
problema interpretativo della norma di legge applicabile.
Né tale vizio potrebbe ritenersi fondato pur a voler rinvenire, nelle
prospettazioni della ricorrente, l’ipotesi di un’erronea ricognizione della
fattispecie concreta in base delle risultanze di causa.

esterno all’esatta interpretazione della norma di legge e rientrante nella
tipica valutazione del Giudice di merito, la cui censura è possibile in
questa sede solo nell’ipotesi (non ricorrente) del vizio di motivazione.
Insomma rimane del tutto estranea alla pur denunciata censura di vizio di
motivazione l’attività del giudice di merito che si vorrebbe far intendere a
chi oggi giudica come erronea ricognizione della fattispecie concreta
attraverso le risultanze di causa. La ricostruzione operata dal Giudice del
merito non è, viceversa, affatto erronea. Tanto poichè , per gli anzidetti
motivi, la stessa è pienamente rispondente, secondo noti criteri ( Cass.
18782/2005), alla domanda così come proposta.
Quest’ultima, va ricordato, era — come evidenziato e ribadito nella
impugnata decisione della Corte di appello- una domanda di garanzia per
vizi e non altro.
Per tale motivo risultano in conferenti i posti quesiti alla stregua della
giurisprudenza di questa Corte ( sent. N. 14385/2007).
L’inconferenza delle censure mosse dalla parte ricorrente si evidenzia,
specificamente e ancor più, con riguardo al terzo motivo di gravame, in
ordine al quale deve osservarsi quanto segue.
Con lo stesso si è lamentato il mancato riconoscimento di danni e di
responsabilità.
Si tratterebbe, quindi, di una censura, malamente formulata, di un error
in judicando e, quindi, di un errore di diritto censurabile ex art. 360, co. I,

In tal ultimo caso l’allegato vizio finirebbe per inerire ad un aspetto

n. 3 c.p.c. e non sotto l’invocato profilo dell’art. 360, co. I n. 5 c.p.c. più
,

consonamente relativo ad una carenza motivazionale su un fatto.
5. Alla stregua di quanto innanzi compiutamente osservato e motivato il
ricorso deve essere rigettato.
6.Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano così

P.Q.M.
La Corte
a) Rigetta il ricorso ;
b) Condanna la ricorrente Baldelli Lina ved. Cosmi al pagamento, in
favore dell’Impresa Mercantili di Mercantili Raffaele, delle spese del
giudizio che liquida in C 2.700,00, di cui C 200,00 per esborsi, oltre
accessori come per legge.
Così deciso nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte Suprema di Cassazione il 3 dicembre 2013
L’Estensore

Il PreIrte

come in dispositivo.

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