Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8186 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 24/03/2021), n.8186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11741-2014 proposto da:

D.T.A.P., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’Avvocato FLORIO CARAVANO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI LUCCA;

– intimato –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 109/2013 della COMM.TRIB.REG. della Toscana

depositata il 30/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. RAFFAELE ROSSI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

D.T.A.P. impugnava due avvisi di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva proceduto, con metodo sintetico, alla rettifica del reddito complessivo della contribuente per le annualità di imposta 2006 e 2007.

In specie, rilevato che la dichiarazione dei redditi per tali anni era negativa e falliti gli esiti del contraddittorio preventivamente instaurato, l’Ufficio aveva acclarato la disponibilità in capo alla contribuente di due autovetture di grossa cilindrata e di un immobile (classato nella categoria A/2) a far data dal luglio 2006 nonchè l’acquisto di un’altra autovettura nell’anno 2007; individuato l’importo reddituale attribuito ai singoli beni come indice di ricchezza in applicazione del c.d. redditometro, aveva così determinato il maggior reddito imponibile ai fini IRPEF e recuperato a tassazione l’imposta non versata, maggiorata di sanzioni ed interessi.

La domanda giudiziale del contribuente veniva disattesa in ambedue i gradi di merito.

Avverso la sentenza d’appello (resa dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana il 30 ottobre 2013 n. 109/25/13) ricorre per cassazione D.T.A.P., affidandosi ad un unico motivo; l’intimata Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione finalizzato alla partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con l’unico motivo articolato, si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “violazione o falsa applicazione di norme di diritto con particolare riguardo alle norme ex artt. 2697 e 2729 c.c.”.

Si duole la ricorrente del fatto che, nonostante le giustificazioni offerte in sede di contraddittorio, l’A.F. abbia egualmente proceduto ad emettere gli avvisi di accertamento, così determinando l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente; assume inoltre che, disattendendo le istruzioni circa le modalità di accertamento della capacità contributiva dettate nella circolare n. 49 del 4/8/2007, le sentenze di merito “non hanno tenuto in considerazione il contributo dato dal marito al menage familiare, nella specie rappresentato dalla donazione delle somme di denaro necessario per l’acquisto dell’autovettura”.

2. Il motivo è infondato.

La contestazione – in punto di diritto formulata in termini astratti e generici, privi di puntuali riferimenti alla vicenda controversa – si limita alla riproposizione di circostanze fattuali già illustrate nei gradi di merito, senza sottoporre ad alcuna concreta e specifica censura il percorso motivazionale fondante il convincimento della C.T.R..

D’altro canto, la gravata sentenza si muove in conformità ad un consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui “In tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cosiddetto redditometro, dispensa l’amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacchè codesti restano individuati nei decreti medesimi. Ne consegue che è legittimo l’accertamento fondato sui predetti fattori-indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore” (in tal senso, ex plurimis, Cass. 31/10/2018, n. 27811; Cass., 10/08/2016, n. 16912; Cass., 19/04/2013, n. 9539).

Facendo corretta applicazione dell’enunciato principio di diritto, la C.T.R. ha esaminato la tesi difensiva del contribuente e ne ha evidenziato la infondatezza, argomentando in maniera convincente ed esaustiva il mancato assolvimento dell’onere della prova su di essa gravante: “va in concreto osservato come sia stato mai possibile che il coniuge della contribuente – che per gli anni in contestazione ha conseguito redditi per Euro 2.776 (2006) e Euro 876 (2007) e di poi dichiarato fallito nel 2009 – abbia potuto così consistentemente (considerato che la moglie, l’odierna contribuente, non aveva dichiarato redditi) provvedere a provviste per acquisti (e relativo mantenimento) così ingenti, a tacere dei genitori che avrebbero provveduto ad atti di liberalità di cui non vi è però nè traccia nè prova perchè effettuati “in contanti””.

Argomentazioni giuridiche ed affermazioni fattuali affatto scalfite dalla censura dell’impugnante.

3. Rigettato il ricorso, non va pronunciata la condanna del ricorrente soccombente alla refusione delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate vittoriosa: alla mera costituzione in lite dell’Avvocatura dello Stato, con deposito di atto privo di argomentazioni difensive poichè dichiaratamente finalizzato alla “eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa ex art. 372 c.p.c.”, non ha fatto seguito lo svolgimento di alcuna attività processuale di deposito di memoria, nè assume rilevanza al riguardo la circostanza che – a seguito della modifica dell’art. 380-bis c.p.c., operata dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1, comma 1-bis, convertito dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197 – sia stata preclusa la possibilità dell’audizione della parte in adunanza camerale (così Cass. 07/07/2017, n. 16921).

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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