Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 8185 del 24/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 24/03/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 24/03/2021), n.8185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10800-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G. MAZZINI

140, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI LUCATTONI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIER ALESSANDRO

MURATORI CASALI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2013 della COMM.TRIB.REG. della Emilia

Romagna depositata il 25/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/11/2020 dal Consigliere Dott. RAFFAELE ROSSI.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

M.R. adiva gli organi della giurisdizione tributaria avverso la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti a seguito di controllo formale D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-ter per la riscossione delle somme, portate in detrazione nell’anno d’imposta 2014, non versate dal suo sostituto d’imposta, la società Ancona calcio S.p.A. (nelle more fallita), pur avendo quest’ultimo operato le relative ritenute d’acconto.

L’impugnativa, disattesa in prime cure, veniva accolta, a seguito di appello del contribuente, dalla Commissione Tributaria Regionale di Bologna con sentenza n. 26/11/2013 resa il 25 febbraio 2013.

Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, articolando tre motivi; resiste, con controricorso, M.R., il quale ha altresì depositato memoria illustrativa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Premesso che materia del contendere è l’omesso versamento all’Erario da parte del sostituto d’imposta di ritenute operate, l’Amministrazione ricorrente lamenta come la C.T.R. abbia fondato la propria decisione sulla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 68/E del 19/03/2009, avente ad oggetto la differente fattispecie del diritto del sostituito a scomputare le ritenute subite pur in assenza della relativa certificazione del sostituto. Per converso, nella ipotesi dedotta in lite, nel quale il sostituto ha effettuato la ritenuta senza versarla, si assume la legittimità della condotta dell’Ufficio, consistita nel disconoscere lo scomputo della ritenuta, effettuata dal percipiente in dichiarazione e nel recuperare, in capo al sostituito, l’importo della ritenuta non versata.

2. Il motivo è infondato, occorrendo tuttavia correggere – ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c. – la motivazione della sentenza impugnata.

Sulla questione controversa, oggetto in passato di divergenti letture ermeneutiche, questa Corte, nella composizione dell’organo risolutore dei contrasti, ha di recente offerto una parola chiarificatrice. stato infatti affermato il principio di diritto secondo cui “in tema di ritenuta di acconto, nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 35 è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute” (così Cass., Sez. U., 12/04/2019, n. 10378).

L’orientamento – cui va data continuità, non emergendo dalla prospettazione dell’impugnante ragioni per un ripensamento critico-giustifica il rigetto del primo motivo di ricorso.

3. L’acclarata infondatezza nel merito della pretesa erariale esime il Collegio dal vaglio degli ulteriori due motivi (pertanto, assorbiti) con cui si deducono vizi motivazionali della pronuncia (segnatamente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ovvero, in via subordinata, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione, per non avere la C.T.R. tenuto conto di quanto evidenziato dall’ufficio, non indicando “con sufficiente margine di precisione e puntualità gli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento”).

4. Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue la soccombenza, con liquidazione operata come in dispositivo.

Rilevato che soccombente è una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non trova applicazione la previsione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater in ordine al c.d. doppio contributo (da ultimo, Cass., Sez. U., 20/02/2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento in favore di M.R. delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.700,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2021

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